Torno subito, Concita de Gregorio, L'Unità, G8, bamboccioni, bamboccioni alla riscossa, ferie, ombrellone

Se non ci fosse, bisognerebbe inventarla. Che il direttore dell’Unità, Concita De Gregorio fosse dotata di penna facile e capace di scrivere qualunque cosa su qualunque cosa, era noto ed evidente a tutti gli italiani alfabetizzati. Del resto, per guidare il giornale di un partito funambolo come il fu Piccì ora Piddì – che dell’abitudine di cambiare idea e nome un giorno sì e l’altro pure ha fatto una specie di marchio di fabbrica – ci voleva una giornalista così. Navigata (dopo tanti anni a Repubblica). E – diciamolo – pure molto flessibile. E Concita – grande amante delle ospitate tivù in casa di Michele Santoro come di Daria Bignardi; con fronte corrucciata di ordinanza e capelli impeccabilmente phonati – da questo punto di vista non ha mai deluso.

Il Piddì che prima predicava la “flessibilità”, si metteva a combattere una crociata pro precari? No problem. Lei giù a vergare – come se nulla fosse; e stile “chi ha dato, ha dato e chi ha avuto ha avuto” – editoriali accorati e sdegnati sui poveri còcòcò e còcòprò (mentre tra l’altro una raffica di giornalisti còcòcò e còcòprò venivano tutti licenziati dal suo editore). Oppure il Piddì si dava ai rebus, cambiando idea per ben tre volte in due anni sulle tasse che prima erano “bellissime” (Padoa-Schioppa); poi andavano abbassate per tutti (Veltroni); e infine andavano aumentate ma solo ai ricchi, però (Franceschini)? Ari-No problem. Lei sempre lì – sempre presente, sempre con nonchalance – a spiegare che no, che mica era un mistero della fede, che era tutto chiaro come il sole a partire dalle meraviglie e dalla giustizia di tributi e balzelli; e tanti saluti a soreta. E a chi leggeva, pareva di vederla Concita, mentre finiva di vergare, si aggiustava il capello phonato e diceva: tiè, anche questa è andata.

Che stile, Concita. Straordinaria, Concita. E uno dice: vabbè, non riuscirà mai più a spiazzare e a sorprendere. E invece, no. Ce l’ha fatta ancora Concita a prendere tutti in contropiede. Per alcuni giorni (8 come gli 8 grandi del G8, per la precisione) la sua rubrica – anzi il suo blog – sull’edizione elettronica de “L’Unità” era rimasta una casella vuota dell’home page del giornale. Ferma. Un altro mistero, insomma. Poi – tàc – il coniglio dal clindro. Scrive oggi il direttore:

sono in vacanza. da qualche giorno e per qualche giorno ancora non sarò in redazione. leggo i vostri commenti e posso, da oggi in poi, pubblicarli senza ritardo. continuate, se volete, a scrivere. grazie, concita

Ah, però. E dirà qualcuno di voi: bel rispetto per i lettori/elettori – mentre l’Italia, come scriverebbe lei, è vittima di un “male oscuro” (Berlusconi), di un “sultano” (Berlusconi), di “piaghe mortali” (Berlusconi); mentre “i cittadini appaiono smarriti” e sempre più poveri e sempre più avviliti (per colpa, ovvio, di Berlusconi) – sparire così sotto gli ombrelloni, senza “resistere” al proprio desk alla dittatura mediatica che avanza e, soprattutto, senza nemmeno avvisare. Ma non è quello il punto. Il punto è: ma con tutti i giorni che ci sono in un anno, proprio nella settimana del G8 a L’Aquila – dove poteva succedere di tutto (da un terremoto a un attentato) e mentre gli occhi del mondo, come avrebbe scritto sempre lei, erano puntati su di noi – dicevamo: ma proprio adesso doveva andare (giornalisticamente) in vacanza? Evidentemente, sì.

Più che la passione e lo sdegno (antiberlusconiano), potè la spiaggia.

Link