di

Fulvio Grimaldi


A Fiorenzo Capriotti che combatté nella gloriosa Unità di avanguardia
“la Decima Flottiglia Mas” della Marina Italiana nella seconda guerra mondiale; Che ci fu di grande aiuto per fondare e addestrare l’unità di Comando della nostra marina, durante la Guerra d’Indipendenza, identificandosi completamente, con devozione e spirito di sacrificio, a suo rischio e pericolo.
In cambio di questo contributo alla rinascita dello Stato d’Israele gli porgiamo come omaggio il titolo: COMANDANTE AD HONOREM DELLA TREDICESIMA FLOTTIGLIA.
Il sottoscritto Ammiraglio Ami Ayalon, Comandante in capo della Marina Israeliana.
(Pergamena nell’Achivio-museo dell’Immigrazione clandestina e della Marina – Haifa. Ne potete trovare la copia esatta in Eric Salerno: “Mossad base Italia”. La trovate anche in rete)

(Cari amici, questo pezzo è spropositatamente lungo. Leggetelo, se volete, negli intervalli delle vostre più interessanti attività. Prometto che, dopo un prossimo post di saluto a coloro che mi hanno affettuosamente accompagnato nello scontro con Liberazione e il PRC, mi taccerò per un po’.)

Non richiede spiegazioni quanto sopra. E’ il documento che esalta il ruolo avuto dalla punta di diamante nazimafiosa del fascismo repubblichino, la banda criminale X Mas di Junio Valerio Borghese, nel tenere a battesimo e addestrare il militarismo neonazista israeliano. E’ l’avvio, già preparato dall’intesa tra Bund ebraico e regime hitleriano sulle deportazioni a fini di colonizzazione della Palestina, di una sinergia basate sull’affinità ideologica e operativa tra questo Stato, fuorilegge in tutti i suoi aspetti, i fascismi e le estreme destre mondiali, o al potere, o cospiratori contro poteri democratici. E anche l’avvio di una collaborazione tra Mossad ed eversione antidemocratica italiana che vanta punte alte come il sequestro dell’eroico smascheratore di Israele nucleare, Mordechai Vanunu, o l’eliminazione di Aldo Moro. E neanche lo scritto del finto anti-mafia e vero sicofante mossadiano Roberto Saviano, che aggiungo in calce al post, merita commenti. Se c’era chi ancora si abbarbicava all’icona costruita dall’unanimità destra-sinistra, ora dovrebbe essere servito. Non c’è bisogno di confutare lo spurgo tossico di questo trombettiere dell’imperialismo-sionismo e dei suoi metodi mafio-terroristici. Bastano le foto sulla contiguità tra gli orrori hitleriani e quelli della dinastia terroristico-militarista che va da Ben Gurion a Netaniahu. E basta la constatazione di come il modello della pulizia etnica e sociale sionista sia ora lo strumento unitariamente adottato dalle “democrazie” occidentali per perpetuare la dittatura interna e realizzare la riconquista colonialista planetaria. Il nazifascismo razzista e teocratico israeliano, mascherato nei suoi connotati ideologici e nei suoi arnesi pratici dalla complicità mediatica universale, è stato assunto come modello dai governi della “comunità internazionale”.

Nulla da dire in proposito, caro sindacato dei giornalisti che a Piazza Navona, il 1. luglio, ti vesti di prosopopea legalitaria, strabicamente protestando contro i bavagli del guitto mannaro e ignorando gli autobavagli che ti imponi sulle architravi della menzogna capitalista mondiale: terrorismo islamico, 11 settembre, Balcani e Milosevic, Iraq, Saddam, una strategia della “crisi” finalizzata al restauro del rapporto padroni-schiavi durato tanti bei secoli? Nulla da dire sulla singolarità di un giornalismo anti-bavaglio che tra veli ginofobi, fondamentalismo islamico, clericalismo, diritti civili, pari opportunità, in cui si compiace di sciacquare i panni della sua libera espressione, non trova da inserire un trafiletto su 150mila trogloditi ashkenaziti d’Israele, polacchi, russi, lituani, caucasici, mai stati semiti, che l’altro giorno, europeamente razzisti, hanno urlato contro la convivenza in scuola tra i loro figli e quelli dei sefarditi, minoranza araba, semita, convertitasi nei tempi all’ebraismo? E che hanno imposto, nell’unica democrazia del Medioriente, settori separati negli autobus tra donne e uomini. Roba da far morire di gelosia un emulo becero come il leghista Salvini. Dove è finita Giuliana Sgrena, l’irriducibile pasionaria delle donne svelate, dall’Algeria a Gaza, da Tehran a Kabul? Nulla da dire, soprattutto, sulle gigantesche montature e i megainganni, le bufale grossolane, le truffe cosmiche diffuse dagli apparati del dominio e della guerra, che la “libera stampa” in tutti i suoi componenti ha passivamente, se non gioiosamente recepito e propagandato. Hanno mai solleticato, non dico la censura, la condanna, ma anche solo l’attenzione dell’Ordine dei Giornalisti (guai, comunque, ad abolirlo come vorrebbe Pannella per far posto ad ancor più velinari e corifei), custodi della deontologia, o della Federazione della Stampa, che dice di sorvegliare correttezza e veridicità dei suoi iscritti? E di un Claudio Pagliara, TG1, che fornisce notizie della stessa qualità del fosforo bianco defecato dai suoi padrini su Gaza, nulla da rilevare? Emilio Fede può continuare a sputtanare la sua, la nostra categoria, come nemmeno l’Appelius del Duce, e Vittorio Feltri e Bruno Vespa possono continuare a dimostrare raffinate competenze di provocatori e pali del regime e nessuna di natura professionale, senza che Roberto Natale, presidente FNSI, fluente e tonitruante sul palco dell’anti-bavaglio di Piazza Navona contro cancellazione e manipolazioni del diritto alla verità, neppure arricci il naso?

Israele e i suoi necrofori non sono solo attivi ovunque si tratti di condurre operazioni sporche per eliminare contrasti all’avanzata dei lanzichenecchi imperiali e dei loro fantocci locali, dall’America Latina tutta al Kurdistan, dal Pakistan all’Asia Centrale, dall’Italia da sempre centrale europea del Mossad (vedi Brigate Rosse), a qualsiasi area di crisi dove occorrano alla fascistizzazione provocazioni terroristiche, attentati, infiltrazioni, squadroni della morte assassinii mirati, falsi oppositori, opposti estremismi, stragi. Il modello culturale, psicologico, comportamentale, di questo carcinoma dell’umanità muove anche gli squadristi di Pacifici che assaltano chi, sotto l’effige dell’occupante killer Shalit appesa al Campidoglio dall’omologo sindaco fascista (i suoi camerati Fini e Gasparri, intanto, si crogiolano nell’ospitalità nazisionista a Gerusalemme), osa ricordare gli 11mila esclusi dalla libertà, dal diritto, dalla salute, dall’incolumità, che marciscono nelle carceri della tortura israeliane. C’è il veleno del cobra israeliano nei rastrellamenti, nei sequestri di persona, nelle mazzate e nei gas tossici che gli energumeni in divisa da sbirro infliggono a inermi cittadini in marcia contro l’olocausto umano e ambientale che la genìa dei licantropi capitalisti vuole allestire per quattro quinti degli esseri viventi, da Genova a Toronto, da Derry ad Atene, da Scanzano a qualsiasi capannello di operai, studenti o pensionati, da Cucchi ad Aldovrandi, dal sovraffollamento delle carceri contenuto a forza di botte e alleggerito dai suicidi, alla liquidazione di qualsiasi soggetto irregolare. Irregolare rispetto alla regola di chi costruisce un mondo immerso nell’oscurità per abbeverarsi di sangue prima che torni la luce.

Il cannibale si nutre di sangue e dove non riesce a succhiarlo a forza di usura bancaria, macelleria sociale, randellate poliziesche, rapina di risorse, Fondo Monetario, Banca Mondiale, ONU, Organizzazione Mondiale della Sanità (o delle epidemia da laboratorio), immunità dei predoni e criminalizzazione dei depredati, si lancia in guerre di sterminio. E indovinate chi è di nuovo il capofila, lo stratega, l’incendiario, il più bulimico di morte? Finora avevo evitato di inserirmi nello tsunami dei vaticinatori di un’imminente aggressione all’Iran. Consideravo la complicità tra occupanti Usa dell’Iraq e colonizzatori persiani troppo preziosa per il mostro bicefalo USraele da rischiarne la rottura a favore di un Iran che in Iraq vanta una quinta colonna ben più efficace dei detestati marines e dei controllori israeliani dei due capibanda kurdi. Ma ora sono entrati in gioco fattori nuovi che potrebbero, in aggiunta alla psicopatologia bellica di quasi tutta la società che ha invaso e occupa la Palestina, far saltare quell’equilibrio di collisione-collusione che è costato agli iracheni dall ‘80 al 2010, dall’aggressione iraniana su mandato USraeliano al settimo anno di occupazione, quattro milioni e mezzo di morti e quattro milioni di erranti.

Di fronte all’appannamento, sotto i colpi del proprio agire criminale, dello status internazionale di Israele, al di là della storica intesa colonialista e guerrafondaia con gli Usa, all’entità sionista è rimasto poco più della complicità dello Zio Tom palestinese dell’ANP che, peraltro, continua a superare asticelle sempre più alte della vergogna e del disonore. Prima, bloccando l’accettazione della Commissione ONU di Goldstone sulle efferatezze di Piombo Fuso, poi sollecitando il Fuehrer sionista a non allentare l’embargo sui propri fratelli a Gaza, infine cercando di impedire che al Consiglio ONU dei Diritti Umani passasse la richiesta turca di un’inchiesta indipendente sui lanzichenecchi all’attacco della flottiglia “Free Gaza”. E c’è un Valentino Parlato che rimbrotta coloro che al decaduto, ma non dimissionario, presidente Abu Mazen riservano la qualifica di “quisling”. Vada, Valentino, a dare un’occhiata al sito electronicintifada.net/v2/article11350.shtml e al documento autentico inviato dal governo di Abu Mazen al suo rappresentante a Ginevra Ibrahim Khraishi perché stoppasse la sacrosanta richiesta turca.

A Israele non sono serviti gli squallidi servitorelli del suo fantoccio ANP. Nè per la commissione Goldstone, che è diventato patrimonio di ogni coscienza non contaminata, né per l’inchiesta sul massacro della flottiglia, che è stata approvata, alla faccia da manichino Upim di Frattini. Sta a mezz’asta la bandiera con la stella di Davide, lacerata dall’irriducibilità di una resistenza di popolo e dalla crescente solidarietà che a essa arriva, infangata dagli schizzi delle infamità commesse. Il contesto geopolitico e d’immagine è tale da richiedere, nella mentalità forsennata di chi pensa di prevalere costi quel che costi, un’ulteriore e più forte cataclisma. Ha sempre campato, il neonazismo sionista, sulla presenza, vera o inventata, di un nemico mortale. Quello palestinese era predeterminato dalle parole dell’ideologo Vladimir Jabotinsky nel 1937, più tardi supportate dalle grandi potenze cristiane: Il popolo palestinese ha ogni diritto e tutte le ragioni, come tutti i popoli colonizzati, di battersi contro l’invasione e la costituzione di una maggioranza alloctona Non ci darà mai il suo consenso, salvo con una piccola cricca di corrotti e venduti. Perciò è necessario costringerlo ed eliminarlo. Questa deve essere l’unica nostra politica araba. Vada a leggersi i pronunciamenti democratici di questo padre fondatore, il lottatore anti-crimine Saviano. Ma ad irrobustire una colonizzazione genocida, fatta passare per avanzata della civiltà e della democrazia, ci voleva una cornice più vasta e di perenne utilizzo: l’antisemitismo. Concetto fondato su una falsità storica (il semitismo di un popolo indoeuropeo venuto dall’Asia centrale) e su un episodio storico (la Shoah), ma collocato sullo sfondo cosmico di un’ideologia onnipervasiva e non sradicabile, tanto da poter essere fatta riemergere all’occorrenza, specie quando Israele fa il suo passo di licantropo più lungo della gamba, come nel massacro di Gaza, o l’assalto alla flottiglia, o gli assassinii del Mossad in giro per il mondo, o quando gli infanticidi di Re Erode diventano troppo famelici..

Oggi il nemico, rinchiuso Hamas nella sua striscia e reclutato l’ANP tra i suoi domestici, reso sbrindellato e sempre più discutibile, anche tra i suoi storici come Ilan Pappé e Shlomo Sand, il paradigma dell’eterna vittima, del ritorno alla terra dei padri, dell’identità semitica perseguitata a prescindere, doveva essere uno davvero grosso. Uno che ti costringe a giocarti il tutto per il tutto. Lo richiede una collettività nazionale tenuta insieme esclusivamente da un isterico sciovinismo determinato da paure indotte, che però inizia a dare segni di lacerazione e conflittualità interna. Lo rende necessario la già descritta caduta d’immagine, come ribadita da un crescendo internazionale di critiche e, quanto meno, di abbandono di una tolleranza senza limiti. C’è perfino nella conclamata “comunità internazionale” chi rabbrividisce di fronte a uno Stato, sempre più evidente nella sua arbitrarietà (anche qui, grazie ai “nuovi storici” soprattutto israeliani), che nel suo delirio di impunità, immunità e onnipotenza, rischia di mandare a ramengo ogni equilibrio mondiale, i suoi meccanismi economici, sociali, propagandistici, politici, con conseguenze di una portata catastrofica come l’umanità non se l’era neppure mai immaginate. Infine, un nemico che ancora una volta sappia far accodare dietro ai nazisionisti il colto e l’inclita, le destre e le sinistre, è diventato di urgenza estrema di fronte alle nuove configurazioni geopolitiche e geostrategiche che stanno emergendo.

Dopo il fronte dei paesi latinoamericani, che hanno strappato quasi un intero continente alla disponibilità di Usa e alleati, l’asse del tutto inaspettato tra Iran, Siria e Turchia, nuovi protagonisti della regione, legati alla realtà emancipata latinoamericana e con alle spalle, a dispetto delle sanzioni opportunisticamente votate contro l’Iran in cambio di contingenti concessioni, i due grandi poli planetari Cina e Russia. Un asse a baricentro islamico che potrà procurare ansie alla satrapie sunnite in Egitto e Arabia Saudita, ma che esercita sicuramente fascino e stimolo alla mobilitazione tra le masse arabe in potenziale rivolta contro governi parassitari, oppressivi e sfruttatori, riconosciuti come rinnegati rispetto sia alla comunità araba, sia all’umma islamica.

Potrà aver sorpreso solo i soliti naives, pronti a incoronare il primo pagliaccio magniloquente alla Obama, il fatto che la grande armada passata per Suez e ora davanti alle coste persiane, a congiunzione con la più vasta concentrazione bellica mai vista da quelle parti, includesse accanto ai sommergibili nucleari dei dementi di Tel Aviv, anche portaerei e altre navi da guerra statunitensi. Ma come, non aveva Obama fatto quel bel discorso del Cairo di apertura all’Islam? Ma come, non aveva ripetuto che con le sanzioni e le ri-sanzioni ci si sarebbe acquietati in vista di un accomodamento con gli ayatollah? Ma come, non era già sufficientemente impelagato in Afghanistan e aveva promesso di uscirne entro il 2011? A parte il fatto che l’uomo è una totale mistificazione, come doveva bastare a convincercene la burla della riforma sanitaria, la svolta a U sulla politica ambientale, la rinuncia a qualsiasi pur lieve mordacchia alle sanguisughe della finanza, l’estensione della sua “politica di pace con le bombe” a Pakistan, Yemen, Somalia, è profondamente cambiata la configurazione di una scacchiera su cui pareva che l’unica superpotenza rimasta avesse dato scacco matto al resto. Dall’Afghanistan, che registra per gli invasori la più alta mortalità dal 2001, ormai una decina di mercenari al giorno, e una totale adesione della popolazione alla pluralistica coalizione di resistenza, trovano pretesti per fuggire alla disfatta generaloni che fino a ieri si atteggiavano a Rommel. L’intero paese è sotto controllo delle forze di liberazione, salvo qualche enclave disperatamente difesa per garantire la sopravvivenza dei briganti collaborazionisti e del loro traffico di eroina, indispensabile fondo di garanzia per le speculazioni di Wall Street e affini, e si è dovuto ricorrere al solito Petraeus perché, come in Iraq, intorbidasse un po’ le acque di una crisi senza scampo, comprando a suon di miliardi qualche capotribù. Si sa come è andata a finire l’operazione “Consigli del Risveglio”, o “Figli dell’Iraq”, con cui si era cercato di formare una milizia di venduti sunniti da controbilanciare i tagliagole sciti e da usare contro la Resistenza, in cambio di soldo e protezione dall’epurazione confessionale scito-iraniana.

Il soldo è finito, gli Usa hanno ritirato ogni sostegno e il regime scita ha ripreso indisturbato a fare pulizia confessionale. In compenso, nonostante che Tehran abbia imposto alle varie fazioni di ex-fuorusciti sciti di unificarsi per esprimere un regime cliente con cui perpetuare la liquidazione dei nazionalisti sunniti, a quattro mesi dalle cosiddette elezioni quella combriccola di fetecchie corrotte non è ancora riuscita a mettere in piedi una parvenza di governo. Caos e probabile nuova guerra civile, assolutamente inopportuni per gli avvoltoi Usa del petrolio e per una strategia che doveva fare dell’Iraq un retroterra per gli assalti all’Iran e all’Asia centrale. C’è da ridere a pensare come i proconsoli sciti dell’Iran reagiranno all’eventuale guerra USrealiana al loro padrino.

C’è però chi a Washington considera che un attacco all’Iran potrebbe rimettere in questione l’egemonia perduta in Iraq. I gaglioffi messi in sella a Baghdad, pur di non soccombere a una collera nazionale sempre pronta a riesplodere e, del resto, di nuovo in evoluzione armata negli ultimi sei mesi, annichilito il mandante e garante persiano, non dovrebbero – si spera – avere troppi scrupoli a riaccucciarsi sotto il tacco a stelle e strisce. Ecco perché la flotta congiunta israelo-statunitense nel Golfo, ecco perché non si notano più quelle increspature nell’unità sacra con Israele, quei tentennamenti di settori anche militari, in particolare Petraeus, davanti a ogni virulenza aggressiva in cui venivano trascinati gli Usa dal socio di maggioranza. Maggioranza parlamentare, mediatica e criminale. Uno, la guerra in Afghanistan è perduta e, perduta quella, non si verrà più a capo neanche della colonizzazione del Pakistan. Non basta raccontare ai quattro venti che l’ISI, il servizio segreto pakistano, è in combutta con i Taliban, anzi li dirige. Non pare che questa denuncia abbia raccolto attorno alle mire Usa (e indiane) sul Pakistan nucleare una nuova “coalizione dei volenterosi”. Insisteranno ancora con le “operazioni speciali”, con le stragi dei droni Cia nei villaggi, con le incursioni dei delinquenti Blackwater tra una popolazione renitente al richiamo del colonizzatore. Ma dell’insieme Afghanistan-Pakistan non ne verranno a capo. Non in questo modo, non con questi mezzi.

A Obama e alla conventicola di furfanti spiritati che lo fa ballare dai fili non basta mascherare e diluire nel tempo una sconfitta epocale (che comunque ha fruttato ai suoi burattinai nel Pentagono e nelle multinazionali, qualcosa come 400 miliardi di dollari sottratti ai cittadini). A questi, come a Israele, occorre una nuova guerra. Obama non ne vedrà l’esito, come non vedrà quello afghano, pakistan, iracheno, come neanche Bush l’ha visto. Fra due anni è fuori. Forse per allora l’Iran non si sarà rivelato un’altra catastrofe totale (anzi, ai saprofiti dell’economia di guerra avrà colmato nuovi forzieri). Ma di sicuro Obama non potrà andare alla rielezione puntandosi sul petto almeno il nastrino di una vittoria, quella vittoria. La perseguirà, magari in termini nucleari, un suo successore alla Sarah Palin. Intanto, calcolano a Washington e a Tel Aviv, la crociata delle democrazie e della civiltà contro gli oscurantisti fanatici col turbante (“turbanti” li chiamano, umanisticamente rispettosi, gli inviati “Lettera 22” del “manifesto”), promossi con qualche attentato ben firmato a nuova fucina del terrorismo internazionale, avrà cementato una volta di più complici, vassalli e opinioni pubbliche mobilitate dal terrore.

Il capo dell’agenzia Usa addetta alla soppressione di persone, Stati e verità, Leon Panetta, sistemata la Colombia con l’insediamento alla presidenza colombiana dell’amico inventore dei locali squadroni della morte, Manuel Santos, ha detto due cose complementari. La prima è che da dieci anni non si hanno più notizie di Osama Bin Laden (e nessuno ha rilevato che con ciò ha ridicolizzato e annichilito una montagna di video e audio che ce lo rifilavano a sparare cazzate utili a Bush e Obama nei momenti di stanca del sostegno popolare). E ce lo sapevamo, come tutti gli addetti alla questione. Salvo i giornalisti anti-bavaglio e i loro sindacalisti. Lo spaventapasseri Cia era morto di diabete nel dicembre del 2001. La seconda: l’Iran è a due anni dall’approntamento della bomba atomica. Il significato dell’uscita doppia e simultanea è trasparente: molliamo l’Afghanistan, dato che quelli di “Al Qaida sono ormai appena una sessantina” (McChrystal) e non hanno più nemmeno Satana per loro capo, ma blocchiamo i preti con la bomba. Ne esce un Obama pacifista tra le macerie e le ecatombi di Iraq e Afghanistan, difensore dei lumi e dell’umanità di fronte a musulmani ottenebrati, in preda a delirio di riconquista moresca. E’ un deja vu ? Che fa. Ci si ricasca sempre, anche perché una bella spinta la danno le solite “sinistre”. Tant’è vero che sono da contare su un dito indice i giornalisti, di solito invisi al sindacato perché ne evidenziano i deragliamenti dalla libertà di stampa, che hanno sottolineato la clamorosa contraddizione di questo fuffarolo al cianuro, tra quanto afferma su una bomba persiana tra due anni e quanto la sua agenzia, poco tempo fa, sancì in un documentato rapporto: che cioè l’Iran aveva dismesso fin dal 2003 ogni progetto nucleare militare. Ma questo era prima che Israele e Usa tornassero ad artigli sottobraccio.

Ma c’è anche un Obama che deve sciogliere con un lavacro all’uranio e al fosforo la crosta di greggio che gli si è rovesciata addosso, spurgata dal buco che i suoi mallevadori hanno fatto nel fondo del Golfo del Messico. Il sangue della Terra va lavato col sangue degli uomini. Per eliminare dalla scena la più grande e significativa catastrofe ecologica, quella dalle conseguenze irrimediabili – e già il Grand Guignol della Crisi, i tagli alle condizioni di vita dei popoli, i mondiali di calcio, hanno fatto un bel lavoro in questo senso – ci vuole qualcosa di più impressionante ancora. Qualcosa che quanto meno terrorizzi e superi ogni altra preoccupazione.

Se non la guerra, la minaccia della guerra imminente, inesorabilmente nucleare. Una guerra che potrebbe, in modo più diretto delle cosiddette misure di austerità e di quelle di polizia che le accompagnano, porre davvero fine alla convivenza e alla sopravvivenza come ancora le conosciamo, o piuttosto come dobbiamo incominciare a ricordarle. Nel Golfo del Messico è successo qualcosa che potrebbe abbattere un Abraham Lincoln. Per mesi hanno occultato fatti, misfatti, colpe. Fiducioso nei suoi sponsor petroliferi, BP del complice britannico in testa, al punto di una totale obnubilazione, Obama la prima settimana di quest’emergenza, non solo degli Stati sud dell’Unione, ma del mondo, l’ha passata in vacanza alle Hawai. Fidava nelle bugie che gli spin-doctors, i manipolatori mediatici suoi e della BP, facevano circolare e nella militarizzazione del territorio con i gorilla delle solite compagnie private che impedivano a giornalisti e investigatori di avvicinarsi all’area. E’ stata una foto satellitare del National Geographic a rivelare la dimensione e la portata dell’emorragia: almeno 100mila barili al giorno, fatti passare finchè si è potuto, per 5mila. Poi si è passati agli “interventi”, bruciando nel processo altre due vite di operai, oltre alle 9 già disintegrate nello scoppio di un condotto per la cui valvola di sicurezza la BP non aveva voluto spendere un centesimo di quanto dà in dividendi oggi. Una pagliacciata dopo l’altra: campane, perforazioni laterali, bome, solventi tossici, roghi… Obama sa, la BP sa, sa l’uomo della BP, Ken Salazar, che fa il ministro degli interni e dirige il più corrotto ente statale Usa, quello delle attività minerarie, zeppo di lobbisti ed ex-dirigenti delle petrolifere. Sanno che a quell’emorragia dalla pancia della Terra non c’è rimedio tecnologico. Che quella ferita scavata dalla demenziale voracità degli avvelenatori del pianeta continuerà a sanguinare per anni, che, uccisi l’economia e gli ecosistemi del mare e costieri, la macchia lunga quanto non si potrà più calcolare e alta più di un chilometro seguirà le correnti e azzannerà la vita di continente in continente. La corrente del Golfo che determina le condizioni climatiche e quindi di vita dell’Atlantico lungo l’Europa fino all’Artico, trascinerà fin lì, fin qui, alle porte del Mediterraneo e oltre, l’infernale misciotto di greggio e di solventi chimici. In buona sostanza, si sta uccidendo il mare, con il mare tutto ciò che il mare tocca, la terra, l’aria. Un’aria nella quale si leveranno vapori mefitici che ne muteranno la composizione e il comportamento e che ricadranno su di noi. Insomma, è partito un effetto a catena che non si ha la minima possibilità, oggi, di fermare, ma che di sicuro cambierà molte cose. Tutte in termini di catastrofe.

Ecco perché l’Iran, ecco perché alla frenesia di stragi israeliana gli sta andando bene con gli Usa. Sempre che prima non capiti sottomano qualcuno dalla vittoria meno improbabile, che so, un Chavez, un Castro, un Morales, un Mugabe. Anche se la posta in gioco, credo, meriti un Iran. Intanto cosa fa il duo Scajola-Prestigiacomo, quello che si è affannato a negare ogni presenza di nave dei veleni nel mare calabrese, prima ancora che l’apposita nave attrezzata iniziasse la sua ricerca e dopo che un po’ di gente, che le aveva scoperte e denunciate, scomparisse, probabilmente nel calcestruzzo? Che fa? Prosegue con coerenza nella cura appassionata del mare e di chi ci vive dentro e attorno: 95 nuove concessioni di trivellazione per petrolio, 24 nel Mediterraneo, per un’estensione vasta come l’intero Abruzzo. Non ci facciamo mancare niente. Obama docet.
E ora leggetevi, a consolazione, Roberto Saviano, eroe.

Roberto Saviano 11 giugno alle ore 18.02 Segnala

sostenere che Israele “è pronto a rendere impossibile la vita di un milione e mezzo di innocenti nella striscia di Gaza pur di ottenere la liberazione di un unico soldato tenuto prigioniero” per me non sarebbe illegittimo. Se così stessero le cose. Invece, guarda un po’, è una cazzata: Ghilad Shalit è stato rapito il 25 giugno 2006 e l’embargo è stato varato dopo che Israele ha dichiarato Gaza “entità nemica” dopo che Hamas ha preso il potere a Gaza espellendo Fatah nel giugno 2007. Nello stesso momento l’embargo è statao annunciato anche dall’Egitto.

Ciò significa anche che l’embargo non è stato applicato nemmeno dopo la vittoria di Hamas alle elezioni nel gennaio 2006 (altra cazzata che si legge). Tutto questo come politica della mano tesa di Israele verso Abu Mazen e nonostante Hamas non abbia rinunciato alla sua carta fondativa.

L’islam radicale è marcio. non può essere che estirpato. Gaza è assediata dagli arabi semmai. L’Egitto ha edificato un muro per difendersi dagli estremisti di Hamas. Al fatah (il partito di Arafat corrotto sin nel midollo ma con un principio democratico) è stato espulso da Gaza.

Nel merito: appunto, a Gaza non c’è crisi umanitaria, chi lo sostiene non conosce i dati e ignora il fatto che a) Israele fa passare aiuti tramite i valichi di terra, b) Hamas si impossessa degli aiuti come denunciato da Ong, c) l’Egitto, la grande sorella araba, fino al 1 giugno non faceva passare nessun aiuto e sta costruendo un muro al confine con Rafah. Ora hanno aperto momentaneamente perché hanno paura, giustamente, di essere identificati con il nemico israeliano. Non solo, ma l’altro ieri gli egizi hanno bloccato un convoglio “umanitario” dei fratelli mussulmani diretto a Gaza dopo l’apertura del valico, chissà come mai.

Sul punto che sollevi riguardo all’efficacia dell’embargo (non “assedio” attento alla terminologia dio), ti rimando a questa cosa sotto che ho scritto proprio su questo tema in uno dei tanti dibattiti di questi giorni. Il punto è che sono tutti buoni a fare questa critica, ma tra quelli che l’hanno posta, non ce n’è uno che abbia proposto una soluzione alternativa. Il dramma è veramente grande, Israele non ha nessun interesse nella striscia di Gaza, e quindi il fatto stesso di doversene occupare è una tragedia.

Cerca di essere aperta. la roba che gira nei siti di sinistra è vergognosa, come le balle che raccontavano sull’est comunista. I comunisti non cambiano mai.
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A Saviano, ma anche alle organizzazioni dei giornalisti che tanto clamoreggiano contro bavagli, censure e disinformazione, presentiamo questo biglietto da visita dello Stato d’Israele:

vanta il primato mondiale dei centri abitati distrutti ed etnicamente puliti (550)
– vanta il primato mondiale degli alloggi demoliti (oltre 6000)
– vanta il primato mondiale delle condanne ONU (oltre 500) e dei veto Usa in sua difesa (100 e passa)
– Israele ha ucciso più civili innocenti in proporzione al totale della popolazione di qualsiasi altro paese (più di 50.000)
– Israele ha sequestrato e imprigionato più civili in proporzione alla popolazione di qualsiasi altro paese (più di 400.000)
– Israele ha reso invalidi più civili, in proporzione alla popolazione, di qualsiasi altro paese
(oltre 50.000)
– Israele ha ferito più civili innocenti in proporzione alla popolazione globale di qualsiasi altro paese (oltre 200.000)
– Israele è il solo paese al mondo che nega il diritto al ritorno dei profughi
– Israele è l’unico paese al mondo che occupa un paese intero e parti di altri paesi
– Israele è l’unico paese al mondo che ruba tutta l’acqua ai suoi vicini
– Israele è l’unico paese al mondo che sradica alberi e distrugge case a titolo di punizione collettiva
– Israele è l’unico paese al mondo che ha legalizzato l’assassinio
– Israele è l’unico paese che costruisce colonie su territori occupati
– Secondo il Guinness, Israele ha dichiarato il più alto numero di coprifuoco della storia e ha installato il più alto numero di posti di blocco del mondo
– Insieme agli Usa, Israele è il solo paese ad aver costruito un muro di segregazione
– Insieme al Sudafrica del passato, Israele è il solo paese a praticare l’apartheid
– Israele è l’unico paese i cui partiti perseguono apertamente la pulizia etnica della popolazione autoctona
– Israele è l’unico paese al mondo che imprigiona bambini per motivi politici
– Israele………

Alla Sapienza, il 17 giugno scorso, hanno appassionatamente conversato di ideologia neofascista di ritorno e di razzismo, protagonisti della comunità ebraica italiana come Tullia Zevi, Gad Lerner, Luciano Eusebi. C’era pure il vecchio amico di Israele e di ogni causa ambigua ma di poco rischio, Pietro Ingrao. Hanno invitato con forza la politica a misurarsi con questi problemi. Quali? Gli immigrati in Italia e… l’antisemitismo.

Fonte: http://fulviogrimaldi.blogspot.com