DI

MICHAEL HUDSON
New Economic Perspectives

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La lotta per il futuro dell’Europa è stata avviata ad Atene e nelle altre città greche per resistere alle richieste finanziarie, ormai la versione aggiornata al XXI secolo degli attacchi militari. La minaccia della supremazia bancaria non è certo il tipo di politica anti-economica che consenta eroismi sul campo di battaglia, a dirla tutta. Le politiche finanziarie distruttive sono più che altro un esercizio della banalità del male; in questo caso, le posizioni a favore dei creditori della Banca Centrale Europea, dell’Unione Europea e del FMI, istigati dal Tesoro USA.
Come Vladimir Putin puntualizzò alcuni anni fa, le riforme neoliberiste consegnate nella mani di Boris Yeltsin dai ragazzi di Harvard negli anni ’90 hanno fatto sì che la Russia soffrisse di un calo dei tassi natalità, di un accorciamento delle aspettative di vita e dell’emigrazione, ossia la più grande perdita per la crescita della popolazione dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. L’espatrio dei capitali è un’altra conseguenza dell’austerity finanziaria. La “soluzione” proposta dalla BCE per i problemi del debito greco è auto-distruttiva. Dà solamente tempo alla BCE di far accumulare altro debito al governo greco, lasciando i contribuenti europei a pagare il conto. È assolutamente da evitare questo trasferimento delle perdite bancarie verso le tasche dei contribuenti, mentre in Germania Angela Merkel ha insistito nel dire che i possessori privati delle obbligazioni dovrebbero assorbire parte delle perdite derivate dai loro cattivi investimenti.

I banchieri stanno cercando di trovare un colpo di fortuna usando la gogna del debito per fare quello che le guerre ottenevano nel passato. Stanno richiedendo la privatizzazione dei beni pubblici, mentre sui crediti la deducibilità delle tasse per gli interessi in modo da avere più flusso di cassa per pagare i banchieri. Questo trasferimento di territori, di aziende pubbliche e di interessi – sotto forma di saccheggio finanziario e di tributo alle economie creditrici – è quello che rende l’austerity finanziaria del tutto simile alla guerra.

Socrate disse che l’ignoranza deve essere la radice di tutti i mali, perché nessuno riesce deliberatamente a essere cattivo. Ma la “medicina” economica che porta i debitori verso la povertà e forza la svendita del demanio pubblico è ormai riuscita a diventare una convenzione socialmente accettata nelle scuole economiche di questi giorni. Si potrebbe pensare che dopo cinquanta anni di programmi di austerity e di svendite con le privatizzazioni per pagare crediti non riscuotibili, il mondo abbia imparato a sufficienza sulle cause e le conseguenze. La professione bancaria sceglie deliberatamente di essere ignorante. Una “pratica bene accettata” è appoggiata dai premi Nobel per l’economia che poi forniscono sempre una spiegazione credibile quando i mercati “inaspettatamente” vengono spazzati via e i nuovi investimenti rallentano per via di economie che sono finanziariamente esangui come si fosse nel Medioevo, mentre il valore viene risucchiato al vertice della piramide economica.

Al mio amico David Kelley piace citare la battuta di Molly Ivins: “È difficile convincere le persone che li stai uccidendo per il loro bene”. Il tentativo dell’UE di far questo non ha avuto successo in Islanda. Allo stesso modo degli islandesi, i manifestanti greci hanno ricevuto la loro parte di insegnamento fondato sulle ignoranze neoliberiste, secondo cui l’austerity, la disoccupazione e i mercati in contrazione sono il cammino verso la prosperità e non certo verso un aumento della povertà. E allora dobbiamo chiedere cosa motiva le banche centrali per stipendiare manager con i paraocchi che seguono gli ordini e la logica di un sistema che impone sofferenza e sprechi non necessari, solo per fomentare la banale ossessione che le banche non possano perdere soldi?

Si dovrebbe concludere che i pianificatori centrali dell’UE (non era questa quella che Hayek definì come la Strada per la Schiavitù?) stanno praticando una lotta di classe, mentre chiedono che tutte le perdite vengano addossate all’economia con una deflazione del debito, permettendo così ai creditori di rastrellare gli asset, come se questa cosa non peggiorasse ancor di più la situazione. Questa linea dura della BCE è appoggiata dal Segretario del Tesoro USA Geithner, evidentemente per far sì che le istituzioni degli Stati Uniti non perdano le loro scommesse sui derivati.

C’è una continua ripetizione delle esortazioni del signor Geithner per prevenire un allentamento delle pressioni sul debito irlandese. Così si riesce davvero è entrare nel territorio dell’assurdo con la BCE e il Tesoro che insistono per una “rinegoziazione volontaria”, visto che qualche banca è incorsa in una negoziazione à la AIG per offrire assicurazioni sul default oppure in una qualche altra scommessa in cui avrebbe perso così tanti soldi da rendere necessario un altro bailout [1]. È come se l’azzardo finanziario fosse economicamente necessario, e non fosse solo una cosa di Vegas.

Cosa dovrebbe interessare ai greci della dracma? È un problema di regolamentazione tra banche all’interno dell’Europa. Ma per evitarlo, la BCE sta dicendo alla Grecia di svendere i propri diritti sull’acqua e sulle fognature, sui porti, le isole e su altre infrastrutture.

Qui siamo in presenza di teatro finanziario dell’assurdo. Naturalmente ci sono interesse particolari che beneficiano delle assurdità sistemiche, per quanto la cosa possa apparire banale. I mercati finanziari si sono già prezzati aspettandosi che la Grecia alla fine arrivi al default. È solo una questione di tempo. Le banche stanno usando il tempo per prendersi più soldi possibile e poi passare le perdite alla BCE, all’UE e al FMI, istituzioni “pubbliche” che hanno più capacità di pressione rispetto ai creditori privati. E allora i banchieri diventano gli sponsor di queste assurdità e delle politiche economiche spazzatura, vomitate senza esitazione dei sostenitori accaniti della banalità del male. Non importa che si chiamino Trichet, Geithner o Papandreou. Sono solo della stessa risma delle sanguisughe che appoggiano le richieste dei creditori.

Le folle greche che hanno manifestato davanti al Parlamento in piazza Syntagma sono il corrispondente della “Primavera Araba”. Ma cosa possono fare, se non essere violenti fino a che la polizia e le forze armate saranno schierate con il governo che a sua volta è schierato con i creditori stranieri?

La tattica più efficace è quella di domandare un referendum nazionale per decidere se accettare le condizioni di austerity della BCE, gli aumenti delle tasse, i tagli alla spesa pubblica e le svendite. Questo è il modo in cui il Presidente islandese ha fermato la leadership del Partito Socialdemocratico dal destinare tutte le forze economiche ai rovinosi (e legalmente non necessari) pagamenti, in seguito alle richieste del Partito Laburista di Gordon Brown e di quelle degli olandesi per Icesave e persino per il salvataggio di Kaupthing.

Le sole basi legittime per richiedere il pagamento del bailout delle banche francesi e tedesche – sostenuto dall’UE e dal Segretario del Tesoro U.S.A. Tim Geithner, che ritiene siano i debiti sacrosanti, ma non le vite dei cittadini – è l’accettazione pubblica e il consenso per queste politiche. Altrimenti l’imposizione del debito dovrebbe essere considerata solo come un atto di guerra finanziaria.

Le economie nazionali hanno il diritto di difendersi contro un’aggressione simile. I leader dei manifestanti devono insistere che, in assenza di un referendum, vogliono che sia eletto un candidato che si impegni nell’annullamento del debito. Intorno al tavolo, oltre alle banche greche così come quelle straniere, ci dovranno essere i pianificatori centrali del FMI e dell’UE. Le leggi internazionali proibiscono alle nazioni di trattare i propri concittadini in modo diverso dagli stranieri, e così tutti i debiti in categorie specifiche dovrebbero essere annullati per ripristinare le condizioni dello Stato. (La Riforma Monetaria tedesca del 1947 imposta dagli Alleati è stato il tentativo migliore per l’azzeramento del debito nei tempi moderni. Liberare l’economia tedesca dal debito è diventata la base del suo miracolo economico.)

Non è la prima volta che questo succede in Grecia. Verso la fine del III secolo a. C., i re di Sparta, Agide IV e Cleomene III, realizzarono una cancellazione del debito, e così fece Nabide dopo di loro. Plutarco ci ha raccontato questa storia e ci ha anche spiegato il tragico difetto di questa iniziativa. Gli investitori che avevano preso somme a prestito per comprare immobili sostennero la cancellazione del debito, guadagnando così una fortuna.

E oggi la cosa sarebbe ancora più evidente, visto che la gran parte del debito è relativo ai mutui. Immaginate cosa farebbe una cancellazione del debito ai Donald Trump dell’economia, che avendo acquistato le proprietà a credito con un anticipo irrisorio, si troverebbero improvvisamente a non dover niente alle banche! Lo scopo di una riforma finanziaria e fiscale dovrebbe essere quello di liberare l’economia dai costi della finanza che non sono tecnologicamente necessari. Per evitare di fare regali agli investitori, una cancellazione del debito dovrebbe andare di pari passo con una tassazione delle rendite. Il settore pubblico riceverebbe il valore di affitto delle terre seguendo i dati del fisco.

Questo fu l’obbiettivo degli economisti del libero mercato del XXIX secolo: tassare la terra e la natura – e i monopoli naturali – invece del lavoro e delle merci. Lo scopo era quello di destinare a tutti quello che veniva creato dalla spesa per le infrastrutture e per il demanio.

Un secolo fa si credeva che i monopoli, come quelli che sono adesso nel mirino dei privatizzatori, dovessero essere guidati dal settore pubblico o, se lasciati nelle mani del pubblico, che i prezzi dovessero essere regolati per tenerli allineati agli effettivi costi di produzione. Dove i proprietari privati hanno già preso possesso delle terre, delle miniere o dei monopoli, le rendite derivate da queste posizioni di privilegio sarebbero totalmente tassate. E questo dovrebbe includere anche il privilegio finanziario che hanno le banche nel creare moneta.

Il modo per abbassare i costi consiste nel diminuire le tasse “cattive” che si aggiungono ai costi di produzione, a cominciare a quelle sul lavoro e sul capitale, le tasse sulle vendite e sul valore aggiunto. Inoltre, le imposte sulle rendite potrebbero rastrellare i “regali” dal sistema economico” e lascerebbero meno soldi a disposizione alle banche che utilizzano il sistema delle riserve per aumentare il volume dei prestiti concessi. In Grecia, lo spostare il peso delle tasse sul lavoro verso la proprietà farebbe diminuire il costo del lavoro e ridurrebbe anche il prezzo delle abitazioni che è stato innalzato dal credito bancario.

La focalizzazione sulle imposte dei terreni fu alla base delle fondamentali riforme proposta nel XVIII e nel XXIX secolo dai Fisiocrati e da Adam Smith, seguendo il percorso tracciato dai riformatori dell’Era Progressista e da John Stuart Mill. Lo scopo era quello di liberare i mercati dalle rendite ereditarie delle aristocrazie latifondiste che derivavano dalle conquista medievali dei Vichinghi. Avrebbe liberato l’economia dal feudalesimo, allineando i prezzi con i costi di produzione socialmente necessari.

Ogni governo ha il diritto di imporre le tasse, fino a che le applicano in modo uniforme per i proprietari del posto e quelli stranieri. Un minimo di rinazionalizzazione delle terre e delle infrastrutture, una tassazione piena delle rendite economiche (con tariffe per l’accesso ai luoghi il cui valore è creato dalla natura o da opere pubbliche) potrebbe restituire alle autorità greche quello che i creditori stanno cercando di arraffare.

La risposta dei riformatori del XIX secolo è quella che i greci possono dare alla Banca Centrale Europea. Potrebbero ricordare al resto del mondo che, dopo tutto, si sta parlando dell’ideale “mercato libero” voluto da Adam Smith attraverso John Stuart Mill in Inghilterra, che ha generato la spesa pubblica degli USA, le agenzie di controllo e le politiche fiscali che sono state attuate durante la fase di decollo.

Quanto è strano (e triste) che il Partito Socialista greco al potere, il cui leader è a capo della Seconda Internazionale, abbia rifiutato questo programma di riforme vecchio di un secolo. Non è comunismo. Non è neppure veramente rivoluzionario, o almeno non lo era al tempo della sua formulazione. È socialismo del tipo riformista a cui si è arrivati dopo due secoli di economia politica classica.

Ma questo è il tipo di “mercato libero” contro cui la BCE sta lottando, appoggiata dalle insistenti esortazioni del Segretario del Tesoro USA Geithner. Il signor Obama non dice niente, lasciando tutto nelle mani dei burocrati di Wall Street che proseguono nel fissare le politiche economiche nazionali. È male? O è solo ignavia e indifferenza? Fa molta differenza se alla fine i risultati sono diversi?

Per riassumere, gli obbiettivi dell’aggressione finanziaria straniera sono gli stessi della conquista militare: territorio e demanio pubblico. Ma le nazioni hanno il diritto di tassare i profitti generati dalle rendite per poi avere i capitali per operare investimenti. Esattamente il contrario delle richieste dell’UE per la “svalutazione interna” (tagli agli stipendi) come mezzo per abbassare il costo del lavoro in Grecia per aumentare la competitività, ma abbassare i livelli di vita non è il modo per far funzionare le cose, riducendo la produttività del lavoro mentre si erode il mercato interno, avviando una spirale di contrazione economica.

La necessità di un referendum popolare

Ogni governo ha il diritto e in fondo anche l’obbligo politico di proteggere la sua prosperità e la sussistenza della propria popolazione per trattenerla invece che costringerla ad andare all’estero a causa della dipendenza finanziaria da coloro che hanno rendite. Al cuore della democrazia economica si trova il principio secondo cui nessuna nazione sovrana deve consegnare il suo demanio o il suo sistema fiscale, o addirittura la sua prosperità economica e la sopravvivenza futura, nelle mani di stranieri o anche di un ceto finanziario domestico. Questo è il motivo per cui l’Islanda ha votato “No” sul referendum. La sua economia è ora in fase di recupero.

L’Irlanda ha votato “Sì” e ora deve affrontare una nuova Grande Emigrazione che rivaleggia con quella che seguì la carestia delle patate nella metà del XXIX secolo. Se la Grecia non traccia una linea netta, ci sarà la vittoria dell’aggressione finanziaria e fiscale per imporre una schiavitù del debito.

La finanza è diventata la modalità bellica preferita nel XXI secolo. Il suo scopo è quello di appropriarsi del territorio e delle infrastrutture pubbliche per le proprie élite. Solo con i mezzi della finanza e imponendo una schiavitù debitoria alle popolazioni, evita così i sacrifici delle vite imposti anche alle potenze conquistatrici, ma solo fino a che i paesi debitori accetteranno volontariamente di portare questo fardello. Se non ci sarà alcun referendum, l’economia nazionale non riuscirà neppure a pagare i creditori cosiddetti “senior”: il FMI e la BCE. Gli asset che sono stati privatizzati alle banche straniere possono essere rinazionalizzati. E così come le nazioni sotto attacco militare possono citare gli attaccanti in giudizio, così la Grecia può chiedere i danni per le devastazioni causate dall’austerity, la perdita di posti di lavoro, di produzione, di popolazione e di capitali che se vanno all’estero.

L’economia greca non verrà messa a posto grazie a un qualsiasi “salvataggio” della BCE. Le banche otterranno i soldi. Vogliono rimanere al loro posto e prestare soldi freschi ai compratori dei terreni, dei monopoli e di altre proprietà che la Grecia dovrebbe privatizzare. Le entrate che verranno poi racimolate (non ci sono dubbi che i prezzi verranno alzati alla fine nel processo, per coprire gli interessi e per pagare le tangenti che permettono l’acquisto delle proprietà privatizzate) verranno spese per gli interessi. Non è come fosse un tributo militare?

Margaret Thatcher era solita dire che “non c’è alternativa” (TINA). Ma naturalmente ci sono. La Grecia può semplicemente scegliere di non regalare i suoi beni e i privilegi economici ai creditori.

Cosa hanno da dire i colleghi socialisti internazionali del signor Papandreou sugli avvenimenti greci di questi giorni? Penso che sia chiaro che il vecchio Socialismo Internazionale è morto, visto che il signor Papandreou, dopo tutto, ne è a capo. Quello che oggi passa per essere socialismo è l’esatto opposto delle riforme che venivano promosse nel suo nome un secolo fa, nell’epoca precedente alla Prima Guerra Mondiale. I partiti europei socialdemocratici e laburisti hanno preso la strada della privatizzazione, finanziarizzando le loro economie in modo da bloccare la crescita degli standard di vita. Il risultato ha tutte le premesse per essere una ridefinizione delle politiche internazionali.

L’austerity economica alla fine non garantirà le richieste dei creditori

Giovedì pomeriggio la DJIA, scesa di 230 punti, si è scossa per riuscire alla fine a perderne “solo” 60, dopo che si erano diffuse se le voci che la Grecia avesse accettato il piano di austerity del FMI. Ma cosa è ora la “Grecia”? È solamente l’ufficio del governo? Di sicuro non l’intero Parlamento. Ci sarà un voto in Parlamento che andrà contro l’interesse pubblico, che accetterà l’austerity e le privatizzazioni?

Solo un referendum può incaricare il governo greco di ripagare i nuovo debiti imposti con l’austerity. Solo un referendum può evitare che le proprietà che sono state privatizzate ritornino pubbliche. Un trasferimento di ricchezza di questo tipo non è legittimato da una qualsiasi concezione di una democrazia economica e politica. E, in ogni caso, una tassa sulle rendite potrebbe permettere all’economia greca di ricatturare quello che gli aggressori finanziari stanno tentando di portar via.

La storia è piena di esempi istruttivi. Le oligarchie della regione invitarono Roma per attaccare Sparta, e riuscirono a spodestare i due re e il loro successore Nabide (che sarebbe dovuto salire al trono). Il seguito vide Roma a capo di un impero oligarchico, che ha usato la violenza in casa per uccidere i riformatori democratici come i fratelli Gracchi dopo il 133 BC, facendo piombare la repubblica in un secolo di guerre civili. Gli interessi dei creditori alla fine presero il controllo totale e il loro banale egotismo fece sprofondare la parte occidentale dell’Impero Romano in un’epoca buia sociale ed economica.

Speriamo che le cose vadano meglio questa volta. Ci sarà sicuramente da combattere, ma più nella sfera finanziaria e fiscale che su quella apertamente militare. La battaglia potrà essere alla fine vinta solo comprendendo le dinamiche corrosive della “magia degli interessi composti” e il bisogno collettivo di subordinare gli interessi dei creditori a quelli di tutta l’economia “reale”. Ma per raggiungere questo, le stesse teorie economiche devono essere sottratte alle banalità neoliberiste post-classiche.

[1] Louise Story, “La nuvole dei derivati, il fallout possibile di un default greco”, The New York Times, 23 giugno 2011, cita Christopher Whalen, editore dell’Institutional Risk Analyst, che dice: “Questa è la ragione per cui gli Europei se ne sono usciti con questa cosa ridicola, perché non sanno cosa c’è la fuori. Hanno paura del default. L’industria si sta ancora rifiutando di fornire i chiarimenti necessari per comprendere tutto questo. Ci stanno tenendo come ostaggi. Le élite non vogliono che tu veda cosa hanno scritto.”

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Fonte: http://neweconomicperspectives.blogspot.com/2011/06/whither-Grecia-without-national.html

 

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE