La crisi economica è davvero così catastrofica? “Basta andare in giro per le strade per rendersi conto che non è così. La recessione qui sarà meno grave che negli altri Paesi europei. E le nostre banche, che hanno evitato la crisi, aiuteranno la ripresa“. Parola di primo ministro. Ma non del nostrano Berlusconi Silvio da Arcore. Bensì – udite udite – dell’iberico (e dal nome extralarge) José Luis Rodríguez Zapatero. Che con queste dichiarazioni – rilasciate orgogliosamente in un’intervista a Newsweek (e ripresa lunedì scorso da El País) – avrà fatto sollevare più di un sopracciglio. E scatenato pure qualche risata.

Motivo delle risate? Semplice. La Spagna – come promesso da Zapatero – in campo economico ha effettivamente superato a todo el mundo. Ma in direzione esattamente opposta a quella prevista, un paio di anni fa, dal suo primo ministro. Una realtà incontrovertibile. Ben raccontata – per esempio – dal settimanale britannico “The Economist”. Che, in un articolo pubblicato giusto qualche giorno fa, ha messo in fila numeri agghiaccianti. Punto primo: il Pil spagnolo nell’anno di disgrazia 2009 dovrebbe scendere del 4,2%. Secondo: la disoccupazione è già balzata al 18%, uno dei dati peggiori d’Europa, se non il peggiore in assoluto. Terzo: a causa di un faraonico piano per costruire nuove opere pubbliche (da 8 miliardi di euro) e di un crollo del gettito fiscale, il debito pubblico spagnolo sta andando alle stelle; tanto che il deficit tra entrate e uscite, sempre secondo The Economist, dovrebbe arrivare nel 2009 al 10% dell’intero Prodotto interno lordo spagnolo. Più che un buco, una voragine. Zapatero dal canto suo, e con il suo inconfondibile ottimismo, ha promesso che aumenterà le tasse e che tutto andrà a posto. Il leader dell’opposizione Mariano Rajoy, forse troppo pessimista, gli ha mandato a dire che riempirlo quel benedetto buco è ormai una missione impossibile, visto che l’ economia spagnola appare in caduta libera. E per di più flagellata da una massiccia deflazione (mirabile visu: fare la spesa a Madrid e dintorni, scrive oggi El País, costa un 3-4% in meno di un anno fa).

Purtroppo: le parole in stile occhiali rosa di Zapatero – magari accompagnate dai dati agghiaccianti di quest’anno infelix della Spagna – non hanno avuto grande spazio su giornali e tiggì tricolori. E dire che – ai tempi d’oro – i maitre-à-non-penser della sinistra che siedono nelle redazioni della “Repubblica” e de “L’Unità” avevano fatto del fattore “Z” un vero e proprio simbolo. E dire pure che una nota comica – ora opinionista invero un po’ sgarrupata – gli aveva perfino dedicato il titolo di un film, con un bel “Viva” davanti. Certo: oggi parlare, come il Wall Street Journal, di quella bolla immobiliare che sta travolgendo Madrid farebbe poco fino. E forse un po’ troppo casareccio in un Paese come il nostro che di speculazione edilizia e artifizi economici vari se ne intende. Eppure: il fatto che Zapatero – che secondo la gauche caviar italiana doveva rappresentare l’esatto opposto della “deriva berlusconista” – ora parli come un “berluscones” e prometta, contro ogni evidenza, che il suo Paese uscirà dalla crisi meglio degli altri; dicevamo: ’sto fattarello dovrebbe dare da pensare.

Pensare cosa? Che Zapatero – come Berlusconi – dice quel che dice per tranquilizzare gli elettori imbufaliti (che se si spaventano troppo, smettono di spendere, facendo collassare l’economia). E per evitare una fuga dei capitali stranieri. E infatti il primo ministro spagnolo l’intervista ottimista l’ha rilasciata al settimanale americano Newsweek. Balle (a fin di bene), insomma. O – se preferite – una politica che assomiglia sempre di più al marketing. Con politici che fanno da piazzisti e imbonitori. Non sarà il massimo. Ma – se è così – è bene saperlo. Qui come a Madrid.

 

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