di 

Fulvio Grimaldi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pensierino n.1: La comunità internazionale chiama, l’Italia di Maroni risponde. La combriccola dell’11 settembre combina un quarantotto antislamico a Mumbai? A Milano la Digos incastra due operai marocchini un po’ squinternati e gli appioppa un piano per far saltare per aria mezza Lombardia. La Lega, Maroni e tutto il marcio xenofobo del paese si possono scatenare al pari del modello Usa. Si parva licet…. Pensierino n.2: In Thailandia una massa di giovani, studenti, popolo, incazzata occupa la capitale, i palazzi governativi, gli aeroporti e non si muove più. Così fecero in Bolivia, Caracas, Ecuador. Così si cacciano i regimi di merda, tipo quello del guitto-mannaro. Pensierino n.3: La magistratura di Salerno sconfessa e sputtana il CSM che lo ha trasferito, Prodi, Mastella e tutta la banda di euroladri calabresi coperti da giudici corrotti che lo avevano demonizzato, e riabilita Luigi De Magistris e le sue inchieste “Poseidone” e “Why Not”. A quando la vittoria anche di Clementina Forleo e lo smerdamento definitivo di D’Alema? E i sinistri dove stanno? Ululano al “giustizialismo”? Pensierino n.4: La Chiesa cattolica blocca la depenalizzazione dell’omosessualità, avallando pene varie e lapidazioni in una cinquantina di paesi. La Chiesa cattolica si oppone alla convenzione ONU sui diritti dei disabili perché non vi si condanna l’aborto. La Chiesa cattolica, con Nazinger e senza Nazinger, si conferma MALE ASSOLUTO.
Nella foto: Rachid Ilahami e Abdelkader Ghafir
E’ una società decerebrata quella che considera il fallimentare imbecillone con i baffetti, massimo solo per spocchia e cinismo, un grande statista; o il camaleonte bianco/nero di Chicago, spedito raccomandato con ricevuta di ritorno a gabbare i disperati, un campione del “cambiamento”; o il monaco zafferano della dinastia più schiavista del mondo, intimo di Bush e inghirlandato da Bertinotti, una vetta spirituale e non violenta della politica; o la pennivendola russa, dagli schiamazzi ceceni diffusi su radio Cia, una giornalista indipendente; o l’omofoba madama del più grande postribolo gay e pedofilo della storia, una guida morale dell’umanità; o il Darfur destabilizzato da secessionisti prezzolati da USA-UE, e non l’Iraq o la Palestina, mattatoio di Stato.
Ripeto ancora una volta l’antico adagio: quando il coro è unanime da una sponda all’estremo opposto, diciamo dallo squadrista “Libero” al “quotidiano comunista il manifesto”, è la destra a tenere la scure per il manico e la sinistra a accoglierla festante nelle sue viscere. Non appena la triplice terrorista Usa-UE-Sion aveva presentato, tra tamburi e fanfare, la prima del Kolossal “Islam, Al Qaida, Pakistan”, la proiezione è stata ripetuta su tutti gli schermi del circuito politico-mediatico mondiale, cinema parrocchiali e pensosi cineforum della sinistra compresi. Quanto alle sinistre disperse in partitini e gruppetti e cani sciolti, geopolitica, imperialismo, guerra infinita, Iraq e Cuba, sembrano finiti nei bauli della soffitta. C’è ancora chi esercita meditazioni, armi della critica e corde vocali su questi ostici paroloni? Non ci si capisce nulla, si rischia di inimicarsi qualche compagno di cordata, meglio prendersela con le perfide idiozie dei burattini a portata di mano che con i burattinai troppo in alto.
E così, dalle teodem islamofobe Sgrena o Forti del “manifesto” agli ascari imperialsionisti del “Corriere”, è tutta una geremiade sull’India, vittima democratica del terrorismo islamo-pachistano. L’inviata speciale Marina Forti, corifea degli interventi imperiali purchè “umanitari”, zeppi di ONG, antiburka e filo-gay, riesce a trasformare un terrorismo interno indiano, al 90% di fuoriditesta indù, in cento righe di terrorismo islamico e dieci di carneficine induiste. Non si conduce forse una guerra infinita e globale all’”integralismo islamico”, odioso al papa quanto a Wall Street per la sua irriducibilità all’ordine della “comunità internazionale”, mentre l’induismo, se a volte un tantino esagitato, è pur sempre la religione ufficiale della democratica India, come del santone Ghandi? Perché perdere tempo ascoltando anche solo un fiatino di quello che dicono individui inattendibili come Fidel, o Saddam, o Milosevic, o Omar el Bashir, o le Corti islamiche in Somalia, quando la “comunità internazionale”, quel consesso del centesimo ricco, evoluto, bianco, cristiano dell’umanità, ha già scritto il breviario di orazioni valide per tutti? E, dunque, cosa ci attardiamo a dar retta a selvatici burkaioli come gli analisti pachistani che vaneggiano di “sionisti indù”, di Cia e Mossad, e che si permettono di disintegrare la solidissima versione dei dieci ragazzotti pachistano-islamici venuti in gommone da Karachi, per mettere a soqquadro una decina dei luoghi più protetti della capitale finanziaria dell’India? Gommoni e navi appoggio passati indenni sotto i mille occhi e le mille orecchie dell’area, tra Medio Oriente, Golfo Persico, Mare Arabico, Iran, Afghanistan, più militarizzata e sorvegliata dell’universo mondo. Perché dovremmo riferire le voci false e tendenziose che denunciano l’esotico dialetto indù, tutto fuorchè pachistano, in cui gli attaccanti parlavano tra di loro, o che ne annotano le bandane gialle, tipiche delle bande sioniste indù, ma indossate da nessun musulmano? Perché dare ascolto alle teorie complottiste per le quali i dirigenti dell’anti-terrorismo indiano, uccisi nei primi cinque minuti dell’operazione, ora non potranno più concludere le indagini, ormai in dirittura finale, sul terrorismo domestico di destra e, in particolare, sulla strage di centinaia di musulmani nell’assalto al treno Samjhauta Express? E figurarsi se ha una qualche credibilità la funambolesca speculazione per cui le varie componenti dell’elite indiana – tutte care agli Usa e a Israele, ma il partito di estrema destra BJP un po’ più del Partito del Congresso – dovevano mettere la sordina alla crescente destabilizzazione della nazione per opera sia di estremisti religiosi, sia delle formazioni partigiane maoiste, sia della rabbia di milioni di contadini spodestati da latifondisti, speculatori e multinazionali, con suicidi di massa, sublimando ogni cosa nel patriottismo antislamico e antipachistano?
Ma non di roba interna soltanto si tratta. Anzi. Si potrebbe dire che gli obiettivi interni al subimperialismo capitalista indiano sono solo un effetto collaterale. Scommettiamo che dietro ci sono i soliti, quelli che praticano il terrorismo di Stato, a scopo di repressione interna e di conquista imperialista esterna? Così fin dai tempi dell’incrociatore Usa Maine, autoaffondato nella baia dell’Avana per dare la colpa alla Spagna e sottrarle Cuba, dell’affondamento della flotta Usa a Pearl Harbour, consentita ai giapponesi per avere l’alibi dell’entrata in guerra, del finto attacco vietnamita nella Baia del Tonchino, servito a radere al suolo Vietnam, Laos e Cambogia, dell’11 settembre 2001 che sdoganava l’assalto al mondo da parte dei nazisionisti, delle carneficine nei villaggi palestinesi bruciati dalle bande sioniste Stern e Irgun per far posto alla conquista USraeliana? Qui abbiamo un’India, incazzata e ripetutamente in guerra con i vicini musulmani del Pakistan fin da quando non le è riuscita a incorporare il Kashmir islamico al momento della divisione nel 1948. Un’India che recentemente ha concluso un accordo per lo sviluppo nucleare con quegli Usa che per impedire l’analogo sviluppo in Iran gli minacciano una casamicciola con la ripetitività del rosario. E abbiamo un Pakistan, invece, che da qualche mese è bersaglio di sfracelli bombaroli statunitensi perché non si attiva abbastanza a liquidare quell’ Al Qaida che è la denominazione sociale del Pentagono per scatenare nuovi episodi alla Maine, alla Pearl Harbour, all’11 settembre. Lo stesso Pakistan che il buon Obama minaccia di bombardare insieme all’Afghanistan (troppi musulmani in giro), fin da quando era un bebè nelle classi differenziali dei candidati presidenziali. Lo stesso Obama che, quando New Delhi dichiarava già accertata la matrice islamo-pakistana dell’operazione mentre hotel, centri commerciali, stazioni e centri ebraici (non potevano mancare) avevano appena iniziato a bruciare, rispondeva che “le nazioni sovrane hanno il diritto di difendersi” alla domanda se l’India poteva permettersi di bombardare campi terroristici in Pakistan come facevano gli Usa.
E qui qualcuno avrebbe potuto riandare alla magica tempestività con cui a Washington si proclamava Al Qaida l’attentatrice alle Torri Gemelle, prima ancora che la polvere delle esplosioni si fosse posata su Manhattan, e con cui si dettero i nomi del “19 dirottatori arabi” (6 poi ricomparsi in vita), senza aver neanche ancora trovato il passaporto intatto di Mohammed Atta e le valige degli attentatori piene di “prove” scordate in macchina, no in aeroporto, no in autonoleggio , no nel deposito bagagli. E cosa ci suggerisce la citazione “volevamo un massacro di ebrei” attribuita dalla solita fonte anonima all’unico superstite di un gruppetto opportunamente eliminato, proprio come successe agli indiscutibili attentatori della stazione di Madrid dell’11 marzo 2005? E la reazione del terminator Olmert: “Difenderò gli israeliani in ogni parte del mondo”? Suggerisce forse la parola d’ordine “largo al Mossad”? E’ alla luce di queste approfondite ricerche che “il manifesto” può tranquillamente titolare “Erano tutti pakistani i terroristi di Mumbai” e, con piglio accoratamente granguignolesco, “La scia di sangue del terrore da Karachi al ventre dell’India” ? Non si deve fiancheggiare così il presidente eletto del “cambiamento”, del quale vengono definiti simpaticamente “moderati” i compari di brigantaggio bellico neocon come il confermato ministro della difesa e dei massacri iracheni, Gates, il consigliere della Sicurezza Nazionale, Jones, comandante dei marines, il ministro della Homeland Security, Janet Napolitano, che i messicani trucidati sul Rio Bravo ricordano come fautrice di duemila kilometri di muro tra i due paesi, o l’ultrà sionista israeliano Rahm Emanuel, capo di tutta la banda? “Una squadra di prima classe” secondo l’altro ultrà guerresco, Joe Biden, vicepresidente designato, come condivide, senza nulla aggiungere, il corrispondente Bosco Bortolaso. Roba da far rodere d’invidia il noto Magdi Allam, fondatore del partito “Protagonisti dell’Europa Cristiana”, a umiliazione di Giuliano Ferrara e Oriana Fallaci, dopo essersi guadagnato dal Nazinger la nomina a Crociato al merito delle sue puttanate antislamiche. C’è da far inorgoglire lo standard aureo del giornalismo internazionale, il “New York Times”, di nuovo, dopo i ripensamenti inflittigli dalla catastrofe irachena, capofila della campagna di guerra, stavolta contro il Pakistan: “E’ altamente probabile che il prossimo attacco terroristico di grande portata contro l’Occidente venga programmato da estremisti in Pakistan… Pensate che il presidente Ali Zardari ha appena inserito nel suo gabinetto due uomini che starebbero bene in un regime Taliban”. Mica vogliono male al Pakistan! Elementare, Watson.
C’è chi, a sinistra, dalla montagna di cadaveri ammucchiati dall’Occidente cristiano, satanizza tout court l’intero Islam, “religione di morte e di sopraffazione”. C’è chi, con pietas cattolica, come quelli dell’agenzia “Lettera 22”, implora di “evitare che il qaedismo recluti disperati in cerca di riscatto e di lavorare sulle condizioni locali in India come in Pakistane e Afghanistan”. E ci sono i temerari, veri anticonformisti, gente tipo Tavola della Pace, che alle cattiverie Usa attribuiscono quel “rigoglio di risentimento che porta i popoli ad abbandonarsi alle efferatezze del terrorismo”. Vigliacco se ce n’è uno in tutta questa combriccola che guardi alla storia, alle abbaglianti evidenze, alla logica aristotelica del cui bono, di chi ne trae vantaggio.
L’Iran ha cantato all’unisono con i presunti nemici statunitensi la canzone dell’operazione terroristica pachistana. Socio di USraele nell’obliterazione dell’Iraq, è alleato del fantoccio amerikano Karzai in Afghanistan e, dunque, nemicissimo della Resistenza. Karzai, proconsole di un paese occupato e predato dall’Occidente per posizione geostrategica e profitti da droga, è nemico del Pakistan dove, nelle aree tribali del Nord Ovest, si rifugiano i resistenti afghani, Islamabad compiacente o no. Nemico storico del Pakistan nucleare, anche perchè riferimento per la minoranza di 180 milioni di perseguitati musulmani in India, è l’India nucleare, Kashmir o non Kashmir. Il Pakistan e gli Usa sono “alleati”, anche se gli uni bombardano l’altro. Ma il Pakistan è soprattutto amico e gran socio economico della Cina, che anch’essa ha un contenzioso con l’India su pezzi di Kashmir. L’India è il più potente alleato degli Usa nell’area che serve all’accerchiamento di Cina e Russia. A tale scopo servono anche Afghanistan e il riottoso e tumultuoso Pakistan, che hanno il plusvalore di essere portale e ponte tra gli Usa e le ricchezze energetiche dell’Asia centrale da strappare all’influenza russa. Se, dopo l’Afghanistan desertificato (salvo per l’oppio con i cui proventi si scalfisce un poco l’immenso debito Usa), ma di cui non si riesce a venire a capo, si riuscisse a fare a pezzi anche il Pakistan, con una guerra e soffiando su conflitti tribali, etnici e intemperanze religiose (nel Beluchistan già operano secessionisti alla kurda irachena), si toglierebbe di mezzo un punto di resistenza della Cina, ma anche uno Stato nazione imprevedibile e inaffidabile, con tanto di bomba atomica. E se da una guerra indo-pachistana ci dovesse rimettere un po’ anche l’India, poco male. Meglio ridimensionare questa tigre asiatica, non si sa mai. Vale sempre la massima di Kissinger per il conflitto Iraq-Iran: “Preferiamo i mullah, ma che si dissanguino fra di loro”. Il sangue, poi, lo beviamo noi. Quest’ultima l’ha solo pensata.
Col pretesto di combattere il “terrorismo”, da sei mesi gli Usa lanciano spietati attacchi oltre confine in Pakistan, decimandone le popolazioni civili. Il fido vassallo Musharraf è stato spazzato via dalla collera popolare. Qualcuno ha tolto di mezzo il surrogato affidabile Benazir Bhutto. Sopravvive il regime debolissimo del principe consorte, Ali Zardari, in balia di forze in competizione tra loro (600 cristiani massacrati dagli indù due mesi prima di Mumbai, 2500 musulmani bruciati vivi nel primo incidente del 21° secolo, stupri etnici di kashmiri e Dalit, la sottocasta, da parte degli indù come se piovesse), e galleggiante su una massa di popolo che, come un sol uomo, detesta gli Stati Uniti. Sono tutti sunniti. Siccome per definizione a priori gli attaccanti di Mumbai sono di Al Qaida, o della succedanea Lashkar-e-Taiba (che però ha smentito, mentre i combattenti per una causa rivendicano le loro azioni), e siccome Al Qaida è tutta sunnita, wahabita, e siccome i pachistani sono sunniti quanto i taliban, ecco che l’equazione è completa. Condoleezza Rice si precipita in Pakistan e ribadisce le accuse indiane totalmente prive di prove: i terroristi li avete addestrati qui e o li catturate o son cazzi. L’astuto “manifesto” interpreta l’intimazione come “acqua getta sul fuoco”. Un plusvalore a uso interno arriva dalla notizia che due degli attaccanti uccisi erano pakistani, ma di cittadinanza e origine britannica. Si rinfresca la psicosi antislamica nel Regno Unito, utile all’ulteriore persecuzione di immigrati e alla liquidazione delle libertà democratiche. A sua volta, il governo indiano, pressato da conflitti confessionali e sociali intestini in continua espansione, ha modo di adottare “misure d’emergenza”. La fascistizzazione si estende al subcontinente asiatico. Indispensabile per tempi di crisi da far pagare ai poveri.
Proviamo a considerare i tre elementi di Aristotele per capire il reale: mezzi, metodi e motivazioni. Da sempre la macchina militare più potente del mondo ha i mezzi per armare gruppi come questo, di solito chiamati “squadroni della morte”.La storia trabocca di esempi in cui Cia e Mossad usano il metodo di impiegare surrogati per consentirgli di attaccare nemici. Pensiamo al terrorismo che rovesciò il premier nazionalista iraniano Mossadeq, ai mujaheddin afghani che cacciarono i sovietici, alle bande armate georgiane lanciate all’attacco dell’Ossezia russa. Per occultare le proprie motivazioni di sfasciare il Pakistan utilizzando l’India, gli ascari afghani e l’Iran, come chiaramente anticipato da Obama e dal vice Biden, tocca spostare l’attenzione da se stessi e creare un contenzioso tra India e il paese da colpire. Se militanti antindiani, come quelli designati dall’universo mondo, volessero attrarre l’attenzione su di sé e promuovere consenso, tutto farebbero fuorchè sterminare civili innocenti. Sul posto si sono immediatamente avventati forze speciali israeliane e l’FBI. Motivazione: indirizzare le indagini nel senso voluto. Come nel caso delle Torri Gemelle, attacchi “pachistani” di Lashkar-e-Taiba erano stati anticipati da numerosi avvertimenti dei servizi Usa e indiani. Si accetta il contraccolpo dell’inefficienza pur di avallare la pista voluta.
Ma le inefficienze incomprensibili sono anche altre: gli alberghi a cinque stelle di Mumbai sono difese da vigilantes dentro e fuori. Tutti svaporati. Negli alberghi ci sono telecamere ovunque, ma non hanno visto niente. L’esercito indiano, uno dei meglio addestrati e moderni, non è riuscito a intervenire, nonostante gli attacchi non fossero nemmeno simultanei e gli assalitori corressero da un obiettivo all’altro, si dice, per poi rinchiudersi nel hotel. Chi è che si attrezza per atti terroristici ovunque gli pare opportuno? L’ex-ministro della difesa Usa, Donald Rumsfeld, crea un’ organizzazione con il compito di compiere atti terroristici contro il suo e altri paesi. Lo conferma il “Los Angeles Times” pubblicando un documento segreto del Defence Science Board (Comitato scientifico della Difesa) che istituisce il P2OG (Proactive, Preemtive Operations Group: Gruppo per le operazioni attivanti preventive). Suo compito: attuare missioni segrete finalizzate a “stimolare reazioni” da parte di gruppi terroristici, provocandoli con attentati e assassinii a commettere atti di violenza onde consentire “contrattacchi” delle forze Usa. A questo fine si devono utilizzare i metodi della “copertura e dell’inganno” (cover and deception) e operazioni militari segrete che deliberatamente fomentino stragi di innocenti. Non è solo che combattere il terrorismo provocandolo ed esercitandolo ci fa entrare nel regno della follia criminale. Qui si tratta di utilizzarlo – facendolo o provocandolo – allo scopo di promuovere le ambizioni geopolitiche dell’elite statunitense e occidentale. Il programma del Pentagono afferma – e Obama lo ha ribadito giorni fa – che è a rischio la sovranità dei paesi che albergano terroristi. Basta dunque individuare zone di malcontento, infiltrarci i propri provocatori (come insiste il famiglio Cossiga), chiamarli con una sigla qualsivoglia purchè islamica, e consolidare i motivi per abbattere un governo e polverizzare un paese. C’è, a questo proposito, un esempio agghiacciante, uscito grazie al freedom act dalle tenebre del segreto di Stato Usa: l’Operazione Northwoods contro Cuba, pianificata dal Pentagono e sospesa da Kennedy (che poche settimane dopo veniva ucciso, secondo i dati più attendibili, dalla mafia cubana). Prevedeva il bombardamento della base di Guantanamo da parte di finti cubani, attentati terroristici finto-cubani negli Usa contro obiettivi governativi e privati, un aereo charter pieno di studenti Usa in volo verso il Centroamerica che, sopra Cuba, sarebbe stato abbattuto da un finto Mig cubano. Casus belli immediato.
E’ evidente che gli Usa vogliono trascurare un Iraq creduto definitivamente debellato e affidato alla cogestione fantocci iraniani-fantocci Usa e a furti petroliferi garantiti da sottopancia curdi e sciti, per concentrarsi sulla crescente “minaccia” russa e cinese. A questo scopo serve creare una spaccatura irrimediabile tra i colossi India e Pakistan, mettendoli l’uno contro l’altro, schiacciando il Pakistan tra Afghanistan e India, destabilizzando tutti e tre i paesi politicamente ed economicamente. L’India, in questa contesa, riveste un interesse maggiore: potenza emergente, potenza nucleare, merita di diventare il maggiore mercato dell’industria militare Usa e tutta la collaborazione per il rafforzamento del suo dispositivo atomico. Con particolare urgenza ora che a quei figli di puttana di indiani la Russia sta fornendo una portaerei con 16 Mig-29 e offrendo una collaborazione spaziale (Brah-Mos Aerospace) per la produzione di missili da crociera supersonici, armabili anche con testate nucleari. Le tensioni sociali e il sanguinoso conflitto tra musulmani e indù, da rinnovare alla Mumbai, impediscono che possa crescere troppo e pretendere autonomia strategica. Il Pakistan, invece, è un casino, fa da retroterra alla resistenza afghana, è tutto islamico, odia gli Usa e ama ed è amato dalla Cina (Zardari visita Pechino per firmare 12 accordi, uno dei quali per la costruzione di altri due reattori nucleari e un altro per la fornitura di caccia IF-17 con motori russi, d’accordo con Mosca) ed è pure dotato di incontrollabili armi nucleari. La scelta è presto fatta. Il Pakistan va frantumato e distrutto. Va garantito l’accerchiamento strategico di Russia e Cina e il controllo totale sugli oledotti dall’Asia centrale (come ricorda Manlio Dinucci, ultimo baluardo controinformativo nel “manifesto dopo l’irrimediabile scomparsa di Stefano Chiarini, cui dobbiamo questi dati).
Ecco il soft power che il lobbista ebraico Marco d’Eramo attribuisce al neoeletto Obama, non senza aver prima esaltato l’opera del bushiano generale Petraeus per aver “grandemente migliorato (!) la situazione in Iraq”: “Il soft power si fonda sulla seduzione esercitata dalle idee o sulla tendenza a fissare l’ordine del giorno in modo che rispecchi le preferenze altrui”. Il soft power, dunque, è un RPG avvolto in vasellina. E’ Cossutta che bacia Milosevic sotto le bombe del proprio governo. E’ Prodi che mantiene qualche caveat per i nostri bombaroli in Afghanistan. E’ inalberando il soft power che il prediletto del “manifesto” e di tutti ha annunciato l’intensificazione della guerra all’Afghanistan, il totale sostegno ai genocidi israeliani e l’attacco al Pakistan. E poi c’è chi da sei anni blatera di un imminente attacco USraeliano all’Iran! A quell’Iran che ha collaborato con il sodale di sempre a far fuori l’Iraq tra il 1979 e il 1988 e tra il 2003 e oggi, e che ora si fa leva occidentale (in senso letterale e non) di quello schiaccianoci che dovrà sgretolare il Pakistan con tutti quei suoi dannati sunniti. Siamo in mano a dei veri giornalisti. .

Partito Comunista del Pakistan sull’attacco terroristico a Mumbai
Comunicato stampa, 02/12/2008
In un comunicato stampa rilasciato dalla Segreteria Generale del Partito Comunista del Pakistan, il compagno Imdad Qazi ha espresso il punto di vista del partito sui recenti atti terroristici, in cui si afferma che la carneficina di Mumbai è una cospirazione perpetrata da forze interessate a fomentare il fanatismo religioso nella regione. Queste forze contribuiscono così a creare il clima ideale per gli USA di proseguire la cosiddetta guerra contro il terrorismo. Sembra che l’India sia indotta a svolgere un ruolo di primo piano in questa guerra imperialista a seguito del possibile futuro ripiego da parte dell’entrante amministrazione di Obama. Il compagno Qazi ha specificato che la nostra regione è diventata uno snodo centrale della cospirazione dell’imperialismo statunitense e di oscure forze fasciste. Diversi centri di potere al mondo fanno a gara nella propaganda. L’India deve evitare la trappola e dovrebbe scoraggiare tutti gli sforzi volti a creare un clima antipakistano; analogamente i media pakistani non dovrebbero sollecitare sentimenti antiindiani. Piuttosto occorrerebbe dar vita a raduni e manifestazioni di pace e solidarietà per la perdita di vite e per i danni materiali causati dagli attacchi terroristici. La sinistra indiana dovrebbe cercare di scoraggiare nel paese tutti i tentativi dei centri di potere volti a promuovere l’ostilità verso il Pakistan. Il Partito Comunista del Pakistan solidarizza con il governo indiano e il suo popolo per le perdite subite ed esprime la speranza che le forze imperialiste e fasciste non riescano nei loro disegni L’India e il Pakistan continueranno il loro percorso verso l’amicizia e la pace. Segreteria Generale

Fonte: http://fulviogrimaldi.blogspot.com