DI

MORENO PASQUINELLI
sollevazione.blogspot.com

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Considerazioni metapolitiche sul voto di fiducia parlamentare al governo di Mario Monti
Da Karl Schmitt a Scilipoti

Il governo di Mario Monti, con 556 voti a favore e 61 contro, è entrato in carica con la più ampia maggioranza parlamentare che l’Italia repubblicana ricordi. Come andavamo dicendo dall’estate scorsa, sarebbero bastate un’altro paio di spallate da parte dei mercati finanziari per ridurre a più miti consigli i berluscones, obbligandoli ad accettare ciò che fino a ieri essi escludevano con sicumera.
Così è stato, non solo si son tolti di mezzo, ma hanno votato compatti a favore di un governo intronizzato da una congiura dei tanto biasimati "poteri forti", leggi il grande capitale finanziario e bancario transnazionale
A dimostrazione che questi poteri forti non solo esistono, ma che alla bisogna spazzano via i politicanti che vorrebbero emanciparsi dalla loro tutela, ricordando loro chi comanda in ultima istanza. Ricordando insomma che i partiti sono solo comitati d’affari, ai quali è lasciata una relativa autonomia fino a quando gli affari van bene. Quando vanno male ad essi è tolta ogni potestà per lasciar posto alla dittatura dei loro padroni.
Ho seguito in Tv tutti gli interventi dei capigruppo, fino all’ultimo, quello di Angelino Alfano, passando per Bocchino, Casini, Reguzzoni e Bersani. In un passaggio politico di rilevanza storica, ci si sarebbe aspettati discorsi che esprimessero senso storico, larghezza di vedute, profondità di pensiero. Invece nulla, nessun sussulto di dignità, nemmeno un dignitoso canto del cigno. Nemmeno in occasione dei loro funerali hanno saputo separarsi dal loro squallore. Discorsi da peones, sospesi tra demagogiche frasi ad effetto e pietosi e ragionieristici atti di fede verso il nuovo sovrano.
Un sovrano che per nome e per conto dei suoi mandanti, non risanerà l’Italia, non darà la "crescita, tantomeno la "equità", ma che di sicuro seppellirà la seconda repubblica, che muore così com’era nata, per mezzo di un colpo di mano extraistituzionale, con un golpe bianco. Una classe politica di falliti ha devoluto le proprie prerogative ad un ducetto, sotto le mentite spoglie di un tecnocrate, alla cui sottana s’aggrappa per non essere spazzata via, nella speranza che il Salvatore, una volta terminata la trasfusione di sangue dal popolo italiano al vampiro euro-americano, gli restituisca lo scettro del comando. Speranza vana. Il bonapartismo non si toglierà di mezzo da solo, semmai getterà la sua maschera tecnocratica, per consolidarsi come potere oligarchico. A meno che esso non sia spazzato via dalla sollevazione popolare.
Nella caliginosa sfilata di anime morte, Reguzzoni e Alfano han quasi brillato come stelle. Il primo avendo almeno il coraggio di indicare chi sono i mandanti di Monti, e i pericoli che di addensano sui cittadini (solo "padani" haimé), il secondo, a parte il salamilecchi di rito verso Berlusconi, ricordando a tutti che questa crisi catastrofica è tale perché è l’euro che non funziona e l’architettura dell’Unione europea è fallace. L’eccesso di zelo ha invece giocato un brutto scherzo a Bersani e Casini la cui raccapricciante pochezza politica è emersa in tutto la sua mestizia. Più che ha un passaggio di consegne e relativa intronizzazione sembrava di assistere ad un rito apotropaico, con Monti come esorcista.
E’ macabro che in questo bivacco di pagliacci che è il Parlamento, sia stato proprio il loro capocomico, Domenico Scilipoti, ad aver compiuto il gesto più significativo. Egli si è presentato a Montecitorio con una vistosa fascia nera al braccio, consegnando ai colleghi deputati un manifesto mortuario con una croce nera con sotto scritto «Oggi è morta la democrazia parlamentare. Il popolo Sovrano ne dà il triste annuncio al Paese». Doveva aggiungere che se ciò è accaduto è anche a causa di farabutti come lui.
Si può affermare che nella crisi sistemica internazionale l’Italia è dentro uno schmittiano «Stato d’eccezione»? La situazione nella quale l’ordine, la sicurezza e l’esistenza Stato sono obiettivamente in pericolo? Schmitt, che era anzitutto un anticomunista, riteneva lecita e legittima una dittatura, e quindi la sospensione dello Stato di diritto, proprio per preservare l’ordine sociale e costituzionale esistente. Ma quale autorità, in questi stati d’eccezione, può istituire la dittatura e risolvere la crisi di una nazione? Le vecchie forze politiche e parlamentari, paralizzate dal conflitto, possono al limite prendere atto dello stato d’eccezione, ma non esercitarlo, istituendo un potere autocratico. Esse possono semmai devolvere il potere ad un’autorità salvifica esterna, legittimandola attraverso una cessione di sovranità.
Gli studiosi ci diranno che quello che vive il nostro paese non è, propriamente, uno stato d’eccezione schmittiano, poiché non usciamo da una guerra, nè quella civile è alle porte. Per di più il tecno-salvatore della patria non ha avocato a sé poteri dittatoriali. E infatti abbiamo parlato di bonapartismo tecnocratico. Tuttavia ci siamo molto vicini.
Schmitt si lasciava alle spalle la prima guerra mondiale, la più grande carneficina della storia umana, dalla quale emerse non a caso la rivoluzione bolscevica. La guerra guerreggiata di ieri, condotta con cannoni, aviazione e fanterie corazzate, viene oggi condotta con le armi di distruzione di massa dei crediti, dei debiti, dei derivati, di criminali transazioni finanziarie e bancarie. Uno stato può essere messo in ginocchio e soggiogato dal grande capitale predatorio globale (la cui sentinella di ultima istanza è la micidiale macchina bellica USA), senza essere aggredito e occupato manu militari. Ieri valeva solo per i paesi semicoloniali, oggi può valere anche per paesi come l’Italia, che sono nani geopolitici privi oramai di difese e di sovranità reale.
Con Monti siamo in uno Stato d’eccezione imperfetto, incompiuto, sui generis, ma pur sempre in uno Stato d’eccezione. La novità consiste in due aspetti sostanziali. Il primo: che esso non deve restaurare un ordine costituito andato in frantumi, ma difenderlo preventivamente dal suo crollo. Il secondo: che lo Stato d’eccezione, per quanto avallato dai satrapi politici italiani, non esprime la spinta dello stato nazione a salvare se stesso ma, al contrario, tradisce la propria pulsione di morte.
Il 7 agosto 2011, Mario Monti, dalle colonne del Corriere della Sera, invocava non a caso un Podestà forestiero. Egli questo è, infatti, un Quisling che per conto di una finanza globale incarnata nell’Impero deve cancellare le ultime vestigia di sovranità nazionale. Ho scritto che Monti fallirà, ma se fallirà o le masse popolari sapranno prendere in mano le sorti del paese o avremo lo Stato d’eccezione dispiegato.

Moreno Pasquinelli
Fonte: http://sollevazione.blogspot.com
Link: http://sollevazione.blogspot.com/2011/11/lo-stat