Di

JOSE’ MIGUEL TRABANCO
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L’agitazione finanziaria ed economica che il mondo sta attualmente attraversando avrà certamente molte serie conseguenze che vanno al di là di tali settori. Per certo, il suo effetto geopolitico potrebbe essere di gran lunga più serio di quanto sia comunemente riconosciuto ed è un elemento che non può essere trascurato né dai capi di stato né dagli analisti.
Alcuni studiosi sostengono di sovente che la politica e l’economia siano in qualche modo separate. Tale teoria è profondamente fallace perché politica ed economia sono strettamente interconnesse. In effetti il potere politico e la ricchezza economica si coltivano vicendevolmente. In modo simile i problemi economici molto spesso tendono a riportarci ai problemi politici ed è ugualmente vero anche il contrario.
Pertanto è abbastanza ragionevole asserire che questa crisi finanziaria avrà un enorme impatto sull’equilibrio di potere del sistema internazionale. Alcuni stati (compresi i grandi poteri) potrebbero ridefinire le proprie priorità. Altri stati in situazioni più gravi dovranno attuare dei cambiamenti drastici in riferimento alle proprie politiche.
Prendiamo il caso degli Stati Uniti. Alla fine della guerra fredda gli USA intendevano stabilire un’era unipolare in cui la loro posizione di egemonia sarebbe rimasta senza rivali (il cosiddetto “Progetto per un Nuovo Secolo Americano”). Tuttavia Washington ha dovuto far fronte a diversi ostacoli e sfide come la nascita di altri grandi poteri (la Cina e la Russia), la proliferazione di regimi anti-americani (Iran e Venezuela), come pure i pantani militari di Washington (l’Iraq e l’Afghanistan). Pertanto la posizione degli USA potrebbe essere indebolita per effetto della crisi finanziaria.
Non si sa a questo stadio se l’egemonia del dollaro prevarrà e se rimarrà indenne. Il dollaro può certamente sopravvivere, ma la sua posizione potrebbe essere criticamente corrosa. È estremamente importante tenerlo presente perché l’egemonia del dollaro è uno dei due pilastri del potere americano, insieme alla forza militare. La posizione del dollaro USA come maggiore riserva valutaria è ciò che ha consentito all’economia americana di finanziare un enorme deficit della bilancia commerciale. Una conseguenza di questo è l’accumulo del maggior debito estero del mondo, pari a quasi il 99.95% del PIL americano (?!). Ciò vuol dire che non può essere pagato, quindi cosa succederebbe se improvvisamente i creditori dell’America decidessero di riscuotere almeno una parte di tale debito? Se gli USA si rifiutassero di pagare, come reagirebbero i suoi creditori?
Per di più, la crisi economica e finanziaria potrebbe limitare enormemente le capacità operative della NATO oltre i propri confini. L’alleanza atlantica sta attualmente contemplando di aumentare la presenza militare in Afghanistan. Cerca inoltre di procedere verso est nello spazio post-sovietico. Tuttavia, tale programma potrebbe essere minacciato da altri problemi che la toccano più da vicino.
È emerso che diversi stati europei (alcuni sia membri dell’Unione Europea che della NATO) stanno già affrontando complicazioni socio-politiche causate dalle loro gravi difficoltà economiche e finanziarie (mancanza di credito, disoccupazione, svalutazione monetaria, debito estero, crescita del PIL negativa). Se la loro situazione dovesse deteriorarsi ulteriormente, non sarebbe affatto inconcepibile l’eventuale dispiegamento delle truppe della NATO nel territorio di uno o più stati membri. Lo scopo ufficiale sarebbe la preservazione della stabilità politica. L’obiettivo non ufficiale (e reale) sarebbe impedire il crollo dei governi alleati della NATO. L’Islanda, la Romania, l’Ungheria, la Grecia, la Polonia e persino l’Italia e la Francia sono in una situazione particolarmente grave. Secondo il quotidiano Der Spiegel la Gran Bretagna stessa (vera e propria culla della moderna finanza) è “sull’orlo della rovina finanziaria”.
Questo scenario potrà essere considerato inverosimile, ma persino il settore finanziario americano è in circostanze critiche. Come ha recentemente commentato il primo ministro russo Vladimir Putin “… le banche di investimento [un tempo] orgoglio di Wall Street hanno praticamente cessato di esistere. In soli dodici mesi hanno perso quello che hanno guadagnato negli ultimi 25 anni …”.
La Federazione Russa stessa non è immune. Ad esempio, i piani del Cremlino di far diventare Mosca un centro finanziario internazionale non sembrano molto verosimili adesso a causa della svalutazione del rublo. Ciononostante il governo russo sa di avere notevole capacità di manovra per attraversare la crisi. Il suo patrimonio principale è costituito dalle enormi riserve di valute estere (al terzo posto nel mondo) accumulate negli ultimi anni. Inoltre, l’esportazione russa di energia ed armi rappresenta una fonte affidabile di reddito.
Gli altri stati post-sovietici sono in una posizione più delicata. Ad esempio il Kyrgyzstan ha deciso di chiudere la base aerea di Manas (diretta dalla US Air Force) in cambio di concessioni economiche e finanziarie da parte della Russia, una vittoria geopolitica di cruciale importanza per Mosca. Questo ci insegna una lezione di vitale importanza: i mezzi finanziari sono molto utili per raggiungere gli obiettivi geopolitici. D’altro canto l’economia ucraina è piuttosto fragile e si dice che Kiev potrebbe persino riconsiderare la propria politica estera in cambio di aiuti finanziari.
Si deve tener conto del fatto che la Cina detiene le massime riserve di valuta estera del mondo e che quindi Pechino non è interamente non protetta. Tuttavia per effetto della crisi globale, i Cinesi devono evitare le conseguenze politiche potenzialmente destabilizzanti che derivano dalla disoccupazione e dal generale rallentamento dell’economia. Alcuni importanti membri dell’amministrazione di Obama hanno intenzione per lo meno di diminuire il deficit americano della bilancia commerciale facendo pressione su Pechino affinché rivaluti lo yuan cinese, ma la Cina non è ovviamente disposta ad imporre artificialmente restrizioni sulle proprie esportazioni. Tale disaccordo non deve essere sottovalutato perché potrebbe fomentare pericolose tensioni tra i due grandi poteri.
È ancora troppo presto per prevedere con precisione tutte le conseguenze della crisi finanziaria mondiale. Tuttavia, pare che ne scaturiranno dei riassestamenti geopolitici imprevisti. Il sistema finanziario, come pure l’equilibrio di potere internazionale, si sta avvicinando ad un punto di svolta estremamente critico.
José Miguel Alonso Trabanco vive in Messico ed è uno scrittore indipendente specializzato in affari militari e geopolitici. Ha conseguito la laurea in Relazioni Internazionali dal Monterrey Institute of Technology and Higher Studies di Città del Messico. I suoi principali interessi sono la geopolitica contemporanea e storica, l’equilibrio di potere mondiale, l’architettura del sistema internazionale e i nuovi poteri emergenti.

Fonte: www.globalresearch.ca
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21.02209
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MICAELA MARRI