Silvio Berlusconi, Mara Carfagna, intercettazioni, bamboccioni, bamboccioni alla riscossa

Papi nostro è ancora affaccendato con le (sue) pupe. Ma anche dall’altra parte della barricata, qualcosa – eppur – si muove.

Il segretario del Piddì, Dario Franceschini era rimasto fermo e immobile sulle sue posizioni per tre mesi. A marzo: attaccava Berlusconi, ma assicurava che lo stava facendo solo per la bandiera e che da ottobre qualcun altro avrebbe preso il suo posto alla guida del Piddì. Ad aprile: attaccava Berlusconi, e giurava e spergiurava che mai si sarebbe ricandidato per fare il segretario del Piddì. A maggio e ancora a inizio giugno, tanto per variare un po’: insultava Berlusconi, ma mandava un messaggio chiaro ai suoi sostenitori: non mi convincerete mai a restare il numero uno del Piddì. Poi ci sono state pupe ed elezioni e Franceschini, finalmente, questa settimana ha cambiato copione. Continua ad attaccare Berlusconi. Ma, lunedì scorso, ha spiegato che – ripensandoci bene – ad ottobre cercherà di farsi rieleggere segretario dei democratici nostrani. Con l’appoggio – ça va sans dire – dell’ex segretario ed ex aspirante “missionario” in Africa, Walter Veltroni.

Una giravolta – anzi, un triplo carpiato – che è sfuggito ai media italioti rapiti da Papi e pupe. Ma che se rivisto al replay offre uno spaccato – del principale partito della centro(sinistra) italiano e quindi dell’alternativa di governo – davvero mozzafiato. Infatti: non una vita fa, ma a febbraio: il Partito democratico aveva un capo (Veltroni) che si era dimesso, con due parole due: “Ho fallito”. E uno diceva: vabbè, morta lì. Ma, no. Perchè a quel punto ha preso il suo posto, il suo vicecapo (Franceschini); che ora si candida a fare il capo per davvero; con il sostegno del suo ex capo. Ultima chiosa: capo ed ex capo, però, dovranno battere un uomo (Bersani) che è sponsorizzatto dal nemico giurato (D’Alema) dell’ex capo (Veltroni) che aveva smesso di fare il capo (anche) per colpa sua.

Un valzer – di gattopardesca memoria – da far girar la testa. E anche un po’ da voltastomaco. Ma illuminante.

Per esempio: chi scrive si era sempre interrogata sulla leggenda che vuole che l’orchestra del Titanic abbia continuato a suonare, fino alla fine, fino al naufragio e alla morte dei musici. Ecco: a sentir ancora parlare di papi, pupe, capi, vicecapi e nemici di capi – mentre l’Italia sprofonda sotto un debito pubblico sempre più grande; l’export affonda; i disoccupati si moltiplicano e la crisi economica peggiore dalla Grande depressione infuria – fa un certo effetto. E fa pensare che in fin dei conti, beh, la storia dell’orchestra ci sta tutta. E si può pure ripetere. Anzi: yes. We can.

 

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