DI

JOHN ROSENTHAL
National Review

 

 

 

 

 

 

 

 

Oggi è l’anniversario ufficiale della “Rivoluzione del 17 Febbraio”, la rivolta libica contro il governo di Moammar Gheddafi che – con un enorme supporto da parte della NATO – ha portato infine alla caduta del regime e alla sua morte. Anche se la rivolta era stata inizialmente presentata dai media occidentali come un “movimento di protesta”, è chiaro sia dalle prove video che dalle testimonianze di prima mano che le “proteste” erano estremamente violente fin dall’inizio. In breve tempo le colonne dei “protestanti” armati – come alcuni media hanno continuato a chiamarli in modo incongruo – stavano marciando verso Tripoli.
Praticamente in ogni città o paese in cui erano scoppiati i disordini, le stazioni di polizia e gli altri edifici e le strutture governative vennero attaccate e messe a fuoco. Tali attacchi furono registrati, tra gli altri, a Benghazi, Derna, Tobruk, al-Bayda, e al-Zawiya. A Derna, in accordo con la testimonianza dell’attivista” pro-rivolta Amer Saad, le forze lealiste di Gheddafi furono chiuse nelle celle di custodia di una stazione di polizia locale, e l’edificio fu dato alle fiamme.

La violenza delle “proteste” è poco sorprendente, considerato quello che ora sappiamo sul coinvolgimento nella rivolta del gruppo islamico del combattimento libico (LIFG), connesso ad al-Qaeda. Almeno tre attivisti legati ad al-Qaeda, che erano stati detenuti in varie occasioni negli Stati Uniti – hanno svolto un ruolo fondamentale nell’insurrezione anti-Gheddafi. In seguito alla caduta di Tripoli, uno di loro, Abdul-Hakim Beldhaji, storico dirigente del LIFG, sarebbe diventato governatore militare della capitale libica. (Nei media occidentali Beldhaji viene frequentemente confuso con Abdul-Hakim al-Hasadi. Al-Hasadi è un altro attivista legato ad al-Qaeda che ha avuto una notevole importanza durante le prime fasi della rivolta nella Libia orientale.)

Inoltre, una prova poco conosciuta, che è stata citata in un tribunale britannico, indica che non c’è stato niente di spontaneo nelle violenze. Già dalla metà del decennio scorso il LIFG aveva infatti elaborato un piano per destabilizzare il regime di Gheddafi, usando molte delle stesse tattiche che sarebbero state impiegate al principio della rivolta nel febbraio del 2011. Il piano fu scoperto su un CD preso dalla polizia durante un’incursione nell’ottobre del 2005 a Birmingham, in casa di un rifugiato politico libico. In una sentenza della corte britannica del 2009, l’uomo è stato semplicemente identificato dalle iniziali “AV”. ( Vedi Secretary of state for the Home Department v. AV, 30 Aprile 2009 ).

La sentenza indica che AV era un membro del Consiglio della Shura del LIFG e che il suo nome era stato aggiunto il 7 febbraio 2006 alla lista delle Nazioni Unite che elencava gli individui e le entità collegate ad al-Qaeda. Questi e altri dettagli biografici rendono evidente che “AV” è Abd Al-Rahman al-Faqih. In base alle sentenze e alle informazioni raccolte dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, al-Faqih/”AV” era stato condannato in contumacia da un tribunale marocchino per complicità nell’attentato suicida del maggio 2003 a Casablanca che causò la morte di trenta civili e il ferimento di molti altri.

Il rapporto sintetico delle motivazioni delle Nazioni Unite sull’inclusione di al-Faqih nella lista di al-Qaeda annota inoltre che era “stato imputato di aver avuto legami con la rete terrorista in Iraq, guidata da Abu Musab al-Zarqawi”. Nei procedimenti giudiziari del tribunale britannico, al-Faqih ha tacitamente ammesso le sue connessioni all’al-Qaeda di al-Zarqawi in Iraq, rivendicando il fatto che aveva mandato un messaggio ai carnefici di Kenneth Bigley nel tentativo di persuadere quest’ultimo a risparmiargli la vita. (Vedi § 17 della sentenza sopra citata.) Bigley, un ingegnere civile britannico, venne decapitato dal gruppo di al-Zarqawi nell’ottobre del 2004.

L’autore del piano scoperto all’interno del CD di al-Faqih era il capo ideologo del LIFG Abu al-Munthir, noto anche come Sami al-Saadi. Come il dirigente del LIFG Belhadj, anche Munthiral-Saadi fu trasferito sotto custodia libica nel 2004 dopo esser stato presumibilmente detenuto dai servizi segreti americani nell’Asia sud-orientale. Un certo Abu Munthir è stato, tra l’altro, citato nel procedimento giudiziario del tribunale inglese come un agente segreto che incoraggiava i giovani musulmani in Gran Bretagna a condurre attacchi terroristici in patria a seguito dell’invasione dell’Afghanistan. Le comunicazioni del governo libico con i servizi segreti occidentali, che vennero scoperte in seguito alla caduta di Tripoli, suggeriscono che l’Abu Munthir in questione non nient’altro che non al-Saadi. (Per la riproduzione dei documenti, vedi qui.)

Altri file trovati sul CD di al-Faqih riguardavano la fabbricazione materiale di ordigni e ciò che il giudice inglese Colin Mackay, nel pronunciare la sentenza, ha descritto come “lurido materiale anti-occidentale”.

Secondo la sentenza del 2009, il piano del LIFG

include un appello rivolto ai mujaheddin per allenarsi alla manipolazione delle armi e alla preparazione degli esplosivi, e per infliggere danni e distruzione al “quartier generale del comitato rivoluzionario, sui centri dei servizi segreti e sui luoghi dei rivoluzionari e dei corrotti”.

Il riferimento ai “rivoluzionari” e ai “comitati rivoluzionari” riguarda quella che Moammar Gheddafi chiamava la “Rivoluzione di al-Fateh”. I “comitati rivoluzionari” erano un aspetto permanente della società libica sotto Gheddafi, una forma di istituzionalizzazione della Rivoluzione di al-Fateh.

Il piano del LIFG ha richiesto, inoltre, un’“operazione di martirio” contro un “grande e importante obiettivo come il tiranno Gheddafi, altri tiranni di spicco o sedi di servizi segreti”. Guarda caso, è proprio un attentato suicida scagliato contro le caserme militari di Benghazi che ha avuto un ruolo chiave nel successo della rivolta, e si dice– l’attentatore abbia caricato un’auto con esplosivi, provocando l’apertura delle porte della caserma.

Il fatto che i ribelli impiegherebbero la modalità di firma di al-Qaeda è di per sé una prova della natura jihadista della rivolta. “Operazioni di martirio” estremamente simili, che implicano veicoli pieni di esplosivi, sono state usate contro gli impianti militari americani in Afghanistan. Il fatto che il presunto attentatore di Benghazi sia stato acclamato come un eroe dai notiziari occidentali (vedi qui e qui, ad esempio) evidenzia solo uno dei modi in cui la jihad, nel corso del conflitto libico, sia diventata mainstream.

Dovrebbe essere noto che, in base al possesso del piano del LIFG, al-Faqih /AV è stato giudicato colpevole dal tribunale britannico di detenere un documento che favorisce l’incarico o la preparazione di atti terroristici, in violazione del Terrorism Act del 2000. Una sentenza del febbraio 2007 che conferma la condanna indica candidamente:

La legislazione non esonera, né fa un’eccezione, né istituisce una difesa, né discolpa ciò che alcuni potrebbero descrivere come terrorismo per giusta causa. Un concetto del genere è estraneo alla legge. Il terrorismo è terrorismo, quali che siano le motivazioni dei colpevoli.

Insieme alle forze armate statunitensi, francesi e alle altre della NATO, anche quelle britanniche sono poi intervenute a sostegno di una ribellione che un tribunale del Regno Unito ha condannato per l’utilizzo di metodi terroristici.

Al momento, è comune tra i cronisti occidentali lo scontento nel vedere come alla “Primavera Araba” sia seguito un “Inverno Islamico”. Ma, prese in considerazione tutte le evidenze delle radici islamiche della rivolta libica, l’esistenza del piano del LIFG lascia poco spazio ai dubbi. Indipendentemente da cosa possa essere trapelato nel resto del mondo arabo, la sommossa in Libia è stata la realizzazione, non tanto di aspirazioni democratiche, ma di ambizioni di vecchia data degli estremisti islamici. È stata una “Primavera Islamica” che ha aperto la strada per l’“Inverno Islamico” di oggi.

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Fonte: The Islamist Plot: The Untold Story of the Libyan Rebellion

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ELISA CURATOLO