bamboccioni, bamboccioni alla riscossa, Concita de Gregorio

In Italia, ormai, può succedere di tutto. E questa settimana è successo anche questo. E’ successo – giusto mercoledì scorso – che il direttore de “L’Unità”, al secolo Concita De Gregorio ha vergato un altro dei suoi salaci editoriali. Per dire una cosa semplice semplice: le intercettazioni probabilmente più esplosive della Storia repubblicana – protagonista il solito Berlusconi e alcune “pupe” davvero di eccezione – sono serenamente transitate sui tavoli delle redazioni dei giornali (tutti tutti? Mistero). Per poi finire nel cestino. In qualche cassetto. O inguattate in una cassaforte a doppia mandata. Senza che nessuno facese bau.

Addirittura? Addirittura. La biondissima e phonatissima direttrice del quotidiano del fu Piccì ora Piddì non ha dubbi. E infatti ha scritto nero su bianco – con una nonchalance davvero notevole – che era un autentico segreto di Pulcinella:

(…) lo sapevano tutti. I nastri delle celebri intercettazioni telefoniche (mai pubblicate) tra signorine poi diventate ministro sono stati sui tavoli delle scrivanie delle redazioni, dei ministeri, degli uffici parlamentari il tempo necessario – poco, ma sufficiente – ad essere letti, fotocopiati, spediti in allegato per e-mail a decine di persone, e da queste decine a centinaia perché ciascuno ha un paio di amici con cui condividere. È come la storia delle farfalline disegnate da Lui, delle cene di quaranta ragazze ogni venerdì, del via vai di sconosciute in auto blu a palazzo Grazioli. Lo sapevano tutti, non lo diceva nessuno. Tutti si fa per dire, certo. Tutti quelli che hanno accesso alle carte. Milioni di italiani no e tra questi milioni coloro che vedono solo la tv non l’avrebbero saputo mai (la televisione, come vi diciamo oltre, è Cosa Sua).

Dirà qualcuno di voi, vista anche la raffica di intercettazioni degli ultimi anni: ma di che sta parlando esattamente la direttrice de L’Unità? Presto detto. Estate scorsa, a governo Berlusconi appena eletto, si erano diffuse – grazie anche alla testimonianza diretta di una deputata del Popolo delle Libertà (ed ex craxiana di ferro), Margherita Boniver – voci sempre più insistenti sull’esistenza di intercettazioni un po’ particolari. Protagoniste: alcune ministre. Argomento: decisamente boccaccesco. Intercettazioni dal contenuto tanto pruriginoso, quanto misterioso. Le cui conseguenze Sabina Guzzanti – un anno fa, durante il “No Cav day” – aveva sintetizzato in maniera davvero pirotecnica: “A me non me ne frega niente della vita sessuale di Berlusconi. Ma tu non puoi mettere alle Pari opportunità una che sta lì perché t’ha succhiato l’uccello, non la puoi mettere da nessuna parte ma in particolare non la puoi mettere alle Pari opportunità perché è uno sfregio”. Roba da querela. Che infatti l’ex soubrette ora ministra, Mara Carfagna si premurò subito di fare.

Una storia vecchia. Che però – sempre questa settimana – il papà di Sabina Guzzanti, il senatore (fuoriuscito da Forza Italia) e giornalista Paolo Guzzanti ha pensato bene di rinverdire. Spiegando – urbi et orbi dal suo blog – non solo che quelle intercettazioni esistevano. Ma che “voci, che io ho potuto verificare come purtroppo attendibili” direbbero che “un famoso direttore ha mostrato e fatto leggere a un numero imprecisato di persone (deputati e deputate di Forza Italia per lo più) i verbali che tutti i direttori di giornale hanno, ma che avrebbero deciso di non usare su sollecitazione del Presidente Napolitano. Si tratta di trascrizioni da intercettazioni avvenute nell’ambito dell’inchiesta di Napoli e poi fatte distruggere da Roma, in cui persone che ora ricoprono cariche altissime si raccontano fra di loro cose terribili che la decenza e la carità di patria mi proibiscono di scrivere, anche se purtroppo sono sulla bocca di coloro che hanno letto i verbali”.

Curiosamente quotidiani blasonati come “La Repubblica” e il “Corriere della Sera” hanno piazzato le parole di Guzzanti senior in un paio di spazi grossi come cartoline, rispettivamente, a pagina 8 e 12 (ovvero lontano da prime pagine e titoloni cui si ferma normalmente il lettore). Cartoline altrettanto curiosamente accompagnate dalla smentita del Quirinale, cioè del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Ma non da quelle dei direttori dei giornali. Che – non solo quelli di Corriere e Repubblica, ma un po’ tutti – su questo caso di clamorosa autocensura non hanno proferito verbo. Ad eccezione di Concita De Gregorio. Che nel suo editoriale di mercoledì scorso ha pensato bene di tagliare la testa al toro. Dicendo chiaro che:

Io le intercettazioni di cui parla Guzzanti le ho viste e poco importava allora che il fido Ghedini dicesse che non esistevano, poco importa che dica adesso, smentendo se stesso, che sono state distrutte. Non erano «rilevanti penalmente», certo, ma esistevano eccome e pensandoci col senno di poi avrebbero potuto dare indicazioni certe sulla composizione definitiva del governo. Le protagoniste dei dialoghi siedono tutte in Consiglio dei ministri.

I contenuti?

Ricordo uno spettacolo di Luciana Littizzetto, l’estate scorsa al Festival di Spoleto, ne riferiscono le cronache del tempo. Trascrivo. «A proposito del caso delle intercettazioni il monologo ne svela i contenuti e racconta dei consigli sulle iniezioni da fare nel corpo cavernoso che trasformano il «walter» in una stecca da biliardo». Il corpo cavernoso, le iniezioni sul «walter». Lo sapeva anche lei.

E il presidente della Repubblica si era davvero mosso per bloccarle?

Ora la polemica è col Quirinale, che smentisce di aver chiesto che non fossero pubblicate come Guzzanti sostiene. È un tema minore: se qualcuno avesse voluto o potuto correre il rischio di pubblicarle violando la legge lo avrebbe fatto comunque, ignorando eventuali consigli. Non sarebbe del resto stata la prima volta, né l’ultima.

E verrebbe da dire: coraggiosa Concita. Se non fosse che la sua testimonianza – che potrebbe costarle una querela, nonostante il tono più allusivo che assertivo – più che offrire risposte, disegna altri punti interrogativi. Perchè le parole del direttore de “L’Unità” – che dimostrerebbero al di là di ogni ragionevole dubbio che queste intercettazioni ci sono – si sono letteralmente arenate sulle pagine del quotidiano del fu Piccì ora Piddì e non hanno sollevato un enorme polverone? Perchè nessun giornalista – compresa Concita De Gregorio – ha mai pubblicato quei dialoghi che disegnerebbero – a differenza di escort e Noemi varie – un vero e proprio “metodo di governo” che va ben oltre i confini della decenza? E soprattutto: qualcuno ha forse anche chiesto qualcosa in cambio, per non pubblicare – o in qualche altro modo divulgare – una riga?

Domande – tutte – destinate, per certo, a rimanere senza risposta. Ma una certezza c’è. In questo Belpaese di inizio millennio, capire cosa facciano, e a cosa, e a chi servano i giornali sta diventando davvero sempre più difficile. E – a tratti – inquietante.

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