di

Marco Pizzuti

Foto dell’affondamento dell’USS Maine

La storia degli Stati Uniti come clava militare planetaria dei poteri forti per fomentare le guerre, ovvero il loro esclusivo business di famiglia, comincia alla fine del 19 secolo con il breve ma importantissimo conflitto ispano-americano del 1898. Attraverso quest’ultimo gli Stati Uniti tolsero alla Spagna il controllo su Cuba e Portorico nell’Atlantico e su Guam e le Filippine nel Pacifico. Gli storici infatti concordano ormai nel ritenere  che tale guerra fu scatenata da un pretesto per aggirare il divieto previsto dalla Costituzione americana di aggredire per primi uno stato estero. Unico organo competente per dichiarare guerra è il Congresso, da qui la necessità per le amministrazioni di creare un casus belli che le faccia apparire davanti alla nazione come il legittimo  strumento per il ripristino dell’ordine. All’epoca del presunto attentato nemico, Theodore Roosevelt era Ministro della Marina e già disponeva di un piano per l’invasione navale dell’isola che aspettava solamente l’ordine di esecuzione. L’agognato pretesto venne poi “provvidenzialmente” fornito da una “improvvisa” esplosione a bordo dell’incrociatore U.S.S. Maine che affondò in pochissimo tempo portando con sè piu di duecento marinai americani del tutto ignari di ciò che stava accadendo. Successivamente il governo degli Stati Uniti accusò immediatamente gli spagnoli di aver collocato clandestinamente una mina a bordo della nave ma nonostante la Spagna negasse ogni coinvolgimento nella strage fino a chiedere l’istituzione di una commissione mista per indagare sulle vere cause dell’affondamento, gli USA dichiararono sbrigativamente guerra e l’attacco ebbe inizio. L’episodio venne utilizzato dalla stampa per fomentare quell’indignazione popolare necessaria al Congresso per legittimare la guerra. A sostegno della propaganda bellica si distinsero in particolar modo i c.d. “yellow papers” del magnate William Randolph Hearst (i tabloid dell’epoca) e il 20 aprile 1898 il presidente McKinley approvò così una risoluzione del congresso che intimava l’immediato ritiro delle forse militai spagnole da Cuba. A fronte dello scontato rifiuto opposto da Madrid, il 24 aprile giunse la dichiarazione di guerra e in brevissimo tempo l’intera flotta navale spagnola colò a picco sotto le cannonate della marina USA. Gli sconfitti furono costretti a firmare la resa incondizionata siglata con il trattato di Parigi. E fu sempre la stampa a dipingere come eroe di guerra il cospiratore Theodore Roosevelt favorendolo così nelle successive elezioni presidenziali. Nel 1987, ovvero quasi cento anni più tardi dallo scoppio di quella guerra, una speciale commissione d’inchiesta americana stabilì che in realtà gli spagnoli non ebbero alcuna responsabilità nell’attentato e che l’esplosione sarebbe avvenuta “a causa di esplosivi fatti collocare troppo vicino alle caldaie dal capitano della nave”. Tale spiegazione di circostanza in realtà servì solo a coprire la prima di una lunga serie di operazioni false flag.