ansa

 

L’Agenzia Nazionale della Stampa Associata che tutti conoscono con il semplice acronimo ANSA, è un’agenzia che ha un indiscusso ruolo di primo piano nel campo della divulgazione. Si tratta di una cooperativa composta da 36 soci editori dei principali quotidiani italiani e oltre a disporre di 22 sedi in Italia, possiede ben 81 uffici in altri 78 paesi. Le sue news diventano la “bibbia” dei giornalisti in quanto le agenzie ANSA trasmettono oltre 3.500 notizie e più di 1.500 foto al giorno che poi vengono ricevute dai mezzi d’informazione italiani, dalle istituzioni nazionali, locali ed internazionali, dalle associazioni di categoria, dai partiti politici e dai sindacati. Le sue notizie vengono diffuse anche in lingua inglese, spagnola, tedesca, portoghese e araba. Molti degli editori membri dell’ANSA ricevono contributi (diretti o indiretti) di denaro pubblico senza i quali, alcuni di essi sarebbero costretti a cambiare lavoro a causa dello scarso numero di copie vendute. In regime di democrazia, un’agenzia che si sostiene anche grazie ai finanziamenti pubblici dovrebbe essere garanzia d’imparzialità, pluralismo e rispetto della libertà di espressione delle minoranze. Nella realtà invece sembra che l’ANSA si cimenti nello svolgere la funzione completamente opposta di sostenere il verbo dell’establishment denigrando la minoranza che si oppone in maniera pacifica e democratica (attraverso libri e social network) all’informazione ufficiale autoreferenziale (priva di qualsiasi controllo diverso “dall’autorevolezza” della fonte).

Il seguente articolo pubblicato il 30 novembre 2015 dall’ANSA (lo vediamo scritto in corsivo e commentato in rosso da altrainformazione), è infatti caratterizzato dallo stile diffamatorio tipico delle macchine del fango.         

 

Titolo: Terrorismo e immigrati nel mirino dei complottisti del Web

Sottotitolo: Organizzati in tribù diffondono bufale, algoritmi li riconoscono

Dal sottotitolo si evince che i cosiddetti “complottisti” (etichetta che ha sostituito quello di sovversivo/dissidente) del web sarebbero persone bugiarde o ignoranti che “diffondono bufale”.

 

“Gli attacchi terroristici? Solo una messa in scena per toglierci libertà; l’immigrazione fa parte di un piano per indebolire gli europei; quanto ai vaccini, sono il ‘trucco’ delle aziende farmaceutiche per assicurarsi una clientela ‘fissa’: sono gli ultimi arrivati fra gli argomenti più gettonati dai ‘complottisti’ di Facebook e degli altri social media,

Con queste prime frasi ci viene detto che se hai qualche dubbio sulla versione ufficiale del terrorismo o sulle assoluta efficacia e innocuità delle vaccinazioni allora sei un complottista (un pazzo, un ignorante, un bugiardo o tutte e tre le cose insieme). In pratica non è ammesso avere dubbi e non ha alcuna importanza il modo pacifico e circostanziato in cui li esprimi poiché vieni insultato a prescindere.   

 

utenti fai-da-te di Internet che si rafforzano a vicenda scambiandosi con fervore informazioni dall’attendibilità dubbia, bufale che finiscono per cementare legami in vere e proprie ‘tribù’.

per “utenti fai da te” si vuole lasciar intendere che si tratta solo di persone senza alcuna preparazione o qualifica. Le loro fonti d’informazione prima vengono classificate “dubbie” e poi “bufale” mentre i loro legami sarebbero quelli di una tribù, un’espressione che evoca il passato più buio e primitivo della storia dell’uomo. Chi non è d’accordo con l’informazione ufficiale è una specie di troglodita che trova il conforto in altri trogloditi…..  

 

 

“Per ogni tipo di narrativa c’è una comunità”, spiega Walter Quattrociocchi, dell’Istituto Imt Alti Studi di Lucca, che ha presentato gli ultimi dati sul ‘complottismo’ online nel convegno sui Big Data organizzato a Roma dagli Archivi di Stato di Venezia e Roma, Politecnico di Losanna, università Ca’ Foscari e Tor Vergata di Roma, Ambasciata svizzera in Italia.

Avere opinioni diverse, anche quando fondate su argomentazioni dimostrabili e verificabili significa diventare oggetto di studi antropologici perchè mettere in dubbio le VERITA’ dell’informazione ufficiale equivale a essere classificati pazzi cospirazionisti a prescindere dalle prove che si hanno…. 

 

“A cementare le tribù del Web “è la combinazione di una vastissima quantità di contenuti, molto eterogenei, accettati senza controllo e senza mediazione”, rileva Quattrociocchi.”

In questa frase “i trogloditi delle tribù cospirazioniste”, dopo attenti studi antropologici vengono presentati al pubblico come dei fessi che credono a tutto senza nessun controllo. In realtà è assolutamente vero il contrario in quanto chi ha una fiducia cieca nell’autorevolezza delle fonti, sono i giornalisti mainstream e le masse che credono a tutto quello che gli viene detto dai giornali e dalla televisione senza mai effettuare alcun tipo di accertamento personale.

“A farla da padrone – osserva – è la tendenza a prendere per buono solo ciò che è affine alle proprie credenze”, una tendenza che gli esperti definiscono ‘pregiudizio di conferma’. In più i complottisti della rete hanno l’abitudine di rilanciare le notizie ‘gradite’ senza verificarle: un comportamento che i ricercatori chiamano ‘analfabetismo funzionale’, inteso come incapacità di capire un testo.

Qui con tono paternalistico da grande studioso del fenomeno antropologico “troglodito-cospirazionista”, si vuole attribuire un atteggiamento superficiale a chi ha dubbi e domande sulle versioni ufficiali quando nella maggior parte dei casi è assolutamente vero l’esatto opposto.   

 

Da questo mix di elementi nascono le tribù ‘social’. In sostanza ci sono utenti della rete che rilanciano, senza controllarle, le informazioni che confermano il proprio punto di vista. Sui social media trovano facilmente chi la pensa come loro e solo con questi si confrontano. Una volta formata la tribù, al suo interno ogni membro “piano piano – osserva il ricercatore – tende a prendere la strada del personaggio e diventa uno stereotipo”.

Anche qui si cerca di far apparire qualsiasi legittimo dubbio (non è ammessa alcuna differenza e viene fatto di tutta l’erba un fascio) come un qualcosa che scaturisce da comportamenti tribali primitivi e ossessivo-compulsivi che sono oggetto di studio di psicologi e antropologi.

 

Localizzare le tribù non è affatto semplice: “sondiamo i diversi social media utilizzando algoritmi di riconoscimento dei topic”, ossia temi oggetto di discussione. Quindi – prosegue Quattrociocchi – altri algoritmi permettono di calcolare quanto un utente sia coinvolto in una narrativa”.
Una tecnica chiamata ‘Sentiment analysis’ permette inoltre di calcolare quanto le emozioni contino nell’interazione online. Sull’importanza dell’emotività la dicono lunga anche gli scontri che vedono coalizzate più tribù contro un nemico comune. Di solito il nemico è chi ha una posizione opposta, sostenuta in modo ugualmente radicale.

Infine, ciliegina sulla torta, si lascia intendere che perseguitare e spiare i dissidenti attraverso dei software di riconoscimento (algoritmi) degli “insani di mente”, sia qualcosa di giusto e legittimo. 

 

Ecco cos’è oggi l’ANSA, una delle principali agenzie di stampa nazionali che dovrebbe essere tutto fuorché veicolo di disinformazione e denigrazione….