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L’ottimismo deve essere come la risata. Contagioso. Perchè, qualche settimana fa, anche il presidente americano Barack Obama – in perfetto Berlusconi’s style – ha dato, coraggiosamente, il suo contributo alla litania de “la crisi non è poi così grave” e “il peggio è passato”. E ha cominciato a parlare di segnali positivi sul fronte dell’economia a stelle e strisce. E perchè, giusto ieri, anche il New York Times – seguendo le orme di certi altri New York Times e Cnn de’ noantri – ha pensato bene di dare i numeri (gli ultimi, in ordine di tempo, sullo stato di salute dell’economia). Ma colorandoli a tinte pastello. Tinte che – in questo caso – erano quanto mai fuori luogo.

Al solito, comunque, andiamo per ordine. E partiamo dai fatti. E da come sono stati raccontati. Ieri sono arrivati – freschi freschi – gli ultimi dati sui consumi negli Usa. E il New York Times, nella sua edizione on line ha scritto nero su bianco:
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The government reported that retail sales fell again as consumers spent less on gasoline, appliances and groceries, signaling that they are not likely to begin spending in droves anytime soon. (…) The Commerce Department reported that retail sales fell a seasonally adjusted 0.4 percent last month.


Ovvero e in italiano:

Il governo ha annunciato che le vendite al dettaglio sono scese ancora, perchè i consumatori hanno speso meno in benzina, elettrodomestici e cibo. Il che indica che non ricominceranno a spendere tanto presto. (…) Il dipartimento del commercio ha riportato che le vendite al dettaglio (…) sono scese del 0,4% lo scorso mese.

Numeri che sono stati riportati – pari pari – anche dalla stampa titolata italiota (ossia i soliti “La Stampa”, “Corriere”, “Repubblica” e “Sole 24 ore”). Senza grandi commenti. E soprattutto, dimenticando – come il New York Times – un piccolo dettaglio. E infatti. Le vendite sarebbero calate solo – si fa per dire – dello 0,4%. E qui il “si fa per dire” è doveroso. Perchè la spesa dei consumatori americani – ogni 30 giorni – vale al’incirca 300 e passa miliardi di dollari. Quindi uno 0,4% non è poca cosa. Ma il punto è un altro. Ovvero: d’accordo il calo è dello 0,4%, ma rispetto a quando? Un’ottima domanda. Che aveva – e ha – un’ottima risposta. Bastava cercarla nel comunicato ufficiale del Census Bureau (insomma: l’ufficio statistiche, diciamo). Che ieri ha annunciato che:
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(…) estimates of U.S. retail and food services sales for April, adjusted for seasonal variation and holiday and trading-day differences, but not for price changes, were $337.7 billion, a decrease of 0.4 percent (±0.5%)* from the previous month and 10.1 percent (±0.7%) below April 2008.

Ossia e sempre nella lingua de’ noantri (e pure un po’ sintetizzato):

le stime delle vendite al dettaglio negli Stati Uniti erano di 337 miliardi di dollari, con una diminuzione dello 0,4% rispetto al mese precedente e del 10,1% rispetto all’aprile 2008.

In altre parole. E per parlar chiaro. I consumi ad aprile non sono calati. Ma – rispetto a un anno fa – crollati di un buon dieci per cento. E nei mesi precedenti non è che le cose fossero andate tanto meglio. Tanto che l’andamento delle vendite al dettaglio si potrebbe riassumere così:

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(via Calculated Risk)

Un bel tuffo, non c’è che dire. Che spiega bene perchè le Borse mondiali, ieri, sono tornate a navigare nel profondo rosso. E che non promette nulla di buono. Perchè se in una società basata sul consumismo, i consumi calano (e, per di più, così brutalmente), allora significa che qualcosa – davvero – non va.

E cos’è che non funziona, dunque, nel Paese guidato dal neo-presidente Barack Obama? Beh, semplice. Il tutto si potrebbe riassumere con un altro tuffo. Questo:

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(via Calculated Risk)

Un grafico che – tradotto in numeri – vuol dire che: secondo, il Bureau of Labor Statistics del governo Obama, da dicembre 2007 ad oggi, sempre negli Stati Uniti, si sono persi qualcosa come 5,7 milioni di posti di lavoro. Di più. Solo nell’ultimo mese – aprile 2009; quello, secondo Obama, dei segnali positivi – gli Usa hanno registrato 539mila nuovi disoccupati. Spedendo così il tasso di disoccupazione all’8,9%. Un dato che fa pendant con quello dell’Europa (in zona euro la disoccupazione ha già raggiunto la stessa soglia – l’8,9% – ma a marzo). E che non lascia spazio a dubbi. Complessivamente: gli americani spendono meno, perchè o hanno perso il lavoro; o hanno ragioni – più che fondate – per temere di perderlo presto. E quindi – in vista di tempi bui – si tengono (più stretti) i risparmi.

Unico neo: questa è una spirale che rischia di autoalimentarsi. Pericolosamente. Perchè – nella società dei consumi – se i consumatori spendono meno, calano i profitti. Se calano i profitti, le aziende licenziano. E i licenziati spenderanno ancora meno. E avanti così. Una spirale negativa che – in un mondo sempre più piccolo e interconnesso – non ha tardato a far sentire i suoi effetti anche al di fuori dei confini americani. Tanto è vero che anche la Cina – primo partner commerciale Usa – ad aprile, e come ha scritto giusto ieri il Financial Times, si è esibita in un triplo carpiato. Incassando un tuffo – cioè un crollo delle sue esportazioni – del 23%.

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(via Financial Times)

E la storia dei segnali positvi? Beh evidentemente non deve essere arrivata fino a Pechino, ha ironizzato il Financial Times. Che in un lungo editoriale ha osservato che:
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Doesn’t Beijing know there is a recovery under way? Chinese exports fell 23 per cent in April compared with the same month last year. That is worse than March’s 17 per cent drop and falls short of economists’ forecasts too.

Non lo sa Beijing (cioè Pechino, ndA) che è in corso il recupero? Le esportazioni cinesi, ad Aprile, sono calate del 23%, rispetto a un anno fa. Un risultato che è perggiore del -17% di Marzo e per giunta sotto le aspettative degli economisti.

Ironia tutta anglosassone. Che però il governo di Hu Jintao non deve aver apprezzato più di tanto. Perchè a Pechino e dintorni, c’è ben poco da ridere. Secondo l’accademia delle scienze sociali cinesi, la disoccupazione è già arrivata a quota 9,4%. E ben 30 milioni di persone – tra i contadini immigrati dalle città nelle campagne – vivono oggi senza guadagnare un quattrino. Risultato: secondo l’agenzia di stampa Bloomberg, uno dei pochi business sicuri in Cina, oggi, è quello dei sistemi di sorveglianza.

Insomma: anche questa settimana ha portato una nuova infornata di dati. E una nuova doccia fredda per il partito degli ottimisti. Che però – va detto – hanno ottime ragioni di esserlo. Dopo che le banche centrali di mezzo – quella giapponese, americana, inglese e zona euro – hanno portato il costo del denaro vicino allo zero; e dopo che i governi hanno impegnato tutti i denari a disposizioni e stimoli e salvataggi – le cartucce sembrano alla fine. E ora non rimangono altro che le belle parole. Che poi, almeno, hanno un pregio. A differenza di incentivi e salvataggi di banche vari, non costano nulla.

Anzi, ci permettiamo di dare un suggerimento: perchè non cominciare a dire che la crisi può essere un’occasione per imparare il distacco dai beni materiali?

Fonte: www.bamboccioni-alla-riscossa.org