Articolo tratto da “The Cloud Mistery” pubblicato da fisicamente.it e commentato con integrazioni di Marco Pizzuti per Altrainformazione

 
Che caldo! Ma quando finirà? Esclamazioni come questa, sono il tormentone di ogni estate. Ma di anno in anno, abbiamo tutti l’impressione che faccia sempre più caldo rispetto agli anni precedenti. Beh, non è solo un’impressione, i dati statistici rispetto agli anni passati evidenziano che il clima sta cambiando. Anche i mass-media confermano questo fatto e puntano il dito contro i carburanti fossili e l’effetto serra che il genere umano ha innescato.
Ma per fortuna c’è sempre qualcuno che si dissocia dall’unica versione ufficiale e cerca di capire se c’è qualcosa che è sfuggito. La persona in questione è il fisico danese Henrik Svensmark, che agli inizi della sua ricerca aveva una convinzione. Il clima terrestre è condizionato esclusivamente dal sole e dalla sua attività. Ma come riuscire a dimostrarlo? All’inizio Svensmark mise a confronto i dati dell’attività magnetica del sole con i dati delle temperature medie del pianeta. Da questo primo confronto emerse un dato rilevante. Al crescere dell’attività magnetica solare (aumento delle macchie solari) si riscontrava un aumento della temperatura media del pianeta. Al diminuire dell’attività magnetica solare c’era una diminuzione di temperatura. Il legame fra i due fenomeni era evidente, ma qual era il meccanismo fisico che provocava queste variazioni? Successivamente, mentre si occupava di una lezione con i suoi studenti sullo studio della camera a nebbia (che serve per studiare i raggi cosmici) si rese conto che ciò che stava accadendo dentro la camera a nebbia, ovvero la formazione di scie di condensazione causata dal passaggio dei raggi, in realtà poteva accadere anche nell’atmosfera. In altre parole, così come i raggi cosmici creavano delle scie di condensazione dentro la camera a nebbia, allo stesso modo gli stessi raggi potevano creare lo stesso fenomeno in alta quota, causando la formazione delle microgoccioline che sarebbero divenute l’ingrediente principale per la formazione delle nubi. Il fenomeno, avrebbe avuto un inquadramento fisico ben preciso. Non più generate per raffreddamento e condensazione dovuto all’alta quota, ma create dalla pioggia di raggi cosmici che giungono in atmosfera. Il secondo punto era quello di cercare un legame fra raggi cosmici e attività magnetica solare. In questo gli venne in aiuto il fisico Nir Shaviv, astronomo e ricercatore dell’Università di Gerusalemme. Shaviv ha mostrato al suo collega il legame fra attività solare è flusso di raggi cosmici. Quando l’attività magnetica solare è massima, il raggi cosmici raggiungono un’intensità più bassa, quando l’attività magnetica solare è al minimo, i raggi cosmici si intensificano. Questo legame mise in evidenza un fatto particolare. Al crescere dell’attività magnetica del sole, il flusso del campo magnetico da questo generato devia i raggi cosmici e pertanto ne arrivano molti di meno sulla nostra atmosfera. Ma visto che questi raggi potrebbero essere i principali artefici della formazione nuvolosa, ecco che una loro diminuzione provoca una riduzione consistente della copertura nuvolosa della terra. Le nubi hanno la proprietà di ridurre la quantità di radiazione solare che giunge sulla superficie. Quindi più il cielo è nuvoloso e più la terra è fresca, meno il cielo è nuvoloso più la terra è calda. Quindi, se l’attività magnetica solare riduce i raggi cosmici, si riduce la copertura nuvolosa e quindi aumenta la temperatura del pianeta. Invece se l’attività magnetica solare è al minimo, si hanno più raggi cosmici e quindi più nuvole. Ma più nuvole significa temperatura del pianeta più bassa. Il meccanismo sembra semplice, ma per farlo accettare alla comunità scientifica occorrevano dei dati più significativi di questi. Inoltre, il sole ha un’attività magnetica ciclica che dura circa 11 anni. Quindi ogni undici anni si dovrebbero avere le stesse temperature. Ma i dati non mostravano questi fatti. Anzi mostravano una temperatura che va in progressivo aumento. Ad una ulteriore verifica i due ricercatori si sono accorti che c’era una diminuzione dei raggi cosmici aggiuntiva oltre a quella provocata dal sole. Ma da cosa dipendeva questa ulteriore diminuzione? La risposta a questa domanda venne proprio dall’astronomo Shaviv, il quale osservò che il nostro sole e l’intero sistema solare compiono un movimento ellittico all’interno della nostra galassia. La galassia in cui ci troviamo è composta da quattro bracci di spirale principali. Quando il nostro sistema solare si trova in questi bracci di spirale, il flusso dei raggi cosmici che giungono fino a noi è massimo (e la terra è più fredda), quando ci troviamo fuori da questi bracci di spirale i raggi cosmici che giungono fino a noi raggiungono un livello minimo (e la terra è più calda). Quando ciò accade la terra va incontro ad un era glaciale (nel primo caso) o un era interglaciale (nel secondo caso). Inoltre sapendo che il sole impiega circa 150 milioni di anni per passare da un braccio di spirale all’altro ne consegue che questo fenomeno è ciclico e che quindi ogni 150 milioni di anni la terra va incontro ad un era glaciale. Scoperto questo fatto c’era bisogno di verificarlo sul campo, facendo rilevazioni geologiche e confrontando i dati sui campioni con quelli ricavati dalla teoria. In questo gli venne in aiuto il geologo Jan Veizer, che stava appunto compiendo delle datazioni sulle ere glaciali. I dati teorici e quelli sperimentali combaciavano alla perfezione. A quel punto mancava solo di riprodurre un esperimento che consentisse di usare questo principio fisico per creare in laboratorio delle nubi artificiale che confermassero in via definitiva la correttezza teorica. La ristrettezza dei fondi e la difficoltà di realizzare un esperimento simile in laboratorio rallentarono il gruppo di ricerca. Alla fine conclusero le loro ricerche presentandole alla comunità scientifica, che stranamente (nonostante le prove oggettive fornite) tendeva a rigettare l’idea, quasi fosse una scoperta scomoda o desse fastidio a qualcuno che aveva investito molto denaro sulle energie alternative contro l’effetto serra. Dopo molto tempo e con difficoltà alla fine trovarono qualcuno che pubblicò le loro ricerche.
Il sito dei ricercatori: http://www.thecloudmystery.com/Home.html 

Dal loro documentario si evince che oggi il nostro sistema solare si trova in un braccio minore di spirale e che ne stiamo uscendo. Quindi, stiamo uscendo da un era glaciale non per effetto serra, ma per un decorso di un ciclo naturale. Per era glaciale si intende un periodo di tempo in cui sulla terra sono presenti delle calotte di ghiaccio (polo sud e polo nord). Quindi, dire che stiamo uscendo da un era glaciale, significa dire che queste calotte andranno via via sciogliendosi e che la temperatura media del pianeta andrà a cresce, con conseguenze devastanti. Sapere che questa cosa accadrà indipendentemente dall’effetto serra ci può aiutare a mettere in atto eventuali strategie, senza perdere tempo solo con la riduzione dei gas serra. Infatti se ignorassimo l’effetto dei raggi cosmici sull’atmosfera e ci concentrassimo solo sull’effetto serra, alla fine avremo perso tempo e quando la catastrofe si sarà compiuta coglierà l’umanità all’improvviso. “Curioso” il fatto che il calendario Maya aveva previsto già migliaia di anni fa la fine di questa “era” nel 2012 proprio a causa di una violenta esondazione degli oceani e di piogge alluvionali sulla terra ferma (vedi ultima pagina del Codice Dresda). Peraltro il 2012 è un anno in cui, “guarda caso”, la Nasa ha previsto anche una tempesta solare di inaudita violenza sulla quale è già scattato l’allarme della comunità scientifica internazionale. Anche l’attività sismica e vulcanica terreste infatti sono strettamente collegate all’attività solare. In base ai recenti dati sul clima e di fronte al fatto che non è solo la terra a surriscaldarsi ma tutti i pianeti del sistema solare (quindi escludendo il c.d. effetto serra come causa primaria), è possibile, anzi meglio dire probabile che gli astrofisici abbiano già capito cosa sta per accadere? E’ corretto allora continuare a considerare il calendario Maya una mera “profezia” quando per migliaia di anni gli antichi astronomi che lo realizzarono previdero anche i cicli di Venere e le eclissi di luna e sole in modo sbalorditivo (oltre a molte altre cose) o siamo ormai costretti ad ammettere che si tratta invece di un calcolo esatto cadenzato su cicli cosmici che ancora oggi conosciamo a “malapena”? E in tal caso gli scienziati potrebbero venircelo a dire? Le c.d. scie chimiche (la cui esistenza viene negata a livello ufficiale) servono forse a mitigare gli effetti più tangibili dell’imminente disastro per nasconderlo alla popolazione fino all’ultimo minuto?

Il trailer di un film molto “rasserenante”…