di

Anna Biason

Intrigo Internazionale - Intervista al Giudice Rosario Priore - Kyklos Edizioni

“Ci sono verità che non ho mai potuto dire. Perché, pur intuendole e a volte intravedendole o addirittura vedendole chiaramente, non potevano essere provate sul piano giudiziario. Erano verità indicibili, secondo un neologismo coniato dal mio amico Giovanni Pellegrimo e, scritte in una sentenza, avrebbero potuto produrre effetti destabilizzanti sugli equilibri interni e internazionali.” Così si esprime Rosario Priore, giudice istruttore del caso Moro, di Ustica, del tentato omicidio di Giovanni Paolo II e di numerosi casi di eversione rossa e nera, al collega Giovanni Fasanella, giornalista d’inchiesta per Panorama e scrittore di numerosi saggi. Poche parole quelle di Priore, a descrivere l’altra faccia dell’Italia, fatta di verità che non si possono dire, di sottili equilibri che hanno segnato per sempre la nostra storia, gli stessi che ancor oggi determinano le nostre vite. 

Lei ha scritto un’interessante saggio: “Chi manovra le Brigate Rosse?” In questo libro riesce a dare fondatezza all’ipotesi secondo cui, le BR non fossero un’organizzazione autonoma, bensì un nucleo legato ad altri interessi. Vuole descriverci meglio l’intrigo?

L’intrigo è complesso e forse non basterebbero più libri a spiegarlo. In estrema sintesi si può dire che coloro che apparivano a capo della nostra organizzazione si recavano periodicamente a Parigi dove incontravano italiani colà residenti, francesi, arabi. Tutti collegati ad altre organizzazioni; alcuni di essi legati addirittura ad ambienti istituzionali. Riunioni delle Br erano in Italia ospitate da persone, che mai hanno dato spiegazioni sui loro interessi. Così come non si è riusciti ad accertare la storia dei finanziamenti e dei conti correnti che risultavano nella disponibilità della nostra organizzazione.

Quindi, alla luce di quanto detto, dietro all’omicidio di Aldo Moro ci sarebbero direttive da parte dei servizi segreti? Se si, che idea si è fatto lei della vicenda?

Anche su questo punto si deve ancora molto indagare. I nostri brigatisti erano legatissimi alle varie organizzazioni “rivoluzionarie” tedesche che si sono succedute nel tempo. Tali organizzazioni erano legate a loro volta ai Servizi dell’Est europeo. Molti degli attentati ad obiettivi Nato in Germania s’è detto che avessero avuto ispirazione nell’Est. Come dall’Est potrebbe essere venuta l’indicazione di campagne perché il Medio oriente non cadesse nelle mani di quel 3° giocatore che altri non era che la coalizione dei governi socialisti o socialdemocratici europei. Progetto assolutamente ostacolato dall’URSS.  

Lei è stato anche il giudice dell’istruttoria del caso di Ustica. A quali conclusioni investigative si è arrivati?

Che in quella occasione fu consumato un vero e proprio intercettamento aereo da parte di caccia di una nazionalità contro altri aerei di altre nazionalità di cui alcuni militari, certamente con funzioni di scorta con sigla 56, che sta per velivolo con capo di Stato o personalità equiparata a bordo. Un’operazione del genere non può essere compiuta senza un’organizzazione di guidacaccia. A quel tempo disponevano di guidacaccia nel Mediterraneo solo le aeronautiche di Stati Uniti e Francia. Potenze che disponevano altresì di portaerei nel nostro mare. E che quindi divennero gli Stati indiziati. In prossimità della chiusura dell’istruttoria questo dilemma fu risolto dal presidente emerito Cossiga che indicò in velivoli francesi i responsabili dell’attacco, attacco che aveva in oggetto dei velivoli libici. Queste dichiarazioni furono “confermate” da Carlos lo Sciacallo, che per essere un terrorista coinvolto in tante operazioni in Europa e in tutte le coste del Mediterraneo, e collegato con Stati ed organizzazioni di ogni genere, era più che informato anche su questo evento. Gli attaccanti erano francesi, gli attaccati erano libici che con ogni probabilità scortavano il 56 su cui viaggiava Gheddafi. Sul Tirreno e sull’Italia, ricorda Carlos, volavano sovente aerei militari libici che essendo “nemici” del Patto Atlantico, e quindi dell’Italia, dovevano essere abbattuti. Noi ovviamente chiudevamo un occhio o tutti e due.  E agli americani toccava di pattugliare i nostri cieli e i nostri mari. Come dice sempre Carlos più volte gli americani hanno ingaggiato duelli con i libici, che però ci rimettevano le penne, perché non erano assolutamente all’altezza dei piloti statunitensi.         

Il giornalista Andrea Purgatori ha affermato che la politica dovrebbe intervenire pretendendo la verità da Hollande. Accadrà mai?

Dovrebbe accadere. Che accada non so. Sarebbe doveroso. Ricordo che la Repubblica federale richiese alla Francia l’estradizione di alcuni membri della Raf; le trattative furono seguite in prima persona dal cancelliere tedesco e dal Primo ministro francese.

Nel libro “Intrigo Internazionale” riporta considerazioni relative al contesto geopolitico nella guerra combattuta in Italia. Fazioni mosse dai servizi segreti?

Essendosi trattato di veri e propri conflitti internazionali, anche se non dichiarati ufficialmente come si usava nei secoli scorsi, furono, anzi dovevano essere, seguiti dai Servizi d’informazione e sicurezza. Come si siano comportati, è altra questione. Non poche volte hanno contribuito a depistare le inchieste di maggior rilievo. Sugli attentati di origine mediorientale sulle organizzazioni operanti dal Libano e da altre parti d’Africa e d’Asia prossime, i Servizi hanno tentato di accreditare come responsabili i cristiano maroniti. Ma questi Servizi non erano deviati, ma seguivano indirizzi e strade segnate dai Governi, dai politici, da presidenti del Consiglio e ministri degli Affari Esteri, dai loro consiglieri, prima degli altri, quelli che avevano contribuito alla redazione del Lodo Moro.  

“Ancora oggi la dimensione internazionale dell’attività di potere operaio, poi di autonomia operaia e infine delle BR, è un argomento tabù. È un territorio che non dev’essere attraversato da viaggiatori troppo curiosi.” È ancora così?

Sì, è territorio di altri. Sono altre sovranità, altre giurisdizioni. Ciascuno è geloso dei propri poteri. Nella dimensione internazionale le realtà statuali, gli Stati sono ancora, e lo saranno ancora per secoli, le realtà più forti in questo genere di rapporti. 

Lei ha scritto numerosi libri che toccano temi delicati quanto questo sulle BR. È mai stato ostacolato da qualcuno o ha ricevuto minacce?

Direttamente, esplicitamente mai. Ostacolato sì, quando le prove venivano nascoste, sottratte, distrutte. Ostacolato quando occorrevano  saperi di cui pochi erano i detentori e quasi tutti vicini alle parti indagate. Parlo del sapere radaristico. Ma con ferma volontà, quasi pervicacia, ce l’abbiamo  fatta e abbiamo costruito prove solidissime.  

A cosa sta lavorando in questo momento?

Le idee sono tante; tanti i cantieri aperti. Ovviamente sempre negli ambienti dei terrorismi e di quelle stragi che ancora oggi non vedono sul banco degli imputati i veri autori e i loro mandanti.  

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