finlandia

DI

AMBROSE EVANS PRITCHARD

 

Dal 2008 la Finlandia ha perso un quarto della sua produzione industriale, nonostante fosse ‘il campione’ dell’Unione Monetaria

La Finlandia sta scivolando sempre più nella depressione economica. E’ l’esempio principale del fallimento dell’euro, il colpo più inquietante inflitto ai difensori della moneta unica, peggiore di quello costituito dalla crocifissione della Grecia.

Dopo ben sei anni e mezzo di continua espansione globale, il PIL della Finlandia è del 6pc al di sotto del suo picco precedente. Sta soffrendo di una crisi ancor più profonda e protratta dello schianto post-sovietico dei primi anni ‘90, o della Grande Depressione del 1930.

Nessuno può accusare la Finlandia di essere un paese spendaccione, o indisciplinato, o corrotto, o tecnologicamente arretrato, o prigioniero di una oligarchia trincerata [nei propri privilegi] ..… il tipo di accusa che è stata mossa contro i greco-latini.

Il debito pubblico del paese è al 62pc del PIL, inferiore a quello della Germania. La Finlandia è stata a lungo presentata, in Europa, come un caso esemplare di austerità, grinta e iper-flessibilità – l’unico paese periferico che, prima di entrare nell’Unione Monetaria, aveva fatto i ‘compiti a casa’ e che, conseguentemente, avrebbe potuto ‘fare a pugni’ con tutti.

Nell’’indice della competitività globale’ del ‘World Economic Forum la Finlandia è al top fra i paesi europei. E’ la prima al mondo per l’istruzione primaria e per quella superiore, per la formazione, l’innovazione, i diritti di proprietà, la tutela della proprietà intellettuale, la sua struttura legale, l’affidabilità generale, le politiche anti-monopoliste, il collegamento fra l’Università e il settore R&D [ricerca e sviluppo], la disponibilità di nuove tecnologie, di scienziati e di ingegneri.

Il suo profilo, quasi perfetto, demolisce la fondamentale affermazione del ‘Ministero delle Finanze Tedesco’ – fatta attraverso il suo portavoce a Bruxelles – che i paesi dell’UEM finiscono seriamente nei guai solo se non fanno le riforme e spendono troppo.

Il paese, al contrario, è stato colpito da una serie di ‘shock asimmetrici’: il crollo del suo ‘campione’ nell’hi-tech, la Nokia, il crollo dei prezzi delle materie prime forestali e la recessione della Russia.

Il punto rilevante è che la Finlandia non può difendersi, è intrappolata dal ‘tasso di cambio’ fisso e dalla ‘camicia di forza’ fiscale costituita dal ‘Patto di Stabilità’, una costruzione legale che non fu progettata per circostanze come questa.

Il Patto è stato applicato a prescindere perché ‘le regole sono regole’ e perché i leaders del ‘blocco teutonico’ hanno l’idea fissa che il rischio morale potrebbe dilagare, se uno qualsiasi dei paesi che fanno parte del ‘nucleo’ dell’UEM facesse da cattivo esempio.

La produzione finlandese si è ridotta di un ulteriore 0.6pc nel terzo trimestre. La lunga recessione sta trascinandosi verso il quarto anno consecutivo. A Settembre gli ordinativi per l’industria sono scesi del 31pc. “Il fatto è inquietante”, ha dichiarato Pasi Sorjonen della ‘Nordea Investment Funds’.

La Svezia è stata in grado di superare shock simili lasciando che la sua moneta si svalutasse nei momenti chiave degli ultimi dieci anni. Il PIL svedese è ora dell’8pc al di sopra del suo livello pre-Lehman.

La divergenza tra la Finlandia e la Svezia è sconcertante – trattandosi di due economie nordiche con così tante cose in comune – e ha riacceso il dormiente ‘movimento anti-euro’ della Finlandia.

Il Parlamento Finlandese ha deciso di tenere delle sedute, il prossimo anno, per discutere l’eventuale uscita dall’Unione Monetaria ed il ritorno al ‘marco finlandese’, la moneta che ha salvato la Finlandia nei primi anni ‘90 – dopo che il paese aveva abbandonato la politica del ‘cambio forte’, ovvero la sua adesione all’ECU [l’allora Unità di Conto Europea].

Paavo Väyrynen, Eurodeputato e ‘Presidente Onorario’ del ‘Partito di Centro’ attualmente al governo, ha inserito nell’agenda parlamentare le sedute sull’euro dopo aver raccolto 50.000 firme, dichiarando che: “L’Eurozona non è un’Area Valutaria Ottimale e le persone stanno diventando consapevoli delle vere ragioni della nostra crisi”.

Ed ha aggiunto: “Siamo in una situazione simile a quella italiana. Abbiamo perso un quarto della nostra produzione industriale. I nostri costi del lavoro sono troppo alti”.

Gli elettori, in Svezia e Danimarca, impedirono ai loro Governi di abbandonare le vecchie valute. Agli elettori finlandesi, invece, non è mai stato concesso un referendum. La decisione di aderire all’euro è stata imposta alla diffusa opposizione camuffandola da ‘questione di sicurezza nazionale’.

Il Sig. Väyrynen ha detto che il fronte pro-euro, nel 1990, aveva gridato alla ‘minaccia russa’, sostenendo che la Finlandia aveva bisogno di stringersi il più possibile al sistema UE per una questione di maggiore sicurezza – anche se il paese, paradossalmente, non è mai entrato nella NATO, la struttura più rilevante [della difesa occidentale].

“Hanno giocato la carta della politica estera – egli ha detto – ma era tutto un trucco”.

Si deve concludere che la Finlandia aveva saputo gestire i suoi affari economici con maggiore abilità negli anni ‘20 e ’30, sotto la guida di Risto Rytin, molto apprezzato dalla Banca d’Inghilterra dell’ex Governatore Lord King.

Egli aveva capito i mali di un tasso di cambio disallineato [rispetto alla situazione economica], liberando il suo paese dalle devastazioni del ‘Gold Standard’, nel 1931. Non sarebbe mai stato sedotto dalle facili promesse dell’Unione Monetaria.

Ryti era un anglofilo antinazista. Conseguenza di una tragica sequenza di eventi si trovò costretto ad allearsi con Hitler contro Stalin e, infine, ad entrare in guerra contro la Gran Bretagna. E’ stata probabilmente l’unica volta nella storia che due ‘democrazie sviluppate’ si sono inferte dei colpi così gravi.

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale la Banca d’Inghilterra cercò di intercedere per impedire che egli fosse trattato come un criminale di guerra, come richiesto da Stalin, ma non ci riuscì. Fu condannato ai lavori forzati. Ma sto divagando.

La coalizione di centro-destra, al governo della Finlandia, è determinata a portare avanti una ‘svalutazione interna’, la politica che ha precipitato mezza Europa nella spirale debito-deflazione, generando indici d’indebitamento che crescono ancor più velocemente a causa dell’effetto-denominatore [debito/Pil]. Tutto questo è controproducente per la Finlandia, basti pensare al ‘debito delle famiglie’, che è salito al 100pc del PIL.

Il Governo non è riuscito ad ottenere un ‘contratto sociale’ con i Sindacati. Conseguentemente, sta cercando di aggirare il mancato accordo sgretolando i poteri della contrattazione collettiva. Ma tutto questo è solo l’ultimo degli esempi di come il sistema dell’euro eroda i diritti dei lavoratori e sia fondamentalmente incompatibile con i valori politici della Sinistra.

Nel mese di Settembre i Sindacati finlandesi hanno proclamato i più grandi scioperi dell’ultimo ventennio.

Resta un mistero il motivo per cui la sinistra europea continui ad accampare delle scuse per [supportare] quelle che sono palesemente delle ‘politiche reazionarie’ … ma l’umore sta finalmente cambiando. Stefano Fassina, un socialdemocratico italiano ed ex Vice-Ministro delle Finanze, sta spingendo per un’alleanza dei ‘Fronti di Liberazione Nazionale” estesa a tutto l’arco politico per rovesciare l’ordine UEM.

Il Sig. Fassina, il tedesco Oskar Lafontaine, il francese Jean-Luc Mélenchon ed il greco Yanis Varoufakis hanno lanciato questo fronte a Parigi, nel corso dell’ultimo fine-settimana, proponendo un ‘Piano B’, ovvero l’introduzione di valute parallele ed infine l’uscita dall’euro, se l’UEM dovesse continuare ad imporre politiche di contrazione e ad operare al di fuori del controllo democratico.

La Finlandia sta scavandosi una fossa sempre più profonda. Il Fondo Monetario Internazionale, questa settimana, ha messo in guardia contro l’eccesso di austerità e contro i tagli ‘pro-ciclici’, prima che l’economia sia abbastanza forte da poterlo permettere.

Il FMI ha parlato a bassa voce, ma il messaggio è stato molto chiaro. La Finlandia non dovrebbe nemmeno pensare ad una contrazione fiscale ‘front-loaded’ [concentrazione dei costi/benefici nella fase iniziale di un progetto] o al taglio degli investimenti nel momento in cui il gap della produzione è del 3.2pc del PIL.

Nella loro risposta al ‘Report Article IV’ le autorità finlandesi hanno ammesso che non avevano altra scelta, perché dovevano rispettare il ‘patto di stabilità’. Fino a questo sono arrivate le politiche europee!

In Finlandia, alcune persone si sono affrettate a scagliarsi contro la Grecia, ai tempi della crisi del debito, apparentemente inconsapevoli che anch’esse stavano vivendo in una ‘casa di coccio’. La loro storia non è poi così diversa da quelle disastrose dei paesi del sud, conseguenza dell’adesione all’Unione Monetaria.

I tassi d’interesse, troppo bassi per la situazione della Finlandia al tempo del boom delle materie prime, generarono il surriscaldamento dell’economia. A partire dal 2006 i costi unitari del lavoro aumentarono del 20pc così, quando la musica si è fermata, il paese si è trovato in difficoltà, con un debito pubblico basso ma con quello privato decisamente alto – un po’ come la Spagna e l’Irlanda.

La crisi ha colpito più tardi [rispetto a quella degli altri paesi dell’UEM] solo perché la bolla delle materie prime è scoppiata qualche anno dopo, nel 2012.

Il ‘Movimento Fixit’ può essere considerato come un colpo di avvertimento, analogamente all’elezione di una maggioranza di sinistra in Portogallo, che giura di voler strappare il copione dell’austerità – a quasi sei settimane dalle elezioni, però, non riesce ancora ad andare al potere, a causa di meri pretesti costituzionali.

L’Eurozona, per il momento, sta godendo di una parziale ripresa grazie allo stimolo costituito dal basso valore dell’euro, dal petrolio a buon mercato e dal Quantitative Easing – ma ha sprecato un intero ciclo economico di espansione globale e non ha tempo a sufficienza per ‘ripristinare le difese’ prima della prossima tempesta mondiale.

Quando colpirà, il totale del debito pubblico e privato avrà raggiunto il 270pc del PIL, 36 punti percentuali in più di quanto non lo fosse appena prima della crisi della Lehman, nel 2008. La società europea avrà già subito quasi un decennio di disoccupazione di massa e il capitale politico delle élites europee sarà quasi esaurito.

Resta irrisolta la domanda a seguire: se l’euro non funziona per quello che dovrebbe essere il paese più competitivo in Europa, per quale paese potrebbe mai funzionare?

[1] L’articolo IV spiega le relazione degli Stati, fra di loro e rispetto ai singoli governi nazionali. Questo articolo prevede che ogni Stato debba dare ai cittadini degli altri Stati gli stessi diritti dei propri cittadini, si occupa dell’ammissione di nuovi membri e garantisce che il singolo governo nazionale protegga gli altri Stati.

Ambrose Evans-Pritchard

 


 

Fonte: www.telegraph.co.uk

LINK

Tradotto per www.comedonchisciotte.org da FRANCO