DI

ARTHUR SILBER
Power of Narrative

 

 

 

 

 

 

 

 

Ecco come William Blum descrive la distruzione dell’Iraq ad opera degli Stati Uniti (citato da Chris Floyd in un post recente)

"La maggior parte della gente non capisce l’importanza di quello che abbiamo fatto qui”, ha detto il Sergente Maggiore Ron Kelley mentre assieme a altri militari si preparava a lasciare l’Iraq a metà dicembre: "Abbiamo fatto qualcosa di grande per questa nazione. Abbiamo liberato un popolo, abbiamo restituito loro il paese.”
"È piuttosto eccitante”, è il commento di un altro giovane soldato americano: “Finiremo nei libri di storia, a quanto pare." (Washington Post, 18 dicembre 2011)

Ah, i libri di storia, sì, una bella collana di volumi rilegati in cuoio dal titolo “Le più grandi catastrofi inflitte da un Paese all’altro”. Nell’ultimo volume sarà possibile trovare tutta la documentazione con tanto di foto di come la moderna, raffinata, avanzata nazione irachena fu ridotto a uno stato semi-fallito; di come gli americani, per un motivo o l’altro (tutti pretestuosi) a partire dal 1991 bombardarono il Paese per dodici anni; invasero, occuparono, rovesciarono il governo, torturarono senza farsi scrupoli, uccisero di proposito… di come gli abitanti di quella terra martoriata persero tutto – le loro case, le scuole, l’elettricità, l’acqua potabile, i loro quartieri, le moschee, persero l’ambiente, il lavoro, le ricchezze archeologiche, persero la carriera, le competenze, le aziende pubbliche, la sanità fisica e quella mentale, la sanità pubblica, lo stato sociale, i diritti delle donne, la tolleranza religiosa, la sicurezza, la tranquillità, i figli, i genitori, il passato, il presente, il futuro, la vita… Più di metà della popolazione morta, ferita, traumatizzata, in prigione, evacuata o in esilio… L’aria, il suolo, l’acqua, il sangue e i geni contaminati dall’uranio impoverito…le più incredibili deformazioni alla nascita… ordigni inesplosi disseminati ovunque in attesa di essere raccolti da bambini … un fiume di sangue che scorre a fianco del Tigri e dell’Eufrate … attraverso un Paese fatto a pezzi per sempre …

I fatti descritti da Blum non sono altro che questo, appunto: fatti. Non questioni da discutere. Ci sono una quantità di articoli e di fonti che lo dimostrano. Nonostante questo Barack Obama – osserva Blum – vuole fare passare ancora una volta la distruzione di un intero paese come “uno straordinario risultato, che ha richiesto nove anni per essere realizzato”.

Questo completo stravolgimento della verità è il frutto di secoli di bugie ininterrotte. Il giorno mutato in notte, la vita in morte – e tutto ciò è, anzi deve essere il bene”. Queste sono le perverse distorsioni della mitopoiesi americana, come la descrivevo già nel luglio 2010 in "The Blood-Drenched Darkness of American Exceptionalism":

L’invasione e l’occupazione americana non è stata altro che una serie ininterrotta di crimini di guerra. Ciò è fuori discussione. Siccome è fuori discussione, non se ne parla.

E non solo non se ne parla, che già di per sé è un crimine. Il mito dell’eccezionalità americana ci racconta che gli Stati Uniti sono unici e unicamente buoni. Non basta ignorare le conseguenze negative delle nostre azioni: dobbiamo trasformarle tutte nel bene assoluto. Il processo è stato seguito alla lettera in ciascuno degli interventi bellici intrapresi dagli Stati Uniti (a partire dalle Filippine, passando per la prima Guerra Mondiale, la Seconda e i molti interventi successivi, fino all’Iraq e l’Afghanistan oggi) e lo stesso identico processo ha funzionato per anni con la guerra in Iraq.

[…]

Tale è il potere della mistificazione su larga scala: una tragedia sanguinosa di proporzioni storiche diventa “un risultato straordinario” e una guerra criminale di aggressione è tramutata dalle alchimie della mitopoiesi culturale in un “successo”. E’ questo il morbo insediato nel cuore marcio del mito: qualsiasi cosa facciano gli Stati Uniti, porterà al bene e al bene soltanto.

E tutto ciò – tutto – è una miserabile e imperdonabile menzogna.

Con il gennaio 2012 iniziamo un altro anno pieno di dolore, terrore, sangue e morte. Il mostro che ci porterà questi terribili regali sarà ancora una volta il governo degli Stati Uniti. La catena di sofferenze si estende attraverso Pakistan, Afghanistan, Somalia, Yemen e Libia. L’Iran potrebbe diventare un altro beneficiario della magnifica generosità degli Stati Uniti. Ma l’ambizione della nostra classe dirigente va ben oltre questa lista. Come ho sottolineato in "The Face of the Killer Who Is Your President," citando Nick Turse:

La presenza globale – in circa il 60% delle nazioni del mondo, molto più di quanto non venisse in passato riconosciuto – fornisce nuove inequivocabili prove delle attività clandestine di un gruppo di potere, che sta emergendo all’interno del Pentagono e finanzia una guerra segreta da un capo all’altro del pianeta.

[…]

In 120 paesi del mondo le truppe dello Special Operations Command portano avanti la loro guerra segreta fatta di assassinii prestigiosi, omicidi di bassa lega, operazioni di cattura e rapimento, raid notturni nelle abitazioni, operazioni coordinate assieme a forze straniere, e missioni “di prova” con partner locali. Il tutto fa parte di un conflitto dai tratti oscuri e sconosciuto alla grande maggioranza degli americani.

Un altro elemento va aggiunto alla lista degli orrori:

Obama e la sua amministrazione rivendicano il “diritto” di uccidere chiunque al mondo dovunque si trovi, per qualunque ragione ritengano opportuna, o anche senza nessuna ragione. Non si pongono un limite massimo quanto al numero: possono assassinare tante persone quante ne desiderano. E sostengono che niente al mondo può impedir loro di esercitare questo “diritto”.

Sono le regole del gioco. È chiaro? Stabilito questo, c’è poco da discutere. Possono ucciderti, e possono uccidere chiunque altro. In nome di tutto quello che avete di sacro, cosa volete che rimanga da discutere dopo che un “diritto” del genere è stato sancito?

Ci rifiutiamo di riconoscere la natura e l’estensione dell’orrore che ci circonda. È comprensibile, in un certo modo. La lotta per la sopravvivenza necessita a volte un certo grado di selettività. (Stavo per scrivere “negazione” al posto di “selettività”. Ma la negazione non è mai giustificabile; soprattutto in questioni di vita e di morte). E tuttavia se vogliamo resistere al male, dobbiamo essere in grado di guardare in faccia il nemico che con distacco quasi cinico.
Forse questo passaggio aiuterà a chiarire la questione:

Le autorità vi hanno detto – più volte, estesamente, sempre enfatizzando la propria assoluta convinzione al proposito – che la vita degli americani non vale un cazzo. La vostra vita, la vita di tutti coloro che amate e conoscete, dei vostri vicini di casa e concittadini, di tutti gli americani non vale assolutamente nulla.

[…]

Non c’è potere più alto che quello di vita e di morte. È il potere assoluto. È il potere rivendicato da tutti i mostri assassini della storia. Lo sapete. Vi rifiutate di capire che cosa ciò significhi.

Come vuole dimostrare il monologo sopra citato, il governo degli Stati Uniti non riconosce alcuna differenza tra le vite degli americani e quelle di qualunque altro popolo della terra: tutti gli esseri umani ovunque siano devono essere brutalizzati, terrorizzati e assassinati come pare al governo degli Stati Uniti.

Il comportamento del governo negli ultimi cento anni – e ancora oggi – ne è la conferma. L’orrore ci accoglie al mattino appena svegli e le grida delle vittime ci fanno da ninna nanna la sera. L’orrore è l’aria che respiriamo, l’atmosfera culturale che ci circonda. È il toc toc alla porta.

Nel gergo del momento, o meglio in una versione semplificata del gergo, potremmo dire con esattezza e precisione:

La classe dirigente degli Stati Uniti piscia sul mondo intero proprio come piscia in testa a qualunque essere umano non goda di privilegi e potere.

Ecco le fondamenta del nostro vivere odierno. Ecco la verità che quasi nessuno vorrà mai dire.

Siccome rifiutiamo di riconoscere la realtà dell’orrore, trasferiamo nevroticamente il nostro sdegno su questioni che, al confronto, appaiono triviali. Certo è disgustoso che dei Marines abbiano pisciato sui cadaveri di Talebani morti. Ma è più disgustoso il fatto che i Talebani siano morti, in una guerra criminale di aggressione finanziata per favorire l’egemonia globale degli Stati Uniti. Provate a mettere in ordine i seguenti elementi in base al disgusto che meritano secondo voi:

* La distruzione sistematica di una serie di nazioni e dei loro popoli nell’arco di diversi decenni.

* L’assassinio di oltre un milione di persone innocenti in una guerra criminale.

* Gli assassinii ancora in atto di persone che non minacciano (né potrebbero minacciare) la pace degli Stati Uniti, in Afghanistan, Pakistan, Yemen, Somalia, eccetera eccetera eccetera, in 120 paesi del mondo.

* La pretesa del governo americano di avere il “diritto” di uccidere chiunque al mondo per qualunque motivo gli sembri opportuno, un “diritto”, vi ricordo, che il governo ha messo in pratica.
* Pisciare su tre cadaveri.

Non si parla dei primi quattro punti, ma i custodi della cultura occidentale esprimono tutto il loro disgusto per il quinto. Una simile omissione non può essere innocente. Lo scopo è permettere a coloro che si dichiarano disgustati, di convincere se stessi (e noi) di essere “retti”, “buoni” e “decenti”. Non lo sono. Se lo fossero, parlerebbero degli altri quattro punti, e ne parlerebbero in ogni momento. Invece non ne parlano se non per giustificarli.

La vera oscenità è la seguente dichiarazione rilasciata da un“responsabile della comunicazione” del corpo dei Marines: "Le azioni descritte non sono in linea con i nostri valori fondanti né indicative del carattere del Corpo dei Marines”. Sotto la pressione dell’interminabile bugia dell’eccezionalità americana, la gioia diventa sofferenza, la vita diventa morte, ed è necessario che tale perversione sia vista come qualcosa di buono. Il responsabile della comunicazione si esibisce in un’ulteriore contorsione: "le azioni descritte” sono la perfetta applicazione dei loro “valori fondanti”. Il corpo dei Marines è uno strumento-chiave utilizzato dal governo nelle sue guerre di aggressione criminale ai danni di esseri umani innocenti. Non possono compiere niente che non sia oscenità. La loro presenza in Afghanistan è già di per sé un’oscenità. Che abbiano pisciato sui cadaveri è un dettaglio che va inserito nel contesto politico della presenza americana in quel paese.

Un’altra verità, particolarmente spiacevole, andrebbe evidenziata. Sebbene diversi commentatori abbiano espresso disgusto per questo episodio, quello che realmente li preoccupa non è che sia capitato, ma che sia diventato noto. Sono preoccupati delle conseguenze che potrebbe avere. Ieri ho sentito in una radio locale di Los Angeles un ospite (questo idiota del cazzo) che ha espresso con insolita chiarezza il seguente punto di vista. Ho preso appunti mentre parlava e posso citare con una certa precisione. "Sono infastidito dalle conseguenze di questo episodio per il Paese e per il corpo dei Marines. Non me ne importa nulla che abbiano urinato su dei cadaveri di Talebani. Non ho compassione per quei tizi morti, forse questo fa di me una persona terribile, forse è così [certo che è così] … ma la cosa veramente spiacevole è che questa storia sia venuta a galla.

Lo stesso ospite ha letto la lettera del padre di un soldato attualmente in forze all’esercito. Questo signore esultava, facendo scempio verbale dei morti e dicendo che era “il minimo” che meritassero. L’ospite chiese se anche il figlio fosse d’accordo, aspettandosi forse una risposta sulla scia di quella del responsabile della comunicazione, ossia che tali comportamenti non fossero “in linea” con i “valori fondanti del corpo dei Marine”. Il genitore fece seguire immediatamente un’altra mail, di cui l’ospite diede lettura. Il genitore aveva appena chiesto al figlio cosa ne pensasse e questi – che, ripeto, è tutt’oggi in servizio – aveva scritto in risposta: “Bene! È esattamente quello che si meritano. I miei camerati avrebbero – bip – su quei cadaveri!” Suppongo che il figlio avesse scritto “cagato”, ma il conduttore ha preferito non pronunciare la parola in onda. Ecco come siamo buoni e dignitosi!

Questo genere di disposizione non è raro tra gli americani in generale, e in particolare tra gli americani arruolati nell’esercito. Per forza: sono decenni che gli Stati Uniti non inviano i loro militari all’estero in una vera guerra difensiva. Li inviano in guerre di aggressione, o a preparare guerre di aggressione. Non è un segreto da specialisti. È un fatto noto a chiunque abbia una conoscenza minima della storia recente e degli eventi in corso. Ed è un fatto arci-noto a chi è spedito combattere a migliaia di chilometri di distanza, all’altro capo del pianeta. Chiunque sia in possesso delle più elementari capacità mentali si chiederà: “Cosa cavolo ci faccio qui? Come può questa gente costituire una minaccia per gli Stati Uniti?” A questo punto, penso che non rimangano giustificazioni per chi si arruola nell’esercito statunitense. Troverete le mie argomentazioni in diversi saggi; potete cominciare da qui e qui e seguire i link. In passato non avevo un giudizio così definitivo in merito alla questione. Ma chi si arruola oggi nell’esercito degli Stati Uniti, si offre volontario per diventare parte di una vasta, sconfinata operazione criminale. Punto.

Un’ultima questione. Ho detto che la vera preoccupazione della maggior parte dei commentatori “sdegnati” per l’episodio non è che esso si sia verificato, ma che è stato reso noto. Intendo, naturalmente, noto al pubblico americano. Non è possibile che un episodio di questo tipo sia una rarità, o un’iniziativa di poche “mele marce”. Come vale per le orribili violenze di Abu Ghraib, episodi come questo devono capitare con una certa frequenza. Non si può fare parte di una vasta, sconfinata operazione criminale, – non è possibile viaggiare da un capo all’altro del mondo e uccidere (o essere pronti a uccidere) uomini innocenti incapaci di nuocere altrimenti e rimanere delle “brave persone”. Lo ripeto: non è possibile. Siccome orrori come questo devono capitare con immancabile regolarità, per forza di cose le persone che vivono nei paesi brutalizzati dagli Stati Uniti ne saranno a conoscenza. Gli orrori di Abu Ghraib non erano una novità per gli iracheni. Episodi come quelli a cui noi americani prestiamo adesso tanta attenzione non possono essere una novità per gli afghani.

Ma gli americani vivono nel bozzolo di miti corroborati da tutti i mezzi di comunicazione e dalla maggioranza degli americani “ordinari”. Video come quest’ultimo sono una minaccia per quei miti e mettono in discussione la nostra amata convinzione di essere “buoni” come nessun altro lo è. Pisciare su corpi morti è un’immagine inconciliabile con la nostra disperata auto-adulazione, con la nostra incontestata e incontestabile convinzione di essere intrinsecamente superiori a qualsiasi altro popolo e autorizzati a fare i nostri “bisogni” in ogni angolo del globo. Per questo, l’episodio deve essere spiegato, minimizzato, giustificato. Se è condannato, lo è come una deviazione, come un evento straordinario che “non è in linea con i nostri valori fondanti”.

Non riconosceremo né affronteremo mai la realtà che gli Stati Uniti hanno dichiarato guerra al mondo intero – come altro si deve intendere il fatto che abbiamo fronti aperti in 120 paesi? – e che la classe dirigente rivendica il diritto di disporre della vita di qualunque essere umano. E dunque ribadisco:

Il governo degli Stati Uniti piscia in testa a te e a qualsiasi altro essere umano al mondo che non sia provvisto di privilegi e di potere

Dovete cercare di proteggere voi stessi come meglio potete.

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Fonte: The Varieties of Pissing

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di DAVIDE ILLARIETTI