La legge anti lap-dance: sì, sì, sì. L’esplosione del debito pubblico: no, no, no. Ieri la stampa anglosassone ha messo in fila gli ultimi dati provenienti dalle sempre più disastrate casse dello stato britannico. In questi primi mesi del 2009 – cioè fino ad agosto – il governo di sua maestà ha dovuto prendere a prestito ben 65.3 miliardi di pound (72 miliardi di euro), stampando titoli di stato a raffica. Una cifra stratosferica. Soprattutto se confrontata con i bei tempi andati. Quelli – per capirci – pre-crisi. L’anno scorso: l’Inghilterra si era fatta prestare – in dodici mesi dodici – solo 26.1 miliardi di sterline (circa 28 miliardi di euro). Risultato: il debito pubblico inglese, scrive il quotidiano britannico The Guardian”, è letteralmente esploso passando dal 44% del Pil (agosto 2008) al 57% del Pil (agosto 2009). Una corsa che, secondo alcuni analisti citati sempre da “The Guardian”, non è destinata a fermarsi tanto presto. Portando il rapporto tra debito e Prodotto interno lordo all’80%.

Un boom – va da sè – non indolore. “Siamo contenti che i leader politici ora stiano parlando esplicitamente di tagli alla spesa (pubblica, NdA) negli anni a venire. La sfida che sta affrontando il Paese è grande e dobbiamo avere un piano pluriennale di riduzione del deficit credibile”, ha detto David Kern, capo economista della Camera di Commercio britannica al “Telegraph”. Ad essere un po’ meno contenti saranno per certo contribuenti ed elettori. A breve – per la precisione entro la prima metà del 2010 – la Gran Bretagna andrà a votare. E il premier Gordon Brown ha già annunciato che – se rieletto – sicuramente darà una bella sforbiciata alla spesa pubblica. Eliminando – ha precisato Brown con uno slogan usato e abusato in ogni latitudine – sprechi&inefficienze.

Quali sprechi e quali inefficienze, per ora, non è dato sapere. Quel che certo, invece, è che a provocare questa crisi fiscale è stata un’altra crisi. Quella economica e delle banche inglesi, in buona parte salvate e semi-nazionalizzate a carico dei contribuenti. Guardian e Telegraph ieri hanno dipinto un quadro poco confortante. Le aziende non vanno (e pagano meno tasse). I consumatori non consumano (e pagano meno tasse). E lo stato inglese sta spendendo sempre di più – la spesa pubblica nel 2009 è cresciuta dell’11% rispetto al 2008 – nel tentativo di metterci una pezza (e mantenere i disoccupati). Di qui il boom del debito. E la necessità dei tagli. Un epilogo triste. Perchè in questo modo gli errori di tanti – banchieri negligenti e clienti che si erano fatti prestare danari che non erano in gradi di restituire – finiranno spalmati su tutti. Un epilogo che ricorda il copione già andato in scena in diversi Stati degli Usa, California in primis.

Ma tant’è. La cosa, in fin dei conti, non ci riguarda. L’Italia – sempre causa crisi – in fin dei conti vedrà crescere il suo debito pubblico di un’inezia. Nel 2008 viaggiava al 104% del Pil. Nel 2010 dovrebbe arrivare attorno al 120% del Pil. Lo ha ripetuto – in una lunga intervista rilasciata al settimanale “L’espresso” – anche Lorenzo Bini Smaghi, membro italiano del comitato esecutivo della Banca centrale europea. Certo: secondo Bini Smaghi, ci vorrebbe un bel taglio della spesa corrente (cioè dei danari pagati per i dipendenti pubblici). E un bell’aumento dell’età pensionabile (67 anni). Ma sicuramente l’Italia uscirà dalla crisi “meglio degli altri”. E Berlusconi – o qualunque governo di destra, sinistra e centro che si trovi al suo posto – non darà simili dispiaceri agli italiani.

Non può essere diversamente. E infatti: nessuno in questi giorni – a differenza di quel che sta succedendo in Gran Bretagna – parla di tagli o di debito pubblico. Non la destra. Non la sinistra. Non il centro. E neppure giornali e tivù. Tra ieri e oggi la notizia dello sboom del debito inglese – utile in un Belpaese meno distratto a introdurre, come dire?, l’argomento – è stata sostanzialmente ignorata dai media italioti. E il Corriere.it, oggi, parla sì di Gran Bretagna, ma solo per raccontare di una legge (inglese) anti lap-dance e di un baby trans (inglese) di dodici anni. Certo che sono proprio fissati col sesso questi britannici.

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