di

Mauro Steffè

Implosione del mercato italiano

Nel 2009 precipita ancor più la fiducia delle imprese italiane. L’indice relativo al settore, considerato al netto dei fattori stagionali, è calato a 66,6 da 71,6 del mese precedente. Scendono fortemente sia la domanda sia le attese a breve termine sulla produzione, con l’accumularsi delle giacenze di prodotti finiti. Il settore acciaio conferma il netto calo di ordini. Le imprese hanno difficoltà di accesso al credito. Anche dalle dichiarazioni di Marchionne si evince il fenomeno, mentre gli operai Fiat sono in cassa integrazione: il settore auto versa in drammatiche condizioni e se lo “Stato non interverrà” c’è un “rischio reale che 60 mila lavoratori restino a casa”. Continua l’amministratore delegato della Fiat: “dal governo ci aspettiamo un intervento per tutto il settore dell’auto, che sta vendendo il 60% in meno dell’anno scorso. Non si tratta di aiutare la Fiat, ma di fare ripartire un intero comparto produttivo e tutta l’economia”. La stessa Chrysler, partner di Fiat accusa il 60% di vendite in meno. Che sia un accordo “buono” ne è certo il vice presidente Fiat, John Elkann: “Ci sono ancora tantissime cose in divenire”, ha aggiunto, e tutto ciò è coerente con quanto detto alla fine dello scorso anno da Marchionne. Elkann ha parlato anche del futuro e sulla possibilità del Lingotto di salire oltre la quota iniziale del 35% di Chrysler.
Nel resto del panorama economico, ben 1400 le aziende sono coinvolte dalla crisi, ed hanno aperto procedure di cassa integrazione, mobilità, fallimento o altro; 72mila il numero dei lavoratori in Lombardia (secondo un recente studio della Cgil regionale) interessati da tali procedure, su un organico complessivo di oltre 121mila dipendenti. Significa che più della metà dei lavoratori lombardi è stato lasciato a casa o rischia il posto nei prossimi mesi. Circa 180mila lavoratrici e lavoratori precari a rischio di perdita del proprio impiego e 600mila gli avviamenti al lavoro con contratti precari. I dati forniti dalla Regione confermano la forte incidenza del lavoro instabile e ci dicono che nei primi sei mesi del 2008 su 770mila avviamenti al lavoro, il 76 per cento è stato con contratti a tempo determinato, a somministrazione (interinale, per intenderci), a progetto o addirittura di apprendistato. Rischiano dunque di essere messi alla porta i precari di Whirpool, BTicino, Lindt e Fjord a Varese, quelli della Areva a Lodi, Iveco a Mantova, Dalmine e Brembo a Bergamo, i lavoratori del Gruppo Mercegaglia sparsi su tutta la Lombardia, più di mille in 46 aziende bresciane e a Lecco gli oltre 300 lavoratori dei settori della Gomma Plastica, Meccanica, Edilizia e Industria Alimentare. I dati più drammatici riguardano il capoluogo lombardo: a Milano e provincia va infatti la maglia nera dei licenziamenti, già dallo scorso 30 novembre 2008, ben 11.453 lavoratori lasciati a casa, di cui 6272 nelle imprese con meno di 15 dipendenti e 5029 in aziende con più di 15 dipendenti.
Un bel distacco, dunque, dalle vicine Bergamo e Brescia, che invece contano rispettivamente 4100 e 3800 licenziamenti nel 2008. Non solo casse vuote, secondo la Cisl, i licenziamenti avvengono con una selezione sul mercato, abbassando la scure su determinate categorie, come ad esempio le donne. Il 10% dei tagli riguarda infatti le lavoratrici che, portandosi dietro il “rischio di maternità”, rappresentano un pericolo per le aziende, con fatturati sempre più in calo, quasi verso un arresto della produzione.
Il calo rispetto a novembre 2007 è stato del 26,2%. Rispetto ad ottobre 2008 la contrazione è stata invece del 6,3% (-5,6% sul mercato nazionale e -7,5% su quello estero). I dati, forniti dall’Istat, evidenziano il peggior crollo da gennaio 1991. Il fatturato dell’industria italiana a novembre 2008 è diminuito del 13,9% rispetto allo stesso mese del 2007 e del 3,9% rispetto ad ottobre 2008. Sempre secondo l’Istat il calo annuale deriva da una contrazione del 13,1% sul mercato interno e del 15,7% su quello estero. Lo stesso dicasi sulla vicenda Telecom, che si completa di un altro tassello. Telecom Milano barcolla: 2mila lavoratori a casa entro il 2011. Dopo l’annuncio dello scorso dicembre, è partito il nuovo piano di esuberi per 4mila dipendenti, che vanno ad aggiungersi ai 5mila in mobilità volontaria già programmata.
A Milano il clima si fa pesante. Il settore più colpito dai tagli sarà il customer, dove si prevedono esuberi per 2800 persone su scala nazionale, che rischiano il posto su cinquemila dipendenti a Milano.
E poi c’è l’indotto. A fronte dei 56mila dipendenti Telecom in tutta italia, ci sono circa 60mila persone che gravitano attorno all’azienda, la cui attività rischia di essere compromessa.
Anche le borse europee affondano seguendo i crolli di Wall Street, accusando e confermando una implosione reale.

Fonte: www.rinascita.info