DI

MARGARET COKER E LIZ RAPPAPORT
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All’inizio del 2008 il fondo sovrano libico, controllato dal colonnello Moammar Gheddafi, ha affidato 1,3 miliardi di dollari al gruppo Goldman Sachs per investirlo in valute e in altri complicati strumenti finanziari. Gli investimenti hanno perso il 98% del loro valore, secondo i dati di un documento interno di Goldman.

Quello che è avvenuto dopo potrebbe essere una delle più caratteristiche note a piè di pagine della crisi finanziaria globale. Nel tentativo di ripianare le perdite, Goldman offrì alla Libia la possibilità di diventare una dei maggiori azionisti, in base a documenti e a persone a conoscenza dei fatti.
Le trattative tra Goldman e l’Autorità Libica per gli Investimenti proseguirono per mesi durante l’estate del 2009. Alla fine, le comunicazioni vennero interrotte e niente fu fatto per ripianare le perdite subite.

L’analisi di questo strano episodio getta luce su un periodo di alcuni anni in cui Goldman e altre banche occidentali facevano la fila per fare affari con questa nazione ricca di petrolio, diventata ora un paria della scena internazionale a causa dei suoi attacchi contro i civili nel conflitto in corso. Il resoconto delle negoziazioni di Goldman con la Libia si basa su interviste fatte a una decina di persone coinvolte, e sui documenti di Goldman e dell’Autorità Libica per gli Investimenti.

Alcune persone riferiscono che la Libia fosse furiosa con Goldman per la perdita quasi totale del miliardo e trecento milioni di dollari investiti in nove acquisti di azioni e in un cambio di valute. Il confronto avvenuto a Tripoli tra un manager del fondo e due funzionari di Goldman fece tanto venire la tremarella ai banchieri da costringerli a telefonare nel panico ai propri boss. Goldman ingaggiò un agente per proteggerli prima della loro partenza dalla Libia, che sarebbe avvenuta il giorno successivo.

Le discussioni all’interno di Goldman su come riprendere la relazione non andata a buon fine furono intavolate da Lloyd C. Blankfein, il direttore della compagnia e amministratore delegato, David A. Viniar, il suo direttore delle finanze, e Michael Sherwood, il manager di più alto livello di Goldman in Europa, in base ai documenti controllati dal Wall Street Journal e alle parole delle persone coinvolte nelle trattative. Tutti e tre i dirigenti hanno declinato l’invito a rilasciare un commento.

Goldman offrì al fondo l’opportunità di investire 3,7 miliardi di dollari nella compagnia finanziaria. Tra il maggio e il luglio del 2009 i dirigenti di Goldman fecero tre proposte che avrebbero dato alla Libia azioni privilegiate o titoli privi di collaterali in Goldman, in base ai documenti preparati da Goldman per il fondo. Ogni proposta garantiva un flusso di pagamenti che avrebbe alla fine ripianato le perdite.

Al tempo, le banche USA ricevevano pressioni dal governo statunitense, tra le altre cose, per i propri livelli di capitalizzazione. Nel settembre del 2008 la Berkshire Hathaway Inc. di Warren Buffett riuscì a concludere una trattativa per investire 5 miliardi di dollari in Goldman, rifornendo così la Berkshire di un flusso di contante di cassa e la possibilità di rilevare circa il 10% di Goldman stessa. Alla fine di maggio del 2009 la Federal Reserve comunicò a Goldman di essere riuscita a passare il suo "stress test", e con questo l’azienda non avrebbe dovuto accantonato capitale aggiuntivo. Goldman ripagò Berkshire lo stesso aprile.

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Le iniziative per contattare i funzionari libici non ebbero successo. Nessuno rispose al telefono al quartier generale del fondo sovrano a Tripoli, e il suo sito web e le email non funzionavano. In febbraio, le Nazioni Unite, gli Stati Uniti e l’Unione Europea imposero nuove sanzioni al colonnello Gheddafi, ai membri della sua famiglia e alla gran parte dei beni e delle aziende statali libiche.

Nel 2004 il governo degli Stati Uniti elevò un primo pacchetto di sanzioni che vietò alle compagnie americane di fare affari o di investire in Libia, dopo le quali il colonnello Gheddafi acconsentì nell’eliminare le armi di distruzione di massa e nel pagare il risarcimento per il bombardamento dell’aereo di linea avvenuto sopra Lockerbie, in Scozia. Tutto questo aprì la strada a decine di banche europee e statunitensi, agli hedge funds e ad altre agenzie di investimenti per infiltrarsi nella nazione nord-africana.

L’Autorità degli Investimenti Libica inaugurò la sede al 22esimo piano di quello che era l’edificio più alto di Tripoli e partì nel giugno del 2007 con circa 40 miliardi di dollari in asset. La Libia avvicinò venticinque istituzioni finanziarie, offrendo a ciascuna la possibilità di gestire almeno 150 milioni di dollari, come ricorda una persona a conoscenza dei progetti del fondo.

Presto iniziò a disseminare frazioni del proprio capitale nelle aziende di tutto il mondo. Oltre a Goldman, queste istituzioni comprendevano Société Générale SA, HSBC Holdings PLC, Carlyle Group, J.P. Morgan Chase & Co., Och-Ziff Capital Management Groupe Lehman Brothers Holdings Inc., secondo una registrazione interna del fondo che è stata verificata dal Journal.

HSBC, Carlyle, J.P. Morgan e Och-Ziff si sono rifiutate di commentare. Société Générale ha detto questo “rispetta tutte le regole e le disposizioni in vigore” nelle trattative con "molti fondi sovrani".

“La nazione ha preso la matura decisione di unirsi ai grandi”, disse Edwin Truman, un importante membro del Peterson Institute for International Economics ed ex assistente del Segretario al Tesoro. Fino ad allora, le somme del fondo d’investimento erano depositate nella Banca Centrale Libica, ottenendo scarsi ritorni da obbligazioni di alta affidabilità.

Goldman colse al volo l’opportunità. Nel maggio del 2007 alcuni partner di Goldman si incontrarono con i libici nel loro ufficio londinese. Mustafa Zarti, l’allora direttore aggiunto del fondo, e Hatem el-Gheriani, il suo capo-ufficio agli investimenti, invitarono i clienti di Goldman per andare a visitare il quartier generale del fondo in Libia. Zarti era un sodale molto stretto del figlio del colonnello, Gheddafi Saif al-Islam, e un amico di lunga data del comandante libico.

Quando quel luglio arrivarono a Tripoli, i partner di Goldman furono salutati calorosamente dai più alti funzionari del fondo e da un gruppo di impiegati senza esperienza che speravano di far diventare il loro fondo uno dei più consistenti al mondo nel suo genere. La squadra di Goldman comprendeva il capo delle vendite a reddito fisso per l’Europa e il manager che seguiva i clienti nel Nord Africa.

Ma per i libici, l’attrazione principale era Driss Ben-Brahim, il capo di lingua araba della gestione del commercio con i mercati emergenti, che sedeva in uno degli uffici più remunerativi e si pensava fosse tra gli impiegati più pagati.

Un ex direttore dell’Autorità Libica per gli Investimenti ricorda che "tutti erano in soggezione di Driss. Era come una rockstar […] mentre noi eravamo nullità. Ci sentimmo onorati dalla sua presenza."

Goldman subito dopo offrì ai libici l’opportunità di investire 350 milioni di dollari in due fondi gestiti dall’unità per la gestione degli asset di Goldman, secondo la testimonianza di persone coinvolte nelle trattative. L’accesso a questi fondi era riservato solo ai migliori clienti della compagnia e ai partner di Goldman. I libici accettarono.

Youssef Kabbaj, il dirigente della Goldman a capo del Nord Africa, divenne un frequentatore abituale dell’Autorità Libica per gli Investimenti e la banca di investimenti lavorava per espandere questo rapporto. Ha lavorato con il management del fondo su alcune proposte per gli investimenti e ha incoraggiato i giovani impiegati ad approfondire la propria conoscenza finanziaria frequentando le sessioni di aggiornamento di Goldman, secondo quanto detto da queste persone.

Goldman intavolò presto una nuova trattativa con i libici per delle opzioni – investimenti che danno ai compratori il diritto di acquistare azioni, divise o altri asset in una data futura a un prezzo prefissato. Tra gennaio e giugno del 2008 il fondo libico pagò 1,3 miliardi di dollari di opzioni scelte tra un paniere di divise e sei azioni: Citigroup Inc., la banca italiana UniCredit SpA, lo spagnolo Banco di Santander, il gigante delle assicurazioni tedesco Allianz, la compagnia energetica francese Électricité de France e quella italiana Eni SpA. Il fondo avrebbe iniziato a ottenere profitti se i prezzi delle sottostanti azioni o divise fosse salito ai livelli contrattati.

Ma quell’inverno la crisi del credito si scatenò in tutta la sua forza, facendo fallire Lehman Brothers e le banche in tutto il mondo dovettero affrontare la crisi finanziaria. Il miliardo e trecentomila dollari di opzioni furono colpiti in modo molto pesante. Il valore dei titoli sottostanti crollò e tutti gli scambi persero soldi, secondo i dati di un memorandum interno di Goldman controllato dal Journal. Il memorandum evidenziava che gli investimenti avevano un valore di circa 25,1 milioni di dollari nel febbraio del 2010, con una perdita del 98%.

I funzionari del fondo sovrano accusarono Goldman di aver mascherato le modalità dell’investimento e di aver concluso la trattativa senza un’effettiva autorizzazione, secondo le parole di persone a conoscenza dei fatti. Nel luglio del 2008, Zarti, il direttore aggiunto del fondo, convocò Kabbaj, il direttore di Goldman per il Nord Africa, a una riunione con il legale del fondo e il personale addetto, secondo le email dell’Autorità degli Investimenti Libica verificate dal Journal.

Una persona che ha assistito alla riunione ha detto che Zarti era “come un toro scatenato”, e offese e minacciò Kabbaj e un altro impiegato di Goldman. Goldman ingaggiò agenti della security per proteggere i dipendenti fino al momento della partenza dalla Libia del giorno successivo, secondo la testimonianza di persone a conoscenza dei fatti.

Il signor Zarti ha deciso di non rilasciare commenti sulla sua attività al fondo di investimento o sul suo rapporto col colonnello Gheddafi. Ne usci in febbraio e ora si trova in Austria. Kabbaj e il direttore per il trading nei mercati emergenti Ben-Brahim lasciarono Goldman poco dopo nel 2008 per unirsi alla compagnia di hedge-fund GLG Partners Inc. e non hanno preso parte alle trattative successive.

Dopo il crollo delle quotazioni, a Tripoli il fondo richiese la restituzione del capitale e fece vaghe minacce di un’azione legale. Dopo un’investigazione interna Goldman contestò le pretese della Libia su questi investimenti, citando chiamate telefoniche e documenti firmati da funzionari libici oltre a registrazioni di trasferimenti di denaro, secondo le persone coinvolte nella disputa. Successivamente alcuni dirigenti di Goldman vollero fare ammenda a causa dei legami commerciali tra Goldman e la Libia e alcuni funzionari erano preoccupati che questa cosa potesse diventare pubblica, danneggiando così la propria reputazione con altri fondi sovrani, secondo la testimonianza di persone coinvolte.

Nei successivi due anni, Goldman fece sei differenti proposte con l’obbiettivo di ottenere ritorni sufficiente a ripianare il miliardo e trecento milioni di dollari di perdite.

Nel magio del 2009 Goldman offrì alla Libia di rilevare 5 miliardi di dollari in azioni privilegiate di Goldman come ritorno per aver riversato 3,7 miliardi nella compagnia, secondo i documenti del fondo e di Goldman. Goldman si era offerta di pagare all’Autorità Libica per gli Investimenti tra il 4 e il 9,25 per cento in azioni annualmente per più di 40 anni, che avrebbero aggiunto altri miliardi di dollari.

I funzionari libici spronarono Goldman per recuperare le perdite in modo più rapido. Si domandavano anche se fosse stato saggio investire in Goldman visto il collasso di Lehman e il panico che ha poi spazzato via i mercati finanziari globali, come indicato dai documenti.

Dopo una riunione di quattro giorni nel luglio del 2009, le due parti si accordarono in modo sorprendente per un nuovo affare che avrebbe restituito alla Libia le perdite nell’arco di dieci anni. Una trattativa del genere, che avrebbe anche lasciato una presenza di Goldman nel fondo, doveva essere gestita dalla Federal Reserve. E questo mise in dubbio la sua fattibilità, sia per i funzionari di Goldman che per quelli del fondo .

Goldman cambiò idea una settimana dopo, avendo un ripensamento sulle condizioni, secondo una persona a conoscenza della situazione.

Lo stesso agosto Goldman propose alcune altre possibilità alla Libia, come investire in alcune compagnie finanziarie USA e in una "società di progetto " legata ai credit-default swaps, una forma di assicurazione contro le perdite su prestiti e obbligazioni.

L’Autorità Libica per gli Investimenti decise che queste opzioni fossero troppo rischiose. I funzionari del fondo riferono di voler piazzare i 3,7 miliardi di dollari in obbligazioni di alta affidabilità. Così Goldman strutturò un’altra società di progetto nelle isole Cayman che avrebbe posseduto 5 miliardi di dollari in titoli a breve termine, secondo un documento di Goldman presentato al fondo.

L’affare avrebbe offerto alla Libia un ritorno annuale del 6% per venti anni, e inoltre prometteva che venissero versati 50 milioni di dollari a un consulente esterno del fondo gestito dal genero del capo della compagnia petrolifera di Stato libica. I funzionari di Goldman e il fondo sovrano si sono incontrati per discutere l’affare nel giugno del 2010, ma non è poi mai stato completato.

Alla fine di giugno, l’Autorità Libica per gli Investimenti aveva asset per circa 53 miliardi di dollari, secondo un documento verificato dal Journal. Quest’anno alcuni funzionari USA hanno congelato circa 37 miliardi di dollari di asset libici, compresi alcuni fondi gestiti da Goldman.

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Fonte: http://online.wsj.com/article/SB10001424052702304066504576347190532098376.html

 

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE
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