DI

CHRIS HEDGES
Truthdig.com

 

 

 

 

 

 

 

 

Benvenuti nella rivoluzione. Le nostre classi dirigenti hanno scoperto il proprio gioco. Non hanno niente da offrire. Possono distruggere, ma non costruire. Possono reprimere, ma non guidare. Possono rubare, ma non condividere. Possono chiacchierare, ma non parlare. Sono morti e inutili per noi, come i libri infradiciati, i tendoni, i sacchi a pelo, le valige, le cassette di cibo e i vestiti gettati dagli assistenti sanitari nei camion dell’immondizia di New York martedì mattina. Non hanno idee, progetti, o una visione del futuro.
Il nostro regime aziendalista in decadenza si è pavoneggiato per i trionfi fittizio a Portland, Oakland e a New York, con i suoi poliziotti armati con i manganelli. Pensano di poter ripristinare “il disordine” – utilizzando sempre il linguaggio dell’igiene personale e della pubblica sicurezza – facendoci scomparire. Pensano che andremo tutti a casa e accetteremo lo stato-azienda: uno stato in cui il crimine e la linea politica del governo sono diventate indistinguibili; dove niente in America, incluso il cittadino comune, è considerato degno di protezione o di tutela; dove è stato permesso agli oligarchi corporativi – coperti da centinaia di milioni di dollari – di saccheggiare e plagiare gli ultimi brandelli delle ricchezze comuni, il capitale umano e le risorse naturali; uno stato in cui il povero non mangia e gli impiegati non lavorano; uno stato in cui il debole muore e i bambini patiscono la fame; uno stato in cui il consenso e la voce del popolo sono una crudele presa in giro.

Tornate alle vostre gabbie, ci dicono. Tornate a guardare le bugie, le assurdità, le inezie e le chiacchiere di cui vi nutriamo 24 ore su 24 attraverso gli schermi televisivi. Impiegate la vostra energia emotiva nel vasto sistema dell’intrattenimento facile. Accumulate debiti sulla carta di credito. Pagate i vostri prestiti. Siate grati per gli avanzi che vi gettiamo. Cantate le nostre tiritere sulla democrazia, sulla grandezza e sulla libertà. Votate nel nostro teatro politico truccato. Mandate i vostri piccoli uomini e donne a combattere e morire in guerre inutili e senza speranza di vittoria, che creano aziende dagli enormi profitti. State silenziosi in disparte mentre il nostro super-comitato bipartisan – attraverso il consenso o la cinica inefficienza – vi soffoca in una società senza servizi sociali di base, senza sussidi di disoccupazione. Pagate per i crimini di Wall Street.

L’insieme degli imbroglioni di Wall Street – come Lloyd Blankfein a Goldman Sachs, Howard Milstein alla New York Private Bank & Trust, il magnate dei media Rupert Murdoch, i fratelli Koch e Jamie Dimon a JPMorgan Chase & Co – prospetta senza dubbio la fine. Credono che, per accrescere le loro fortune personali e collettive, spetti alle imprese rastrellare quel che è rimasto dell’America. Tuttavia non hanno più alcuna idea di quel che sta accadendo attorno a loro. Si ingannano e non sanno niente di queste sommosse, come i cortigiani a Versailles o nella Città Proibita, che non capirono che il loro mondo stava collassando finché non lo videro distrutto. Il sindaco miliardario di New York, arricchitosi grazie a una Wall Street deregolamentata, non si spiega perché le persone possano passare due mesi a dormire in un parco e a marciare sulle banche. Dice di capire che le proteste di Occupy sono “catartiche” e “divertenti” – come se manifestare contro il dolore di essere un senzatetto o un disoccupato sia una forma di terapia o uno svago – ma che è tempo di lasciare che gli adulti si occupino degli affari di stato. I sindaci democratici e repubblicani, insieme ai loro partiti, ci hanno venduto. Ma per loro questo è l’inizio della fine.

Lo storico Crane Brinton nel suo libro “Anatomy of a Revolution” (Anatomia di una Rivoluzione) presenta il comune percorso verso la rivoluzione. I requisiti per una rivoluzione vincente, dice Brinton, sono: il malcontento che colpisce quasi tutte le classi sociali; i diffusi sentimenti di impotenza e di disperazione; le speranze disattese; la solidarietà che si contrappone al piccolo potere delle élite; il rifiuto di eruditi e studiosi nel continuare a difendere le azioni della classe dirigente; l’incapacità del governo a rispondere alle necessità basilari dei cittadini; la graduale perdita di volontà all’interno della stessa élite al potere e la defezione dalla cerchia ristretta; l’isolamento invalidante che lascia il gruppo al potere senza alcun alleato o supporto esterno; e, infine, la crisi finanziaria. La nostra élite societaria, per quel che riguarda Brinton, ha ampiamente soddisfatto questi requisiti. Ma è l’osservazione successiva che fa Brinton a dover esser tenuta a mente. Le rivoluzioni iniziano sempre, scrive, facendo richieste impossibili, che se fossero soddisfatte dal governo significherebbero la fine delle vecchie configurazioni di potere. Il secondo passo – quello che abbiamo appena introdotto – è il fallito tentativo delle classi al potere di domare le agitazioni e il malcontento con gli atti fisici di repressione.

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Fonte: This Is What Revolution Looks Like

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di VIVIANA MINERVINI