di

Massimo Mazzucco

Questo discorso di Robert Kennedy è dedicato al Ministro Maroni:

Il ritorno di Spartaco
Nel 73 a.C. esplose lungo le coste sud del Tirreno la rivolta popolare scatenata da Spartaco, che era iniziata con la fuga da Roma di un manipolo di gladiatori che si erano ribellati al loro destino di carne da spettacolo.
Costretti a lottare uno contro l’altro per la sopravvivenza, tenuti in vita solo per servire i privilegi dei benestanti, gli schiavi-gladiatori avevano scalato le mura della loro prigione ed avevano iniziato la loro rincorsa verso la libertà.
L’armata di Spartaco, che cresceva lungo il percorso, devastava sistematicamente campagne e villaggi, mentre massacrava intere armate di militi romani mandati a combatterla.
Quando a Roma giunse voce che l’armata di Spartaco aveva superato i 100.000 uomini, …
… il senato incaricò il pretore Marco Crasso di assemblare 8 intere legioni, che si misero all’inseguimento dell’armata ribelle, costringendola ad accamparsi nell’estremo sud della Calabria, sullo stretto di Messina. Una volta rinchiusi i rivoltosi nel cul-de-sac, Crasso fece costruire una barriera di trincee e palizzate che attraversava la penisola dal Tirreno allo Ionio, con l’intento di far morire letteralmente di fame gli schiavi in rivolta.
Con l’arrivo dell’inverno, e le riserve alimentari ridotte al minimo, Spartaco tentò una azione disperata, riuscì a forzare la barriera di Crasso, e si lanciò in una nuova serie di scorrerie verso nord che avrebbe nuovamente terrorizzato tutto il sud della penisola. Crasso si lanciò al suo inseguimento, ma avrebbe dovuto perdere ancora molte migliaia di uomini, prima di riuscire a sconfìggere definitivamente i rivoltosi.
Oltre 2000 anni dopo, nel 2010 d.C., un gruppo di schiavi si è ribellato, in quel di Calabria, alle condizioni disumane in cui si trovano costretti a vivere. La loro prigione non è più fatta di mura, ma è determinata dal “libero mercato”, che sfrutta la loro manodopera mandandoli a raccogliere arance e mandarini per le tavole dei benestanti. Pagati poche lire, controllati dall’andrangheta, gli immigrati di Rosarno sono costretti a vivere in gelidi capannoni fatiscenti, senz’acqua e senza servizi igienici, alla mercè di malattie e intemperie.
E’ bastato che due di loro venissero feriti alle gambe da qualche cittadino intollerante, ed è esplosa la rivolta, con distruzioni, incendi e demolizioni delle auto di passaggio. Per ora non è morto nessuno, ma la tensione è alta, ed il rischio persiste.
Preoccupato per la situazione, il governo di Roma ha incaricato il prefetto Manganelli, che “in serata ha disposto l’invio a Rosarno di un "consistente contingente di uomini delle forze di polizia, per assicurare il miglior controllo del territorio e garantire serenità a tutta la popolazione presente".” (ANSA).
Mentre i rivoltosi si sono rinchiusi nei capannoni occupati, la popolazione ha ”costruito una barricata, composta da auto, copertoni e cassonetti dei rifiuti, per impedire agli immigrati di fare altri raid in paese.”
La Storia si ripete, identica a se stessa.
E’ improbabile che gli extra-comunitari cerchino di sfondare la barriera, ed è ancora più improbabile che si dirigano poi verso nord, per terrorizzare il resto della penisola. Nè peraltro verranno massacrati e passati a fil di spada, una volta ridotti all’impotenza, come accadde invece agli uomini di Spartaco. Alcuni di loro verranno arrestati, altri espulsi, altri ancora riassorbiti in qualche modo negli strati più infimi del tessuto sociale.
Ma le dinamiche di fondo, cioè la catena sfruttamento-rivolta-repressione, rimangono le stesse, e tali rimarranno finchè l’umanità non avrà accettato il sacrosanto principio che siamo veramente tutti uguali, e che abbiamo tutti lo stesso diritto ad una vita dignitosa, in un mondo senza più sfruttamento dell’uomo sull’uomo, dove non ci siano più nè schiavi ne padroni.

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