Una centrale nucleare

Dopo più di vent’anni l’Italia torna al nucleare: allora fu un referendum a bloccarne lo "sviluppo".
Questa volta, invece, il Senato ha approvato l’articolo 14 del disegno di legge sviluppo che delega il governo in materia di energia nucleare. 142 sì, 105 no e 4 astenuti.
Entro sei mesi, quindi, il governo dovrà adottare uno o più decreti legislativi di "riassetto normativo recanti la disciplina della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché dei sistemi per il deposito definitivo dei materiali e rifiuti radioattivi e per la definizione delle misure compensative da corrispondere in favore delle popolazioni interessate".
Il Cipe inoltre, sempre entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, deve individuare le tipologie degli impianti per la produzione di energia elettrica nucleare che possono essere realizzati sul nostro territorio e deve elaborare i criteri e le misure per favorire la costituzione di consorzi per la costruzione e l’esercizio degli impianti.
La strada sembra quindi segnata, ma gli ambientalisti (e non solo) promettono battaglia.
Greenpeace diffonde le mappe: nucleare instabile sullo stivale
Intanto, dopo l’approvazione del DDL 1195 che dà sei mesi al governo per definire i criteri per la localizzazione dei siti nucleari, Greenpeace ha diffuso due “carte nucleari” ormai dimenticate: la carta del CNEN, che era la risultante di varie carte tematiche elaborate negli anni settanta e l’elaborazione GIS per la localizzazione del deposito nazionale per le scorie nucleari, elaborata dalla “task force” ad hoc del 1999-2000.
“Per capire dove potrebbero finire le nuove centrali nucleari bisogna partire da queste carte e vedere con quali criteri verranno aggiornate – spiega Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace – Un criterio è quello sismico, un altro criterio è quello della vulnerabilità delle coste per i cambiamenti climatici”.
Un report di Greenpeace “Mappe nucleari per l’Italia” fornisce una lista di aree a maggiore vulnerabilità climatica. Se questo criterio verrà adottato, dalla vecchia carta CNEN devono essere espunte diverse aree costiere e se ci fosse anche l’indicazione di restringere l’attenzione nelle aree a minore pericolosità sismica, davvero rimangono pochissimi siti su cui puntare l’attenzione (nelle province di Vercelli e Pavia, isola di Pianosa in Toscana, province di Ogliastra, Nuoro e Cagliari).
“Ma anche se la pericolosità sismica non è quella minima, Montalto di Castro, dove recentemente c’è stata una visita di tecnici dell’azienda francese EDF, rimane un forte indiziato – aggiunge Onufrio – sia per la vicinanza al mare in una zona costiera a minor rischio climatico che per le condizioni della rete. Ci aspettiamo che la regione Lazio nel suo piano energetico escluda chiaramente questa possibilità”.
Per le scorie nucleari esiste un’altra mappa di prima valutazione, elaborata nel 1999-2000 dal gruppo di lavoro ad hoc costituito all’epoca dalla Conferenza Stato Regioni (e supportato tecnicamente da ENEA). In questo caso il rischio sismico è ritenuto meno rilevante (alcune aree sono persino in Abruzzo): le aree sono presenti in numerose regioni ma si concentrano particolarmente tra l’Alto Lazio e buona parte della Toscana, le Murge pugliesi e la Basilicata.
“Continueremo ad opporci a questa sciagurata scelta del governo e a chiedere ai candidati alle prossime elezioni europee cosa pensano del ritorno al nucleare in Italia”, conclude Onufrio.

Fonte: http://www.terranauta.it/a1065/nucleare/il_senato_approva_il_nucleare.html