Telegraph: L'Italia dovrà presto scegliere: l'euro o la catastrofe economica

“L’Italia deve scegliere tra l’euro e la sua sopravvivenza economica”, lo scrive sul Telegraph il noto editorialista finanziario Ambrose Evans-Pritchard. “Il tempo stringe per l’Italia, bloccata in una deflazione da debiti e alle prese con una crisi bancaria che non puo’ affrontare con i vincoli dell’unione monetaria”, scrive.
Dalla Traduzione de il Nord:

“Dal picco della crisi – prosegue Evans Pritchard – come ha ricordato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, il prodotto interno lordo si e’ ridotto del 9% e la produzione industriale del 25%. Ogni anno la percentuale del debito rispetto al Pil sale: 121 per cento nel 2011, 123 nel 2012, 129 nel 2013, 132,7 nel 2015. Lo stimolo della Banca centrale europea svanirà prima che l’Italia riuscirà a uscire dalla stagnazione e il Fondo monetario internazionale, infatti, prevede una crescita di appena l’1% quest’anno. La finestra globale si sta chiudendo”.

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“C’e’ il rischio concreto che Matteo Renzi arrivi alla conclusione che l’unico modo per restare al potere sia presentarsi alle prossime elezioni con una piattaforma apertamente anti-euro. Un recente sondaggio di Ipsos Mori rivela che il 48% degli italiani voterebbe contro l’Ue o contro l’euro se ne avesse  l’opportunità”.

“Il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo – analizza Pritchard –  cui e’ attribuito un consenso del 28 per cento, invoca il default e il ritorno alla lira. La Lega Nord di Matteo Salvini considera l’euro un crimine contro l’umanità. Il tasso di disoccupazione e’ all’11,4% quello della disoccupazione giovanile raggiunge il 65% in Calabria, il 56% in Sicilia, il 53% in Campania. Il tasso di natalità è al minimo storico. L’istituto di ricerca Svimez parla di uno stato permanente di sottosviluppo nel Mezzogiorno”.

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“Negli anni Novanta – continua Evans Pritchard in questo fulminante articolo pubblicato oggi dal Telegraph –  l’Italia registrava un ampio avanzo negli scambi commerciali con la Germania, prima che fossero fissati i tassi di cambio e quando si poteva ancora svalutare. In quindici anni l’Italia ha perso rispetto alla Germania il 30% di competitivita’ sul costo di lavoro per unita’ di prodotto; dal 2000 la produttivita’ e’ diminuita del 5,9%. I governi che si sono succeduti sono criticabili, ma la questione più rilevante è che oggi il paese non riesce a uscire dalla trappola”.

“A questa miscela combustibile – prosegue l’autore – si aggiunge la crisi bancaria, che rivela la disfunzionalità dell’unione monetaria e peggiora di giorno in giorno: prestiti non performanti per 360 miliardi di euro gravano sui bilanci delle banche. La vigilanza esercitata dalla Bce ha peggiorato le cose e il fondo Atlante potrebbe attirare sempre più banche nel pantano, aumentando il rischio sistemico. L’Italia e’ nel peggiore dei mondi possibili: a causa delle regole dell’Ue, non può prendere iniziative in piena sovranità per stabilizzare il sistema bancario e non esiste ancora un’unione bancaria degna di questo nome che condivida gli oneri. Renzi ha di fronte una dura scelta: o dice alle autorità europee di andare all’inferno o resta a guardare impotente che il sistema bancario imploda e il paese precipiti nell’insolvenza. L’Italia non e’ la Grecia, non puo’ accettare la sottomissione. Tra i poteri forti dell’industria italiana qualcuno ormai sussurra che l’uscita dall’euro potrebbe non essere così terribile. Sarebbe l’unico modo per evitare una catastrofica deindustrializzazione”.

Fonte: l’antidiplomatico