di Marco Calamari

 

Roma – Essere truffati nella vita capita. E spesso non è una questione di soldi; le truffe più gravi sono quelle fatte di promesse non mantenute e di fregature fatte passare per vantaggi. Una classe di persone particolarmente nota per la frequenza di questo tipo di comportamenti è quella dei politici e dei loro sodali (ce lo insegnano la storia e la cronaca). Qualche volta pero’ le truffe si possono smascherare in anticipo; il nuovo passaporto biometrico recentemente approvato a livello UE è appunto un evento di questo tipo.
L’emissione di documenti di identità che non siano facilmente falsificabili e che siano riconducibili senza possibilità di errore ad una singola persona fisica è certamente, almeno a parere di chi scrive, un fatto positivo. La creazione di un database nazionale che contenga le impronte digitali di tutti i cittadini italiani invece non lo è.
Gli appassionati di CSI che considerano lo IAFIS uno strumento positivo in mano a simpatici e competenti investigatori che lo usano per fare polpette di serial killer, sono pregati di spegnere il televisore e tornare nella realtà.
Viviamo in Italia, dove anche recentissimi fatti di cronaca insegnano come i dati personali vengano costantemente abusati per motivi economici, politici e criminali.
Sono pregati altresì di leggere a caso qualche libro di storia recente e di controllare come sono state sempre, e sottolineo sempre, usate le schedature di massa nel recente passato.
La truffa è causata dal fatto che, grazie alle tecnologie informatiche moderne, non è assolutamente necessario, per emettere un passaporto elettronico biometrico dotato di tutte le caratteristiche sopraddette, creare un database di impronte digitali.
Come il regolamento tecnico originale della ormai snaturata C.I.E. (Carta di Identità Elettronica) nell’ultima pagina dimostra in maniera inoppugnabile, è possibile creare un documento elettronico biometrico senza schedare tutti i possessori.
Senza entrare nei dettagli facilmente reperibili in Rete, possiamo riassumere la questione. Concettualmente è sufficiente memorizzare l’impronta digitale, o meglio ancora il suo distillato (tecnicamente feature file) in una zona protetta della memoria della smartcard che costituisce il documento biometrico.
Ogni volta che è necessario verificare l’identità del possessore di un documento si rileva l’impronta digitale con un terminale portatile, se ne calcolano le feature e si chiede alla smartcard se le feature calcolate sono corrispondenti a quelle memorizzate.
Nessun database, nessuna schedatura. Tutti i vantaggi e nessuno degli svantaggi.
Certo, se la questione non è una truffa. Che copre secondi fini.
Se invece l’introduzione del documento biometrico fosse una scusa per creare una schedatura di massa, e prevedesse quindi la creazione assolutamente non necessaria di un database centralizzato, allora le motivazioni pubblicamente addotte per questa novità sarebbero una truffa bella e buona della buonafede dei cittadini.
La carta di identità elettronica non lo era in origine, ma è diventata una truffa grazie ad una serie di escamotage del Ministero degli Interni e di atteggiamenti da struzzo del Garante e dei Comuni interessati alla sua sperimentazione.
L’introduzione del passaporto biometrico è candidata ad esserlo nuovamente.
Presto vedrete in TV qualche noto politico, con occhi spiritati e pupille dilatate, dirvi autorevolmente che è tutto fatto per la vostra sicurezza, per la lotta al terrorismo ed all’immigrazione illegale. Vi stanno truffando. Non è vero.
Se si vuole creare un database nazionale di impronte digitali esteso a tutta la popolazione, lo si dica chiaramente e lo si discuta in sede istituzionale come tale, con particolare riferimento al principio di necessità del trattamento dati previsto dal testo Unico sulla Privacy, e su come garantire i cittadini dal suo abuso. Lo si chiami pero’ col suo nome: schedatura preventiva di massa.
Altrimenti verrà attuata una ennesima truffa ai danni degli Italiani (e probabilmente di tutti i cittadini europei).
Chiunque non si senta truffato e non agisca di conseguenza, nei limiti delle sue possibilità, si rende complice, e non più vittima di questa truffa.
Certo, coloro che credono nella legalità formale e non hanno timori perché non hanno niente da nascondere non se ne preoccupano. Costoro pero’ farebbero bene a rileggersi la storia dell’avvento del Terzo Reich. Adolf Hitler ha sempre rispettato fino in fondo la legalità formale, adattandola ovviamente alle azioni che svolgeva. Ed anche lui diceva "Chi non ha niente da nascondere non ha niente da temere".
Voi vi sentite truffati ed in pericolo oppure no?

Fonte: http://tuttouno.blogspot.com
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