di

Paolo Emiliani

Lana, latte e letto

La crisi, finalmente, preoccupa anche Berlusconi. Questa da sola sarebbe già una notizia, visto che il Cavaliere finora ha sempre ostentato un ottimismo irragionevole, completamente fuori dalla realtà.
Nel corso di una conferenza stampa a palazzo Chigi, durante la quale ha anche parlato dei problemi dell’occupazione che hanno reso necessario lo stanziamento di 8 miliardi per gli ammortizzatori sociali, Berlusconi è finalmente tornato sulla Terra ed ha detto che “questa crisi ha delle dimensioni che non sono ancora del tutto definite e la dobbiamo guardare e la guardiamo con preoccupazione”.
Ci conforta sapere che il presidente del Consiglio dei ministri ha finalmente scoperto ciò che gli italiani già da mesi conoscono sulla propria pelle, ma questo ci lascia tuttaltro che tranquilli.
La corretta diagnosi di un male (meglio sarebbe stata la prevenzione) è sicuramente importante, ma lo è ancor di più la terapia per guarire il malato.
Questa crisi non è un raffreddore che passa con la saggezza antica delle tre “L”, lana, latte e letto; qui ci vuole una cura antibiotica d’urto ed il dottor Berlusconi non sembra proprio in grado di prescrivere la medicina giusta. Almeno fino a che continuerà a sentire i consigli (interessatissimi) di gente come Dominique Strauss-Kahn, direttore generale del Fondo monetario internazione, che proprio ieri ha “messo in guardia” le economie avanzate dal rischio protezionismo. “l protezionismo – ha detto – può rientrare dalla porta posteriore, in particolare nel settore bancario”. Strauss-Kahn, paladino della globalizzazione selvaggia, teme l’introduzione di tasse doganali elevate sui prodotti importati. Ma le preoccupazioni più grosse per il numero uno del Fmi sono tutte per il settore finanziario “quando i governi forniscono risorse finanziarie o ricapitalizzano delle banche, potrebbero aggiungere una clausola dicendo che questo denaro deve restare in casa”o potrebbero essere introdotti dei vincoli affinché “queste somme siano utilizzate per acquistare prodotti nazionali”. Praticamente Strauss-Kahn vorrebbe negare al malato (speriamo non terminale) proprio le medicine salvavita. Non c’è dubbio infatti che questa crisi sia stata generata soprattutto dalla globalizzazione ed è manifesta la necessità di intervenire con forme protezionistiche, magari europee, visto che una stretta autarchia oggi sarebbe improponibile. L’Europa, allargata alla Russia che può garantire l’autosufficenza energetica, deve difendersi privilegiando le produzioni continentali e magari attuando accordi commerciali di settore con altre macroregioni (per esempio l’America Latina). E non c’è dubbio che non avrebbe senso sostenere con i soldi pubblici banche private perché queste continuino a fare profitto investendo su mercati lontani. Se questo è protezionismo ben venga il protezionismo. E se privilegiare il prodotto nazionale è autarchia ben venga l’autarchia. In fondo la piccola Italia, con appena sessanta anni di vita alle spalle e senza una forza industriale, superò alla grande la crisi del ‘29 proprio grazie alle semplici medicine di allora: interventi statali per realizzare grandi opere, frugalità nello stile di vita, consumo del prodotto nazionale e solidarietà sociale, praticamente quasi lana, latte e letto.

Fonte: www.rinascita.info