Niente soldi, siamo inglesi, regina Elisabetta, Banzai, British Airways, bamboccioni, bamboccioni alla riscossa

Più che una fila, una folla. Le banche – nella sola Gran Bretagna – hanno costretto le casse dello Stato di sua Maestà ad impegnare finora risorse per la stratosferica cifra di 781,2 miliardi di euro, per evitare crac a ripetizione. Ora, e sempre in Gran Bretagna, tocca invece alle compagnie aeree. Anche British airways, infatti, si è messa in fila per chiedere un aiutino a contribuenti e lavoratori poverazzi. Ma in modo del tutto inedito. L’azienda, infatti, ha proposto ai suoi dipendenti – sic et simpliciter – di lavorare gratis. Magari – e se la cosa non è di troppo disturbo – per almeno un mesetto.

Possibile? Altro che possibile. Tutto nero su bianco. La proposta, per così dire, “indecente” – scrive oggi il “Telegraph” – è arrivata direttamente sulle scrivanie dei dipendenti dalle pagine del giornalino della compagnia, il “British airways news”. Ed è stata ribadita – perchè secondo i vertici della società evidentemente repetita iuvant – anche via mail. Motivi? Un sacco e una sporta. Nel 2008, spiega il quotidiano britannico “The Guardian”, la compagnia di bandiera inglese ha registrato perdite record per 401 milioni di sterline (circa 455 milioni di euro). Colpa del prezzo del carburante, che dodici mesi fa era alle stelle; e di un vero e proprio collasso di passeggeri dovuto alla crisi economica esplosa con il crac dei mutui suprime. E in quest’inizio di 2009, le cose non stanno andando meglio. Anzi: attualmente, sempre secondo “The Guardian”, British Airways brucia qualcosa come 3 milioni di sterline al giorno (circa 3 milioni e mezzo di euro).

In breve: una catastrofe. Risultato: l’amministratore delegato, Willie Walsh – che quando guidava la compagnia Aerea irlandese Aer Lingus, era stato soprannominato “slasher”, il decespugliatore (per la sua passione per i “tagli”) – ha deciso di puntare tutto sulla buona volontà e sul portafoglio dei suoi 30mila dipendenti inglesi e degli altri 10mila che lavorano per la società nei quattro angoli del globo. Cercando volontari per lavorare gratis (fino a quattro settimane l’anno). Più altri volontari disposti ad accettare di passare da un impiego full time a uno part time. Più altri volontari ancora disposti a farsi licenziare direttamente (secondo “The Guardian”, solo tra il personale di cabina ci sarebbero 2000 persone di troppo).

In realtà – e per quanto il management abbia dimostrato di avere idee davvero originali – il caso di British airways è tutt’altro che isolato. Lo scorso 8 giugno, infatti, è andata in scena la riunione annuale della International air transport association (Iata). Luogo del meeting: Kuala Lumpur, Malesia. Umore: tetro. Numeri: devastanti.

Le linee aree, scrive il Financial Times, l’anno scorso avrebbero registrato – tutte assieme e per nulla appassionatamente – perdite (stimate) per 10,4 miliardi di dollari (circa 7,5 miliardi di euro). Perdite che quest’anno dovrebbero calare, ma attestandosi sempre sulla ragguardevole cifra di 9 miliardi di dollari (circa 6,5 miliardi di euro). E’ la crisi economica – la peggiore degli ultimi 80 anni – che sta lasciando le compagnie aeree letteralmente a terra. Solo dalla Gran Bretagna e solo nei primi 3 mesi del 2009 sono partite, secondo il quotidiano britannico “Telegraph”, 6,4 milioni di persone in meno. A colpire duro, però, non è solo il calo dei passeggeri. Ma anche il crollo delle esportazioni e quindi del trasporto merci via cargo. E infatti: le perdite più grosse (3,3 miliardi di dollari, ossia circa 2,4 miliardi di euro) sono previste nella zona dell’Asia-Pacifico (quella della Cina, regina dell’export). E proprio questo mese – altra soluzione non del tutto ortodossa – Air India ha deciso di pagare i suoi 30mila dipendenti con “soli” 15 giorni di ritardo.

Nessuna sopresa, quindi, per le difficoltà della British airways. Ma qualche perplessità per “il lavorare aggratis”, sì. Soprattutto da parte dei sindacati. L’azienda infatti è stata chiara: “Stiamo lottando per sopravvivere”, ha spiegato urbi et orbi. E l’amministratore delegato ha pure dato il buon esempio, rinunciando alle 61mila sterline che avrebbe dovuto prendere di stipendio a luglio. Ma con la sua di paga, “the slasher” – forse – ci è andato giù con la mano un po’ troppo leggera. Al netto di eventuali bonus, Willie Walsh – a conti fatti – dovrebbe incassare anche quest’anno oltre 660mila sterline (ossia, circa 782mila euro). E l’autoriduzione non ha commosso i sindacati. Che – dalle pagine del Telegraph – hanno risposto a muso duro: “Willie Walsh può permettersi di lavorare” un mese “gratis, noi, no”.

Fin qui, i fatti così come sono stati ricostruiti dalla stampa inglese. Che non lasciano spazi a grandi dubbi. Se non dal punto di vista linguistico. Negli anni d’oro dell’ideologia del libero mercato si è trovato un nome un po’ per tutto. E così: (s)vendere servizi e aziende pubbliche era diventato “privatizzare”. Fare contratti kleenex da pochi mesi per i lavoratori, si diceva “flessibilità”. E quindi: come battezzeranno il “far lavorare gratis” la gente nella culla europea del libero mercato? La fantasia non ha limiti. E si troverà presto una soluzione. Ma noi ci permettiamo di fare una proposta: “raschiare il fondo del barile” non sarebbe niente male.

P.S. Onore al merito a Corriere.it. Che è stato tra i primi a dare in Italia – a nostro insindacabile giudizio – a dare la ferale notizia del “lavoro gratis” in casa British airways. Certo l’ha liquidata in 20 righe (21 per la precisione). Ma nel Belpaese dell’ottimismo, non si poteva pretendere di più. Thanks.

 

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