pd censura

Di

Marcello Foa

I lettori di questo blog ricordano la battaglia condotta, all’inizio del mese, contro l’approvazione del disegno di legge del premier Gentiloni che introduceva due provvedimenti gravissimi, all’articolo 2 e 24:

– i dati internet e telefonici potranno essere conservati per 6 anni, il che significa autorizzare la schedatura di massa

– l’Agcom, ovvero l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, avrà il potere di intervenire sulle comunicazioni elettroniche dei cittadini italiani a tutela del diritto di autore, impedendo, all’occorrenza, l’accesso ai siti “in infrazione”; il che significa spalancare di fatto le porte alla censura sul web con il pretesto di infrazioni marginali, come la pubblicazione di una foto scaricata da un motore di ricerca.

Notate bene: nessun Paese democratico contempla misure così severe. Lo scorso 5 ottobre, il Senato avrebbe dovuto votare il disegno di legge, infilato furbescamente nel decreto mille proroghe, per non dare nell’occhio. Da notare che era già stato approvato alla Camera e dunque si trattava del voto definitivo, contro il quale il sottoscritto e altri opinionisti hanno lanciato impellenti e drammatici appelli.

Nei giorni successivi ho cercato di sapere com’era andata. Sui giornali neanche una riga e come poteva essere diversamente? A parte il Fatto Quotidiano, che ha svelato la vicenda, e ilgiornale.it, nessuno ne ha parlato. Tutti zitti, tutti, forse, inconsapevoli.

E allora mi sono attivato da solo. Non avendo mai fatto il giornalista parlamentare e non possedendo la necessaria dimestichezza con tali atti, mi sono rivolto al portavoce del Senato, Alessio Pasquini, mettendo in copia la segreteria. Di solito queste richieste vengono trattate dall’Ufficio stampa.  E  quello di un Parlamento, di solito, risponde. E invece… sì, lo avete capito. Sto ancora aspettando la risposta.

Allora mi sono rivolto alla senatrice Ornella Bertorotta, del Movimento 5 Stelle, che un paio di anni fa mi aveva invitato a parlare a un convegno di politica internazionale a Palazzo Madama. Molto cortesemente la senatrice Bertorotta, che ringrazio, mi ha risposto inviandomi lo stenografico di quella seduta, che trovate qui. Vorrei tanto sbagliarmi ma leggendo questo resoconto risulta che gli emendamenti presentati per togliere o correggere quei due passaggi sono stati bocciati, mentre l’articolo 2 è stato approvato.

E allora è legge? Il disegno 2886 non è stato approvato il 5 ottobre perché su un articolo, il numero 5, è mancato il numero legale. Dunque l’approvazione è stata rinviata ad altre sedute. Ma poi si è votato e l’articolo 24 è passato. Complessivamente il provvedimento è stato approvato seppur “con modificazioni”.

Non so se a questo punto debba tornare alla Camera oppure se il sì sia definitivo. Cercherò di capirlo.

Restano, insomma, flebili speranze. Una su tutte: che il disegno di legge, nell’ipotetico andirivieni fra le due Camere,  venga rinviato alla prossima legislatura. E chissà che una nuova maggioranza… Insomma, ci vorrebbe un miracolo.

Resta, purtroppo, che l’articolo 2 e il 24 siano stati approvati ovvero  il premier Gentiloni e il suo Partito il PD sono a un passo dall’ottenere quel che si prefiggevano: predisporre misure da Grande Fratello Orwelliano per schedare le opinioni di tutti gli italiani e poter censurare i siti davvero scomodi, magari col pretesto sempre molto di moda delle Fake News.

Indovinate un po’ quali siti saranno oggetto di tali attenzioni?

 

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