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Attilio Folliero

 

La borsa, o meglio l’indice di borsa è di fatto il termometro che misura lo stato di salute del sistema economico capitalista. I media, a partire dallo scorso mese di settembre hanno cominciato a dare spazio alla crisi ed alla caduta delle borse, ma genericamente parlano sempre di un crollo delle borse, come se tutte cadessero e soprattutto tutte cadessero nella stessa misura.
Innanzitutto è necessario prendere in considerazione il punto di partenza da cui misurare l’effettiva variazione. Inoltre, è necessario considerare l’andamento delle altre borse, possibilmente di quella cinquantina che rappresentano le più importanti nel mondo.
Spesso i media italiani si limitano a prendere in considerazione solamente la Borsa di New York, al massimo quelle europee. La borsa di New York era di gran lunga quella più importante del mondo. Alla fine del 2007, il valore di tutte le imprese quotate a New York ammontava ad oltre 15.600 miliardi di dollari, quasi 4 volte il valore delle altre grandi borse: Tokyo (4.300 miliardi di dollari), Euronext di Parigi, Bruxelles e Lisbona (4.200), Nasdaq di New York (4.000), Londra (3.850), e le due cinesi di Shanghai (3.690) ed Hong Kong (2.650). Per la cronaca la Borsa italiana di Milano occupava il diciottesimo posto, tra le borse più importanti, con un valore ammonante a poco più di 1.000 miliardi di dollari.
L’indice della borsa italiana (il Mibtel) rappresenta lo stato di salute del capitalismo e dell’economia italiana. Possiamo subito dire che lo stato di salute dell’economia italiana è in una fase alquanto critica e sicuramente in una situazione di gran lunga peggiore rispetto a tanti altri paesi europei e del mondo.
Nell’ultima settimana, tra il 28 febbraio ed il 6 marzo (vedasi la tabella riguardante l’andamento delle principali borse del mondo nell’ultima settimana) la borsa italiana non solo ha perso il 14,26% del suo valore, ma in assoluto è la peggiore tra le 53 più importanti borse del mondo, da noi monitorate. Anche se nessuna ha perso come quella italiana, tutte le borse europee e nord-americane chiudono la settimana in perdita. Il Dow Jones perde oltre il 6%. L’unica borsa europea in crescita è quella di Mosca (+5.84%), che chiude la settimana borsistica dietro solamente alla borsa cinese di Shenzhen (+8,43%). In testa, esclusa la borsa russa, troviamo tutte borse asiatiche, mediorientali e latino-americane.
Se consideriamo i dati relativi al 2009, dall’inizio dell’anno ad oggi (6 marzo), il MIBTEL registra una caduta del 28.86%; la borsa di New York sta un po’ meglio (si fa per dire!) di quella italiana, dato che il suo indice, il Dow Jones è precipitato del 24,49%, così come la borsa spagnola che, nel 2009 perde il 25.19%.
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Se ampliamo lo sguardo al resto delle borse del mondo (vedasi la tabella riguardante l’andamento delle principali borse del mondo nel 2009), ci rendiamo conto della consistenza della crisi italiana , statunitense e spagnola. Delle 53 borse più importanti del mondo e da noi prese in considerazione per questa analisi, la borsa italiana occupa il penultimo posto! Solo la borsa di Cipro, che nel 2009 ha perso il 37.24% del suo valore con cui aveva chiuso il 2008, ha fatto peggio della borsa italiana.
La graduatoria è capeggiata da due delle tre grandi borse cinesi (Shenzhen e Shanghai) che stanno guadagnando oltre il 20%. Anche la borsa di Ceylon, sempre in Asia e del Venezuela, in America Latina, guadagnano oltre il 7%.
Come si vede, la graduatoria dell’andamento delle principali borse del mondo è capeggiata dalle borse dei paesi asiatici, del Medio Oriente e dell’America Latina; ossia l’andamento delle borse ci dice esattamente in che direzione sta andando il mondo. Per incontrare la borsa di un paese europeo bisogna scendere fino al diciottesimo posto, occupato dalla borsa di Stoccolma, che comunque perde dall’inizio dell’anno più dell’8%. La vecchia Europa e l’America del Nord non solo sono in crisi, ma sono ormai al tramonto.
Se analizziamo l’andamento delle borse nel 2008 (vedasi la relativa tabella), scopriamo che è stato un anno difficile per tutte, essendo tutte in perdita, ma una cosa è perdere il 7% come la borsa di Caracas, la migliore al mondo nel 2008, altro è perdere un terzo del suo valore, come la borsa di New York, altro ancora è perdere poco meno del 50%, come la borsa italiana o il 60% delle borse dei paesi dell’Est Europa e delle borse cinesi, od oltre il 70% della borsa russa o cipriota.
Però, pensiamo che per avere un quadro più ampio della situazione e per renderci effettivamente conto di quanto sia grande la perdita è necessario analizzare l’andamento delle borse dall’ottobre del 2007, quando tutte erano ai loro massimi storici (o quasi). Dovendo prendere come punto di riferimento un giorno di ottobre del 2007, abbiamo preso il 9, giorno in cui il Dow Jones di New York raggiunse il suo massimo storico, almeno per quanto riguarda il dato della chiusura. Per l’esattezza, la borsa di New York raggiunse il suo massimo storico durante la seduta dell’11 ottobre 2007 (per uno studio più approfondito sul Dow Jones vedasi “Dow Jones dal 1895 in poi”.
E’, appunto analizzando l’andamento delle borse mondiali da quella data ad oggi che ci rendíamo conto della reale portata di questa crisi. Tutte le borse stanno perdendo (vedasi la tabella relativa all’andamento delle borse dal 9 di ottobre 2007 ad oggi), anche se la miglior borsa del mondo, quella del Venezuela perde solamente il 2,54% e come abbiamo visto, la borsa di Caracas nel 2009 sta guadagnando e quindi potrebbe da un giorno all’altro azzerare le perdite e passare in terreno positivo. Colombia, Siria e Iran, che seguono nella graduatoria stanno perdendo attorno al 20%; la borsa del Cile perde il 30%; le borse asiatiche di Malesia e Ceylon e quella del Sudafrica perdono poco meno del 40%; per tutte le altre la perdita è superiore al 40%. L’unica borsa europea che perde meno del 50% è quella di Londra (-46.63%); New York perde oltre il 53%.
Per renderci conto della portata di questa crisi, tradotto in soldi significa che gli oltre 15.000 miliardi di dollari di valore che aveva la Borsa di New York alla fine del 2007, sono diventati 9.200 miliardi di dollari alla fine del 2008 ed oggi sono 6.900 miliardi di dollari (vedasi tabella della capitalizzazione delle principali borse del mondo). Una contrazione, che secondo noi può continuare ancora per molto (vedasi nostro studio realizzato ad ottobre, secondo il quale il Dow Jones potrebbe scendere anche del 90%).
E la borsa italiana? Ha perso oltre il 66% del suo valore che aveva ad ottobre del 2007, ossia tradotti in soldi i 1.070 miliardi della fine del 2007 sono diventati 522 miliardi al 31/12/2008 ed oggi 6 marzo sono scesi a soli 380 miliardi di dollari. Certo i capitalisti italiani si possono sempre consolare pensando che i loro colleghi dell’Est Europa alla data odierna accumulano perdite dal 70% all’80% ed oltre, come i ciprioti che stanno andando verso perdite dell’ordine del 90%.
Un breve discorso a parte meritano le borse cinesi, che perdono tra il 50% ed il 60%. Mentre per gli USA non ci sono grandi possibilità di ripresa, anzi prevediamo possibile la dissoluzione dell’Unione (vedi nostri articoli: “Il destino del dollaro e dell’economia capitalista statuntense”, “Due crisi a confronto: quella del 1929 e quella odierna” ed uno studio più approfondito in preparazione), passando prima per la fase della Repubblica delle banane (definizione data da Paul Craig Roberts, analizzando il futuro immediato degli USA, ossia prima del 2012), per la Cina le cose possono andare diversamente e migliorare.
Le borse cinesi, nel 2009 hanno cominciato a salire, con oltre il 27% la borsa di Shenzhen ed il 20% la borsa di Shanghai. Ad ottobre avevamo preventivato che la Cina si sarebbe ripresa (vedasi il citato articolo “Il Dow Jones potrebbe scendere anche del 90%“). Infatti, la Cina ed altri paesi asiatici emergenti, come l’India, hanno fondato il proprio sviluppo sulle esportazioni; per avviare la ripresa dopo le grandi perdite del 2008, questi paesi possono sviluppare il mercato interno. Dato che il proletariato in questi paesi rasenta la schiavitù, con stipendi da fame di pochi centesimi di dollari l’ora, per sviluppare il mercato interno, il capitalismo cinese, rinunciando ad una parte dell’enorme profitto, può aumentare gli stipendi degli operai, permettendogli di accedere al mercato e di conseguenza creare le basi per la ripresa economica, fondata appunto sullo sviluppo del mercato interno. E’ quello che di fatto sta avvenendo in Cina in questi mesi. Di qui la spiegazione dell’aumento delle borse cinesi, in questa prima parte del 2009.

Fonte: www.lapatriagrande.net

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