traduzione di Giuditta

Una manifestazione di indigeni a Yurimaguas, 6 giugno (Enrique Castro-Mendivil, Reuters/Contrasto)

“Il governo peruviano sostiene che degli indigeni armati di lance e frecce hanno ucciso 25 poliziotti armati di Kalashnikov, camionette blindate ed elicotteri, spogliandoli di tutte le loro armi, e uscendo dallo scontro con solo tre morti nelle loro file. Se fosse vero, dovrebbe dimettersi mezzo governo, a cominciare dal ministro dell’interno, perché significherebbe che il Perù ha le forze di sicurezza più incapaci del mondo”.
Nelson Manrique, editorialista del quotidiano peruviano La República, analizza freddo i tragici fatti di Bagua, dove il 5 giugno sono morte decine di persone, e non risparmia accuse al presidente Alan García Pérez.
“La storia che il governo ci sta raccontando è un goffo tentativo di nascondere la verità”, spiega Manrique. “Gli indigeni dicono che almeno cinquanta di loro sono morti negli scontri. Ma per García gli indigeni non hanno nessuna dignità, nemmeno dopo la morte. L’insensibilità con cui il governo li disprezza, chiamandoli ‘selvaggi’, è spaventosa”.
“La prima responsabilità della tragedia è di Alan García, che ha portato avanti il programma che consegna la terra dell’Amazzonia peruviana alle multinazionali. Imponendo queste leggi, ha violato i diritti dei popoli indigeni, sanciti da trattati internazionali che il Perù ha sottoscritto, violando così anche la costituzione. Le espropriazioni dei terreni degli indigeni vanno avanti da anni. La loro indignazione, anche se non giustifica l’uccisione dei poliziotti presi in ostaggio, è comprensibile e prevedibile”.
“Qualche anno fa, un politico disse che la vera forza del Perù erano le comunità contadine millenarie. Era il 1986, e quel politico era Alan García Pérez”.

Da Internazionale.it