traduzione

di

Giuditta

 

L’elezione di Barack Obama sarà interpretata come una rigenerazione della democrazia americana, ha affermato Emmanuel Todd, poco prima dell’elezione del nuovo presidente americano. Ma sarà sufficiente per operare i cambiamenti sperati?
Storico, esperto demografico, autore nel 2002 di “Saggio sulla decomposizione del sistema americano”, Todd non nasconde la sua perplessità. Se accoglie con entusiasmo l’arrivo del presidente nero alla casa-Bianco, teme, dice, che l’evento dia una spinta al “processo di smembramento”.

Sei anni fa, lei ha elaborato la situazione di un paese diventato “un fattore di disordine internazionale”. L’elezione di Barack Obama potrebbe modificare questa constatazione?
– In un primo tempo sembrerà che l’America si risveglia. Con Bush, si è avuto il peggiore dei presidenti – una specie di Oliver Hardy, che fa la guerra, e che con la sua mancanza di abilità accelera la distruzione dell’impero americano. Con Obama, ricompare il viso dell’America ottimista e dinamica. Un’America civile, dalla politica estera più ragionevole, che aspira a ritirarsi dall’Iraq, che non vuole dichiarare la guerra in Iran. Un’America che potrebbe tuttavia restare così anti-russa come la precedente, i democratici considerano la Russia come il solo vero avversario strategico degli Stati Uniti.

Nel clima attuale di rovina, di crac finanziario e morale, e tenuto conto della responsabilità inaudita dell’America nel disordine del mondo, la vittoria di Obama permetterà ai paesi occidentali pro-americani di dichiarare che l’America è ridiventata meravigliosa. Ridarà alcuni anni di vita supplementari all’impero.

– L’insediamento di un eletto nero alla Casa-Bianca non conferma i cambiamenti intervenuti nell’ambito della società americana?
– Si sono prodotti degli eventi realmente straordinari negli Stati Uniti. L’implosione del sistema finanziario e del mito economico, da un lato; l’implosione della strutturazione razziale, dell’altra. Si capisce in queste condizioni che gli americani vivono in un tipo di stato euforico. Detto ciò, se la decadenza del sentimento razziale è ovviamente una buona notizia, il razzismo sarà realmente scomparso il giorno in cui gli elettori non attenderanno nulla di particolare dal un presidente nero. Obama è un uomo politico americano. Il suo discorso è pieno dei riferimenti abituali sui valori religiosi. È circondato dalle personalità dell’establishment democratico – questi stessi democratici che, più numerosi ancora che i repubblicani, hanno votato le sovvenzioni al sistema bancario.

– L’elezione di Barack Obama non perora per la vitalità della democrazia americana?
– Quello che sta accadendo è strano, e paradossale. Se si osserva la storia degli Stati Uniti, si constata infatti che il razzismo non è per niente un piccolo difetto della democrazia bianca: è la base. Alla partenza, i coloni inglesi non attribuivano una grande importanza al valore dell’uguaglianza, sia nella famiglia e altrove. Ciò che ha permesso allora ,di assimilare europei di origini molto diverse, è la fissazione della differenza sugli indiani ed i neri. Nell’America jacksoniana, il presidente era un eroe delle guerre contro gli indiani. Il razzismo è stato il motore dell’emergenza democratica. Oggi, si assiste all’arrivo di una plutocrazia irresponsabile: l’aumento delle diseguaglianze costituisce la dinamica fondamentale della società americana. L’America cessa di essere democratica nel senso economico del termine. Il razzismo è in ribasso, ma la democrazia è malata. Marcisce sotto i nostri occhi. Di conseguenza, ho timore che si cadrà molto in basso. Una parte dell’oligarchia è dietro Obama. Ha del resto raccolto più denaro, dai ricchi, che McCain. La sua elezione sarà interpretata come una rigenerazione della democrazia americana. Ho quanto a me la sensazione che fa piuttosto parte di un processo di smembramento.

– Gli Stati Uniti contano alcuni migliori università del mondo. Attirano ovunque dei capitali, i ricercatori, gli imprenditori della nuova economia. Questi vantaggi non garantiscono loro un posto centrale nella concorrenza internazionale?
– Alcune università sono infatti molto buone. Ma la maggioranza fra esse è di una mediocrità assoluta. Sul campo della produzione scientifica e tecnologica, le cifre sono inequivocabili: l’Europa è ridiventata il centro di gravità del mondo. Sono gli europei che sanno costruire le centrali nucleari moderne, o che fabbricano grandi aerei – anche se in ritardo.
L’uragano Katrina nel 2005 aveva messo in luce per la prima volta questa verità. Si è capito improvvisamente che gli americani non disponevano abbastanza di ingegneri per proteggere le città, o ricostruirle. Penso anche che il conflitto nel Caucaso abbia contribuito, nel corso dell’estate scorsa, a precipitare la crisi finanziaria. La completa inesistenza dell’America è stata percepita come un momento d’atterraggio nella realtà.

– Resta per l’industria americana l’informatica, Silicon Valley…
– Se si pensa come erano gli Stati Uniti nel 1945, sarebbe stupefacente che non resti più nulla della loro potenza industriale e tecnologica. Ma mentre prima erano sovrabbondanti in tutti i settori, registrano oggi un deficit commerciale di 800 miliardi di dollari. La velocità di regressione è allucinante, ed essa non salverà l’informatica: l’India presto porterà la stoccata.

– Il progetto economico del candidato democratico può contrastare la depressione che minaccia?
– Non ha programmi economici. All’inizio della sua campagna, ha bene proposto alcune misure protezioniste, ma il deficit commerciale è tale che il protezionismo comporterebbe in un primo periodo un ribasso drammatico del tenore di vita.
Obama si confonde con la sua immagine. Ma le difficoltà americane vanno ben oltre dall’immagine. Per il momento, il dollaro tiene, poiché all’esterno, istituzioni, gente ricca e nazioni vogliono che gli Stati Uniti restano al centro del mondo. Ma la situazione non cambierà: dovrebbe anche deteriorarsi ancora di più. La questione è ora di sapere come, con la fine del sistema delle sub-prime, si daranno agli americani i mezzi finanziari per continuare a vivere alle spese del pianeta.

– Gli Stati Uniti conservano una forte capacità d’influenza sui capi d’opinione del mondo occidentale. La loro immagine si sta degradando?
– L’America, è un’immagine. Non si può parlarne senza evocare il cinema, gli scenari di serie televisive, Hollywood. C’è in tutto ciò che è americano un lato straordinariamente virtuale. Ed ecco che piano piano si vede emergere la realtà. Sarà in questo senso molto interessante seguire l’evoluzione dell’opinione nelle oligarchie finanziarie occidentali. Esse provano una sensazione di solidarietà con l’America. Ma anche si sono appena fatte sorprendere… Non vorrei essere attualmente un plutocrate francese della sfera finanziaria.

– Il concetto “di superpotenza” ha un senso per voi?
– Nel settore militare, il mondo è già multipolare. L’incertezza viene dalle illusioni che gli americani hanno ancora su essi stessi. Sono un po’come i Russi, al momento del crollo del comunismo. Quando una potenza di questa natura possiede ancora un esercito, non è al riparo da atti irrazionali.
Gli Stati Uniti hanno anche perso il posto centrale che occupavano sul campo economico. Con l’avventura delle sub-prime, hanno appena realizzato la più grande frode finanziaria della storia dell’umanità. In altre parole, non sono più in questo settore una superpotenza, ma tenuto conto dell’assenza di regolazione dell’economia mondiale, detengono “una super capacità di danno”.
Emmanuel Todd ha da poco pubblicato il libro “Dopo la democrazia”.

Fonte articolo in lingua originale: http://www.mecanopolis.org/?p=2014