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Maurizio Blondet

L’assassisnio di Giuseppe Gatì (1) a due giorni dalla discussa manifestazione antimafia a piazza Farnese, organizzata dall’associazione vittime della mafia, è un plateale, forse non necessario, avvertimento alla classe politica. A monito di chi siano le vere potenze che comandano la penisola.
Giuseppe Gatì aveva contestato, alcune settimane fa, Vittorio Sgarbi, il più scemo del’universo, per le sue condanne per truffa ai danni dello stato e per diffamazione del giudice Caselli, noto “professionista dell’antimafia”.
Non stupisce il fatto che Beppe Grillo, uno psicobuffone, e Di Pietro, un contadino molisano semianalfabeta, non abbiano compreso bene le autentiche gerarchie e le vere regole “istituzionali”. Fa quasi tenerezza leggere di alcuni navigati esponenti dell’IDV che hanno preso le distanze dal loro stesso leader. Il quale accusando il quirinale di omertà ha rischiato di palesare ciò che è in vero un segreto di Pulcinella. Ossia che IN ITALIA COMANDA LA MAFIA, come espressione dei poteri forti massonici. Il capo dello stato, la camera, il senato, palazzo chigi sono solo grottesche ombre proiettateci davanti agli occhi per confondere la visione del “paese reale”.
Questo delitto, una vendetta trasversale, rappresenta un perturbazione nella matrice, un ritorno all’inizio degli anni 90.
Le stragi di Capaci e via D’Amelio, gli attentati di Milano, Firenze e Roma. L’INCENDIO DEL TEATRO PETRUZZELLI DI BARI E DELLA FENICE DI VENEZIA furono prodromo ed epilogo di quella stagione.
Infatti a seguito del ciclone tangentopoli e alla esplosione elettorale della Lega Nord vi era il rischio di che terminasse l’epoca dell’assistenzialismo al Sud, così lucroso per i poteri forti di quelle lande.
Ecco allora, che Roma disperata dovette ricostruire la “spalla destra” del sistema politico per togliere voti alla Lega al Settentrione e alla morente Democrazia Cristiana nel Meridione a procrastinare lo status quo.
Tramite un’operazione che ridesse “forza all’italia” , alla sua unità per continuare l’immenso schema di defraudazione delle risorse padane per alimentare gli immensi guadagni di Cosa Nostra, Ndrangheta, Camorra e Sacra Corona Unita.
Il tutto mediato da un “dormiente” centralismo tiberino. Il vergognoso Repubblica ha subito archiviato questo episodio come “incidente sul lavoro” (2) stando a dimostrare, ma non ce n’era bisogno, come Roma sia una “capitale prostituta” disposta a vendersi a chiunque, di chiunque insozzarsi le mani di sangue pure di mantenere lo status di “capitale”, non si sa più di cosa.
La crisi economica mondiale, il cui impeto sta violentemente scuotendo la penisola, riporta orribilmente indietro l’orologio della storia italiana.
E’ pure ricomparso Borrelli, l’ex capo del “pool” di Mani Pulite a dire che in fondo va tutto bene purché niente cambi.
Il messaggio proveniente da Agrigento è di limpidezza cristallina.
Il federalismo fiscale deve passare in modo che cambiato tutto, non cambi nulla.
Che le “grandi opere” del sud sono sempre “irrinunciabili”, costi quel che costi, che i mastodontici sperperi e furti di denari pubblico, di fondi europei in certe regioni sono intangibili. E che l’imminete riforma delle pensioni deve essere “solidale”, cioè le false pensioni di finti invalidi e le pensioni-baby degli statali non si devono toccare.
Giuseppe Gatì aveva 24 anni, faceva il casaro, attività paterna, tipica della vocazione agricola della Sicilia. Era un giovane idealista, come Falcone e Borsellino, e gli uomini delle loro scorte. Come il cuneese tutto di un pezzo Carlo Alberto Dalla Chiesa e la moglie incinta Emanuela Setti Carraro le cui membra sbrindellate finirono appiccicate sui muri delle case circostanti il luogo dell’attentato.
Che sia di monito, la perdita di quel ragazzo, anche agli imbecilli come Grillo che spillano soldi andando a suscitare vespai che ospitano insetti MORTALI.
Beppe Grillo, con la sua pleonastica capacità di mobilitazione mediatica che infastidisce i “padroni del vapore”, è IL RISPOSABILE MORALE DELLA MORTE DI QUEL RAGAZZO.
Troppo comodo lottare la mafia con la residenza in Svizzera, davvero facile fare credere a giovani imberbi che basti sbraitare “psiconano” in una qualche piazza, reale o virtuale, per rivoltare il mondo.
Pesante come un macigno, meglio come una lapide sulla coscienza di un comico della peggiore specie: quella che non fa più ridere.
Che qualcuno lo dica a Grillo che NON DEVE PERMETTERSI di scherzare con la vita altrui per il suo (torna)conto in Svizzera. Da autentico mafioso.

1 ) http://nalya.wordpress.com/2009/01/31/e-morto-giuseppe-gati/
2 ) http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/cronaca/incidenti-lavoro-2/incidenti-lavoro-2/incidenti-lavoro-2.html

Fonte:http://falsoblondet.blogspot.com/