DI

SOPHIE CHAPELLE

 

Una multinazionale del petrolio chiede danni all’Italia perché protegge i litorali

E ‘la volta dell’ Italia ad essere trascinata in tribunale da una multinazionale del petrolio.

Il suo crimine ?  Voler proteggere  le proprie coste dal rischio di una fuoriuscita di petrolio. L’Italia è stata chiamata dinanzi ad una corte  di arbitrato internazionale dalla Rockhopper Exploration, una compagnia del petrolio e del gas britannico che chiede un risarcimento danni. Viene contestato all’Italia  il divieto, approvato dal Parlamento italiano a gennaio 2016, ad intraprendere nuove attività di esplorazione e perforazione entro le 12 miglia nautiche , cioè fino a  venti chilometri dalla costa [1].

La Rockhopper ha ottenuto nel 2015 le autorizzazioni per sfruttare un deposito sottomarino, situato nel mare Adriatico ad una decina di chilometri al largo della costa abruzzese.  Si stima che il deposito contenga 40 milioni di barili di petrolio e 184 milioni di m3 di gas. Dopo che la concessione è stata negata nel mese di febbraio 2016, a seguito del divieto approvato dal Parlamento italiano, ora la Rockhopper sostiene che quella decisione viola il Trattato della Carta europea dell’Energia firmata nel 1998, che recita  “fornire una piattaforma per investimenti stabili nel settore energetico”.  [2]  La multinazionale ha detto che deferirà l’Italia a un tribunale di arbitrato internazionale per aver subito un  “grave danno economico” sulla base dei potenziali utili futuri e non sulla base degli investimenti già effettuati.[3].

Questo tipo di richiesta risarcimento richiesto dalle multinazionali si sta moltiplicando, in particolare nei settori del petrolio, del gas e delle materie minerarie, dove si sta cercando di inquadrare una legislazione ambientale che tuteli l’ambiente e i lavoratori. In Europa, il gigante energetico svedese Vattenfall  sta chiedendo più di 3,7 miliardi di euro alla Germania, a titolo di compensazione per la sua decisione di abbandonare l’energia nucleare.

Anche la società canadese Lone Pine Resources   ha chiesto $ 250 milioni di dollari al Canada, in seguito al blocco imposto alle ricerche con il crack – idraulico, dal Quebec nella Valle del San Lawrence. La società civile è preoccupata che il Ceta, l’accordo di libero scambio tra  Canada e Unione Europea, appoggiato in Francia  da François Hollande, possa, nei prossimi anni, provocare nuove citazioni in giudizio a causa delle norme ambientali .

Articoli correlati sullo stesso tema:

- Plongez dans la guerre invisible que les multinationales livrent aux États
- Quand les Etats, même démocratiques, doivent payer de gigantesques amendes aux actionnaires des multinationales
- Quand des investisseurs spéculent sur les conflits commerciaux entre multinationales et Etats
- Ce petit milieu d’avocats d’affaires qui gagne des millions grâce aux traités de libre-échange
- Traité de libre-échange et arbitrage privé : une justice à sens unique en faveur des riches ?

Note

[1] Le restrizioni applicate tra il  2010 e il 2012  per effetto della  esplosione della piattaforma petrolifera « Deepwater Horizon »  sono state approvate a gennaio  2016 anche dal Parlamento italiano. Vedi in questo articolo

[2] Vedi articolo di The Times

[3]  Il giacimento scoperto nel  2008 dalla  Mediterranean Oil and Gas, che  la Rockhopper ha acquisito nel 2014 per 29,3 milioni di sterline  (33,9 milioni di euro)

Fonte