DI SERGIO DI CORI MODIGLIANI
Libero pensiero

Italia

 

 

 

 

 

 

 

 

Da oggi l’Italia è “ufficialmente” commissariata dall’Europa. Tranquilli, non ve lo dirà nessuno. Ci potete scommettere a colpo sicuro che questa sera, a Ballarò, neppure ne parleranno. Nessuna notizia neppure nei telegiornali e sulla stampa. Nada de nada. Quindi, è come se l’evento non si fosse mai verificato. Però è accaduto. Anzi, sta accadendo mentre scrivo. Altro che decadenza di Berlusconi! Quella è una furbata squallida per distogliere l’attenzione. Pensavate che l’Europa si sarebbe bevuta la manfrina del Mago Attel & clownerie di cialtroni appresso senza andare a controllare che cosa stessero combinando (per davvero) i nostri super marpioni?
Hanno controllato i nostri conti al millesimo, hanno controllato la situazione del paese per ciò che essa è sul serio, hanno controllato che tutto corrisponda alla loro idea e interpretazione della nostra traballante baracca, e alla fine Mario Draghi ha detto sì, come l’uomo Del Monte in una celeberrima pubblicità di una ventina d’anni fa. E ha inviato il suo mastino preferito a darci gli ordini di scuderia. Questo signore la cui immagine vedete riprodotta in bacheca è il nostro vero capo.
E’ un uomo molto intelligente, un prodotto robotico ben congegnato, costruito ad hoc in un think tank dei repubblicani statunitensi in quel di Minnesota, a metà degli anni ’90. Non viene dalla carriera economica, né da quella partitica. Faceva il calciatore ed era anche bravo. Il suo ruolo: ala destra nella squadra del suo paesetto che militava in serie A, e faceva anche dei gran bei goal. Poi, un giorno, è stato scoperto (????) dai talent scout psicotronici, curiosi individui che vanno in giro per il mondo a caccia di non so che. Proprio come ci raccontava nei suoi splendidi romanzi di fantascienza l’imbattibile Philip Dick, colui che ci ha spiegato nei suoi libri come avrebbe operato il funzionamento della mente dei gestori del potere oligarchico, nel futuro futuribile dell’umanità. Pressappoco, oggi.
E così, dai campetti di calcio si trasferisce, grazie a una borsa di studio per “meriti sportivi”, nel cuore dell’America reazionaria, finanziato da una grande multinazionale di sistemi informatici ad alta tecnologia, la 3M a St.Paul. Lì ottiene lauree a gogo, premi, riconoscimenti surreali. Poi, lo rispediscono in Europa.
Ha una moglie che ama e un figlio di otto anni.
E’ ariete con ascendente ariete.
Si chiama Olli Rehn.
E’ di nazionalità finlandese.
E’ il commissario per gli affari economici e finanziari dei paesi dell’euro.
In Grecia lo conoscono bene.
Fu sua l’idea di presentare un progetto di una cinquantina di pagine che avrebbe dovuto impegnare la Repubblica di Grecia a fornire come garanzie collaterali del proprio debito pubblico -per impedire che si dichiarassero insolvibili- il Partenone. Il gruppo tedesco Allianz, il più importante assicuratore d’Europa, ne avrebbe curato la polizza gestendo la biglietteria e il marketing territoriale, i cui profitti sarebbero andati a un fondo gestito dalla BCE che ci avrebbe costruito sopra anche dei “special bonds”, una chicca diabolica, una specie di costruzione finanziaria sui derivati di tutte le unicità eccellenti d’Europa nel campo dell’arte, dalla Tour Eiffel al Colosseo. Quando il suo progetto arrivò sul tavolo della Merkel, la simpatica Angela lo convocò immediatamente nel suo studio privato e gli disse “lei è diventato matto o che?” (i tedeschi ci hanno tenuto che si sapesse in giro per il continente). Saggia, prudente e lungimirante, la premier dei crucchi si era già immaginata come si sarebbero potute mettere le cose il giorno in cui le avessero annunciato che la spettacolosa biblioteca di sociologia dell’Università di Francoforte era finita a Santa Monica, California, nella sede della Rank Corporation, pignorata per pagare i debiti della Deutsche Bank. La nostra Angela spiegò a Olli Rehn che non avrebbe mai consentito tale dispositivo.
Meno male che ogni tanto c’è qualcuno che ragiona.
Il nostro calciatore, allora, dribblò la Merkel e consegnò il pacchetto al primo ministro del suo paese, il quale, entusiasta, lo fece proprio proponendolo ufficialmente in pubblico nel settembre 2011. Francois Hollande ancora lo ringrazia. Quella proposta divenne subito il primo cavallo di battaglia della sua vincente campagna presidenziale contro “questo tipo d’Europa”. Per fortuna, il piano è svanito nel nulla. Olli Rehn è fatto così.
Questa mattina, come d’accordo, è arrivato a Roma dove è stato ospitato “ufficialmente” in Parlamento per incontrare il governo. Nella sua folle determinazione aveva chiesto addirittura di parlare alle camere riunite, così tanto per gradire, convinto che tutti avrebbero apprezzato l’idea di toccare con mano la totale inesistenza del nostro Stato, delle nostre istituzioni, di una leadership autorevole. Gli è stato spiegato che in Italia funziona in altro modo: tutto avviene sempre segretamente, sottobanco, in camera caritatis, tra pochi intimi. Forse ha chiesto ragguagli a Draghi che glie lo ha puntualmente confermato. E così, come un ladro di polli, è arrivato alla chetichella.
Il Mago Attel, però (non si sa mai) ha tentato la disperata carta italiana, quella classica, della serie “mettiamo le mani avanti non si sa mai”. E così, ieri al pomeriggio, ha ruotato di 180° (dopotutto è un grande illusionista) è apparso a Porta a Porta da Bruno Vespa, cominciando a dire che “le cose non vanno poi tanto bene quanto si creda”, che “il paese è in bilico”, la situazione economica “non è allegra né tantomeno risolta” che la situazione finanziaria delle banche “prevede un immediato intervento per scongiurare guai ancora peggiori” ripetendo per ben tre volte che né lui né l’Innominabile possono “fungere da parafulmine”. Tradotto, ciò che ha spiegato a chi sapeva leggere tra le righe (e aveva le informazioni) significa: domani arriva da noi il capo della Trojka e io non so che pesci prendere, quindi, o si danno tutti una calmata oppure ce ne andiamo a casa, perchè saranno loro a licenziarci tutti.
Not too bad. Sarebbe anche ora.
Come i più sagaci tra gli economisti sanno (quelli che conoscono l’Italia, i conti veri e l’Europa) visto che in questo paese di mammalucchi rimbecilliti non si riesce a eliminare la zavorra rappresentata dall’attuale classe politica dirigente perchè l’opposizione langue, ci penserà l’Europa a farlo. Magari.
Gli indici economici parlano chiaro, intendo dire i dati veri. La Spagna sta iniziando a riprendersi e ci ruba quote di mercato internazionale. Il Portogallo, nella sua modestia anche. Così come l’Irlanda. Noi siamo al palo. L’alleanza cancerosa tra politica e criminalità organizzata ha ingessato il paese e non consente nessuna forma realistica di ripresa neppure minima, questa è la realtà. Siamo diventati la zavorra europea. E così, arriva Olli Rehn.
Ci farà vedere i sorci verdi.
Ma sarà difficile sapere come sono andate le cose, nessuno ce lo dirà. Dovremo capirlo dai fatti reali.
A questo punto, un qualunque lettore di questo blog sarebbe ampiamente autorizzato a chiedersi: “Mi scusi caro lei, ma visto che nessuno parla di questa storia, non ci sono notizie in giro, e alla tivvù non dicono nulla, perchè io dovrei credere a ciò che lei dice? E’ possibile che lei sia l’unico in tutta Italia che lo racconta?”.
Domanda lecita.
Ed ecco la buona notizia, una volta tanto.
La cupola mediatica è quello che è, e viaggia compatta, essendo l’omertà il loro pane quotidiano, li pagano perchè stiano zitti non per pubblicare notizie.
C’è stata una falla, però.
Uno dei più autorevoli giornalisti italiani, Guido Gentili, eccellente e serio professionista, già direttore de Il Mondo e Ilsole24ore, grande esperto della situazione (vera e reale) dell’industria italiana, dello stato delle imprese, della nostra politica e della nostra economia, ha deciso e scelto di raccontare la vicenda. Lui è un grande sostenitore della necessità di rilanciare l’industria nazionale e l’imprenditoria italiana strappando la supremazia territoriale alla finanza bancaria. Non a caso è l’editoriale di punta de Ilsole24ore che è il giornale di Confindustria. E’ un uomo moderato, di linguaggio classico, certamente nè un complottista, nè tantomeno un retore o un demagogo dalla penna facile. Ha scritto questa storia raccontandone soprattutto i dettagli. Lo ha pubblicato sul suo quotidiano alle ore 14 di domenica 15 settembre, versione on -line, nel giorno di minor lettura de Ilsole24ore, che cala di molto quando le borse sono chiuse. Due ore dopo, l’articolo non c’era più né si trova in rete, a meno che non si passi dall’archivio e non si faccia un tortuoso slalom. Ma c’è.
Ed è ciò che conta.
Qui di seguito, lo posto per intero.
Il giornalista che l’ha scritto è una persona che merita credito e fiducia. Se l’è conquistata sul campo della professionalità acquisita nei decenni. Se lo dice lui, c’è proprio da crederci.
Sergio Di Cori Modigliani
Fonte: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/

Chi scrive la legge di stabilità? Sulla strada di Letta la bomba a orologeria del “Two-pack”
DI GUIDO GENTILI
ilsole24ore.com
“Two-pack”, una bomba ad orologeria? Il Commissario agli Affari economici, Olli Rehn, arriva martedi a Roma per un’audizione al Parlamento italiano, dove spiegherà il senso delle “raccomandazioni” europee ( leggi l’intervista al Sole 24 Ore). È la prima volta che accade, e non sarà ultima. Perché inizia, sotto la bandiera generale del “maggiore coordinamento”, una fase nuova per la politica economica italiana, una sorta di “cogestione” dei cui effetti la classe politica italiana ha parlato finora distrattamente. Sbagliando.

In pista c’è il “Two-pack”, cioè i due regolamenti approvati dal Consiglio europeo il 13 maggio scorso con l’obiettivo di introdurre, per i paesi dell’eurozona, più coordinamento e vigilanza nel processo di formazione delle politiche fiscali nazionali.
Di fatto se ne va un altro spezzone della “sovranità” nazionale, e non è un caso che nelle ultime ore abbia preso quota il confronto su chi “scriverà” la prossima Legge di Stabilità, l’ex Legge Finanziaria che dovrà essere pronta entro metà ottobre. «Se cade il Governo – ha detto il premier Enrico Letta – la Legge di Stabilità la scriverebbero a Bruxelles e la scriverebbero diversa da noi». Già, perché ora –sempre secondo Letta- questa legge «la scriviamo noi e non viene scritta in Europa visto che siamo usciti dalla procedura d’infrazione per deficit eccessivo».

Chi scrive che cosa, ecco il punto. Torniamo così al “Two-pack” (che segue il Fiscal compact del marzo 2012, il “Six-pack”, approvato il 23 novembre 2011 ed il Semestre europeo del settembre 2010) per il quale entro il 15 ottobre ogni paese dell’eurozona presenta alla Commissione e all’Eurogruppo (il coordinamento europeo che riunisce i ministri dell’Economia e delle Finanze dei paesi euro) la bozza del piano di bilancio per l’anno successivo.

Dunque, la Legge di Stabilità da quest’anno prende in parallelo due strade: il Parlamento nazionale e la Commissione europea che la soppeserà con cura. E se la bozza non convince Bruxelles perché non conforme al Patto di Stabilità e di Crescita (costituzionalizzato nel frattempo con il Fiscal compact) e perché non risponde alle raccomandazioni della Commissione? Bruxelles può chiederne la riscrittura entro due settimane dal momento della ricezione del progetto di bilancio ed entro il 30 novembre, se necessario, la Commissione può adottare un parere da sottoporre al vaglio dell’Eurogruppo. Insomma, i governi nazionali scrivono, ma l’Europa, con la sua nuova e più vincolante governance, può chiedere una riscrittura del progetto di legge.

Per il Governo italiano si prospetta una doppia sfida, diplomatica e di contenuto. Deve essere rispettato l’obiettivo del disavanzo sotto il 3% e devono essere rispettati gli avanzi primari strutturali (al netto delle spese per gli interessi) programmati per piegare il rapporto debito/Pil (previsto oltre il 132% nel 2014) su una “traiettoria stabilmente in discesa”. Così dicono, tra l’altro, le raccomandazioni di Bruxelles trasmesse all’Italia al momento della sua uscita dalla procedura d’infrazione per deficit eccessivo. Non solo: bisogna “trasferire il carico fiscale da lavoro e capitale a consumi, beni immobili e ambiente assicurando neutralità in termini di gettito”. E occorre attuare una “spending review a tutti i livelli amministrativi”.

In controluce, ecco lo spostamento della tassazione dalle “persone alle cose” (ma il Governo non intende aumentare l’Iva), il “no” sugli abbattimenti dell’Imu, l’insistenza per una revisione della spesa a largo raggio, la spinta per ridurre il cuneo fiscale su lavoro e impresa. Il tutto, rispettando comunque il famoso tetto del 3%. Non bastassero le tensioni dentro la maggioranza delle larghe intese che sostiene il Governo Letta, anche la partita che si apre con l’Europa si presenta carica di incognite. Perché la Legge di Stabilità si scrive a Roma, ma Bruxelles può dire “no, così non va, riscrivetela”. Come da “Two-pack”, il pacchetto esplosivo di cui non si parla.

Guido Gentili
Fonte: www.ilsole24ore.com
Link: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-09-15/scrive-legge-stabilita-strada-162720.shtml