1. La miniera di Osama in mani cinesi”, Corriere della Sera. Tempo fa, Sir David Richards – capo di stato maggiore dell’esercito inglese – aveva detto chiaro e tondo (al Times) che la missione della Nato in Afghanistan sarebbe potuta durare ancora a lungo. Tipo, precise parole, “30 o 40 anni”. E in effetti – come ci ricorda il Corriere in edicola oggi – di cose da fare nei prossimi decenni a Kabul ce ne sarebbero. Eccome. Per esempio sfruttare la miniera di Aynak, il secondo giacimento di rame al mondo. A scavare come pazzi – però – non sono e non saranno compagnie europee o targate Usa. Bensì i cinesi della China Metallurgical Group, la società di proprietà della Repubblica popolare che ha ottenuto – promettendo fior di royalties al governo afghano – una concessione di durata appunto trentennale. Ora: coincidenza vuole proprio nella regione di Ayak, siano stati appena mandati 2.000 soldati a stelle e strisce. E che Davide Frattini – inviato del Corriere in Afghanistan – osservi: “L’obiettivo ufficiale della missione (ad Ayak, NdA) è respingere le infiltrazioni dei talebani verso Kabul, ma l’effetto collaterale è quello di proteggere gli investimenti cinesi“. Ma guai a chi si permettesse di vedere un qualche nesso tra la protezione dei soldati americani e il fatto che la Cina sia il Paese che ha in tasca – sotto forma di titoli di Stato – la maggior parte del debito pubblico Usa. Quello sarebbe davvero pensare (troppo) male.
  2. “China seeks big stake in Nigerian oil”, Financial Times. Non solo Afghanistan. E non solo Asia. La Cina – ha scritto ieri il Financial Times – pare essere sempre più interessata anche al petrolio della Nigeria, il primo produttore di oro nero dell’Africa Subsahariana. Tanto che la China national offshore corporation (Cnooc) – una delle tre grandi compagnie petrolifere di Pechino – ha messo sul piatto oltre 30 miliardi di dollari per assicurarsi un sesto delle riserve nigeriane. Cnooc, per assicurarsi qualcosa come 6 miliardi di barilli di petrolio, dovrà battere la concorrenza di giganti del settore come Shell, Chevron, Total e Exxon. Ma un primo risultato l’ha già raggiunto: far sorridere i governanti nigeriani. Tanimu Yakubu, consigliere economico del presidente della Nigeria, infatti, ha commentato: “I cinesi hanno già offerto molto di più di quello che ci era stato dato in passato… Amiamo questo tipo di competizione”.
  3. “CIC buys stake in Kazakh oil and gas group”, Financial Times. Insomma la fame di materie prime cinesi non conosce confini. E neppure limiti. Solo negli ultimi sette giorni: China investment corp – il fondo sovrano cinese – ha comprato l’11% delle azioni di KazMunaiGas, produttore di gas e petrolio del Kazakistan (costo: 939 milioni di dollari); ha investito 1,9 miliardi di dollari in Bumi Resources, primo produttore di carbone in Indonesia; e ha pagato 850 milioni di dollari per avere il 15% della Noble Group, compagnia specializzata nel trasporto via nave di materie prime. Così, tanto per non farsi mancare niente.

P.S. Lo shopping fatto da Pechino negli ultimi giorni è una notizia. Ma non una novità. Qui, infatti, trovate “Complo tutto/1″, un altro (vecchio) post, con altri colpi messi a segno dalla Cina giusto quest’estate.

Link