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DIEGO DIGERONIMO
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Volete sapere quel che sta succedendo in Grecia? Ripassate la storia dell’Argentina di qualche anno fa.
Dicembre 2001 per l’esattezza. Certamente in Grecia non si è assistito al genocidio di un popolo come in Argentina, non ancora per lo meno, ma il saccheggio è in atto già da un bel pezzo. Perché di questo si tratta, non certamente di una semplice crisi economica. Molti vi diranno: la Grecia non ha un’economia solida e non ha grandi risorse. Allora siamo andati a vedere come stanno le cose direttamente nel cuore delle risorse economiche greche: quelle turistiche: le isole.
Le isole non sono Atene. Hanno un sistema fiscale privilegiato, attualmente l’IVA si paga al 16%, comunque il doppio dell’anno scorso, ma in ogni caso sono il pilastro fondamentale dell’economia greca: gli ateniesi che durante la stagione estiva trasferiscono le proprie attività nelle isole sono centinaia di migliaia: ristoranti, taverne, bar, locali notturni, case, hotel, etc. Ma trovano lavoro nelle isole anche i cuochi, i camerieri, i mille tuttofare che d’estate abbandonano la capitale in cerca di quattro mesi di lavoro temporaneo più mance. Per non parlare delle compagnie di navigazione e delle sue maestranze, che hanno la loro casa al Pireo, roccaforte del Pasok espugnata da Syriza. E che succede oggi nelle isole?
Perché Syriza senza grandi sforzi ha conquistato anche le ‘fabbriche’ del turismo una ad una?
Cos’è che fa tanto paura all’establishment europeo da spingere Barroso e i suoi a dichiarazioni che attestano tutto e il contrario di tutto? Con pacchi di euro in una mano e un bastone nell’altra? La paura del contagio. Nient’altro. Ma quel che accade nelle isole, e un po’ in tutta Grecia, è ormai immune da questa paura. Il meccanismo di rapina è semplice ed è lo stesso seguito in Argentina. Esempio: prima di tutto ti tasso a sangue per ripianare il presunto debito. Le tasse le metto sulla bolletta della luce. E se non paghi ti stacco la luce. Semplice quanto terrorista. Allora poniamo che il proprietario di una taverna abbia da pagare due bollette della luce. Quella della sua abitazione e quella della taverna. Ovviamente pagherà per prima la bolletta di casa, non potrà privare i suoi figli della luce. Infine se ci riuscirà pagherà la bolletta della taverna.
E se non dovesse riuscirci?
Se la bolletta della luce con la simpatica addizione della super tassa europea fosse troppo onerosa? Zac zac si taglia. Poche storie. Così sta morendo il turismo greco nelle isole. E così viene spesso sostituito da quello straniero, quello cioè di chi ha abbastanza liquidi per permettersi di investire e sostituirsi ai locali. In piccolo, è la stessa vecchia storia del petrolio argentino. Ma lo stesso identico meccanismo si utilizza in Grecia sia per appropriarsi della piccola azienda che della grande.
I greci lo hanno capito e non hanno alcuna voglia di farsi prendere in giro dalla tanto sbandierata parola ‘crisi’. Non che l’economia ellenica sia florida, tuttaltro, è pur sempre un’economia tutto sommato fragile, ma il debito accumulato in anni deriva non da vizi di ‘popolo’ o di ‘etnia’. La corruzione, la concussione, le bustarelle, le tangenti che qualcuno sostiene siano tipiche dei paesi mediterranei, in realtà sono più propriamente tipiche dei paesi e delle economie più facilmente aggredibili. Può anche darsi che sia un caso, ma Portogallo, Spagna, Italia e Grecia non sono forse i paesi europei in cui la corruzione morale delle dittature fasciste non sono mai state risolte fino in fondo? E in questo discorso, a ben pensare, potrebbero rientrarci anche i paesi reduci del blocco sovietico.
Sempre eccezion fatta per la Germania, che è un discorso a parte. Sono cioè paesi mai stati veramente indipendenti. Il problema del debito pubblico oggi, come insegna l’Argentina, è strettamente legato a quello della corruzione e della inettitudine di una classe politica e dirigente. Non è la reale economia che crea le voragini del debito pubblico, ma una precisa volontà di rapina internazionale, un piano: che trova nei governanti, traditori e corrotti, dei complici. In Grecia così oggi vengono chiamati i governanti ‘europeisti’: non incapaci né tecnici o tecnocrati, ma più semplicemente traditori. Vi è una chiara percezione del piano: il greco medio ha preso coscienza improvvisamente della truffa. Un esempio fra tutti: l’acquisto di una partita di sottomarini tedeschi che sono costati una fortuna.
In Grecia non si discute più dell’inutilità o meno della commessa (come avviene per gli F30 in Italia), ma anzi dell’utilità della spesa folle per asservire al piano: più si spende in opere inutili, più ci si indebita, più velocemente la rapina potrà essere attuata. TAV, F30, le misure di Monti, la politica di austerity sono le stesse apparentemente fallimentari misure prese un po’ ovunque a partire dall’Argentina (tornate a vedere la Memoria del Saqueo per ricordare le faraoniche opere inutili che Alfonsin, Menem e De La Rue misero su nel paese dell’America Latina e che aumentarono vertiginosamente il buco).
In Grecia l’1,7% del PIL è speso per acquisti di ordigni militari di fabbricazione tedesca. In buona sostanza le chiacchiere sembrano stare a zero e la sinistra antiausterity (che non vuol dire antieuropeista) è lanciata verso un clamoroso successo elettorale e a governare la nuova posizione ellenica in seno alla Comunità Europea. Ma dunque cosà accadrà all’Europa da metà giugno in poi? Un po’ ovunque si sentono denti battere e tremare. Ettore Livini su Repubblica addirittura tratteggia scenari apocalittici: il nuovo governo greco ci costerà 11.000 euro a testa, lo spread volerà alle stelle, la nuova dracma sarà polverizzata dai mercati, l’effetto domino distruggerà le nostre banche e persino gli sportelli bancomat resteranno chiusi per chissà qual effetto di magica o stregonesca crudeltà del popolo greco.
Occorre tuttavia considerare che se gli italiani hanno ancora dei risparmi da difendere, i greci neanche quelli. E i risparmi greci non sono stati polverizzati dalle elezioni italiane (per fare un esempio) ma dalla politica di austerity: proprio quella che qui si vuole perseguire con tanta feroce ostinazione. E ancora occorre considerare che la follia dell’austerity non è stata smascherata solo dai greci, ma anche dai suoi principali protagonisti, quei francesi e tedeschi che, nelle ultime tornate elettorali, hanno mandato al diavolo proprio Sarkozy e la Merkel. Probabilmente perché consci che stanno conducendo i loro investimenti in un cul de sac. Monti sembra aver annusato l’aria e se ne è uscito con un ‘tira aria nuova in Europa’ che sa di nervosismo. Pur volendo intendere ottimismo per l’avanzata delle socialdemocrazie, in realtà sembra aver regolato la sveglia del suo personalissimo countdown. Il suo e quello dei suoi amici banchieri. Ci si avvia dunque rapidamente alla resa dei conti.
In Grecia come in tutto il Sud Europa. E se c’è una sinistra radicale che appare trionfante in Grecia è pur vero che i nazionalismi estremi trovano nuovo consenso dalla frustrazione che l’immobilismo politico impone a tutta la scena sociale europea. Dunque il gioco è aperto. La posta in palio è altissima. Non solo il pane ai nostri figli, che già di per sé è tantissimo, ma anche i diritti dei nuovi cittadini europei sono in ballo.
E se il modello argentino non è stato consumato fino in fondo, forse è perché i maghi della speculazione finanziaria hanno scordato un piccolo particolare: e cioè che, fortunatamente per noi, seppur fra alti e bassi, gli europei sono cittadini prima che popolo bue da almeno 3500 anni. E proprio grazie ad Atene. Ricordate Mediterraneo? La scritta sul muro che il tenente italiano non vuole leggere fino in fondo? La Grecia sarà la tomba… tov italòn. Ecco. Potrebbe accadere. Ma soltanto se decideremo di stare dalla parte sbagliata. E se ancora non è chiaro ai molti, a tanti invece è ormai palese che il regime oggi si chiama austerity: un piano per azzerare risorse, economia e diritti, attraverso un’arma che sembra apparentemente giusta e legalitaria: le tasse per ripianare un debito creato ad arte. Dall’altra parte invece c’è la possibilità di riprendersi il proprio incerto futuro. Anche se costasse molto. Il prezzo da pagare sarebbe probabilmente una vera crisi economica dura e complicata da risolvere. Ma per lo meno sapremmo che è quella la strada che porta ai diritti e alla creazione di uno stato sociale, che sia europeo o non.
Insomma la Grecia ha detto OKI al ricatto che subisce da anni grazie a un nuovo partito che intende riunire la sinistra sociale e a un leader di appena 37 anni che non sembra intenzionato a tradire il suo mandato. Saremo in grado di raccogliere la sfida? O lasceremo fare a Beppe Grillo? E soprattutto: ci faremo inchiodare dalla paura di restare senza bancomat attivo? Ma è utile avere un bancomat attivo se poi il conto è sempre in un ‘profondo rosso’?
Nel dubbio, io voto Syriza. Il perché è semplice: poco da perderci, molto da guadagnarci. Esattamente il contrario dei nuovi cocainici padroni.

Dario Digeronimo
Fonte: www.looponline.info
Link: http://www.looponline.info/index.php/component/content/article/784-grecia-il-cul-de-sac-per-i-padroni