Solange Manfredi

 


Tra pochi giorni ci sarà la commemorazione per la strage di Piazza Fontana. Sono passati 38 anni da quel tragico 12 dicembre 1969 … dalla strage.
Milano:
1. ore 16.37. Piazza Fontana. Banca Nazionale dell’Agricoltura. La Banca, come ogni venerdì, è ancora affollata di gente per il “mercato degli agricoltori”. 7 kg. di tritolo, nascosti in una borsa da lavoro nera, esplodono nel salone centrale della Banca. Il bilancio è di: 17 morti e 88 feriti;
2. Ore 16,25. Piazza della Scala. Banca Commerciale Italiana. Un impiegato trova, vicino ad un ascensore di servizio, una borsa da lavoro nera abbandonata. La consegna ad un funzionario che la apre e dentro vi trova una cassetta di metallo, una busta di plastica ed un timer. La bomba non esplode. Il timer è difettoso.
Roma:
3. Ore 16,45. Via Veneto. Banca Nazionale del Lavoro. Una bomba nascosta in una borsa da lavoro nera esplode nel sotterraneo della sede centrale della Banca, vicino al centralino. La banca è chiusa, ci sono solo gli impiegati. Il bilancio è di 14 feriti;
4. Ore 17,22 . Altare della Patria: una bomba nascosta in una borsa da lavoro nera esplode sulla seconda terrazza dell’Altare della Patria, vicino al santuario del milite ignoto. Il bilancio è di 4 feriti;
5. Ore 17.30 Altare della Patria: una bomba nascosta in una borsa da lavoro nera esplode sempre sulla seconda terrazza dell’Altare della Patria ma questa volta dalla parte del Museo del Risorcimento. Bilancio nessuna vittima e nessun ferito.

5 attentati dinamitardi. Gli ordigni erano contenuti in borse da lavoro nere.

Nei giorni seguenti un negoziante di Padova, come buona parte degli italiani, segue al telegiornale le notizie sulla strage. In un servizio viene trasmessa l’immagine della borsa che conteneva l’ordigno non esploso. Il negoziante la riconosce, è una borsa che vende nel suo negozio. Ma c’è di più: due giorni prima della strage ne ha vendute 5, tutte uguali e tutte alla stessa persona. Chiama immediatamente la polizia per fare la segnalazione e il 16 dicembre 1969 la sua testimonianza viene verbalizzata Ma la segnalazione non viene inoltrata ai magistrati. Solo l’11 settembre 1972, grazie ad un giornalista, il giudice d’Ambrosio viene a sapere del negoziante di Padova e delle borse. E’ la prima volta che riceve questa importante informazione e sono passati tre anni.
Perché?
Indaga e scopre che la segnalazione fatta tre anni prima non era stata mai inoltrata agli organi inquirenti.
Nel corso delle indagini sono molte le irregolarità commesse dalle autorità che indagano, accertate dalla procura di Milano, tanto che nell’ottobre del 1972 vengono accusati di «intralcio alla giustizia, omissione di rapporto, dissimulazione e sottrazione di prove» il dirigente degli affari riservati del Ministero degli interni Elvio Catenacci, il questore di Roma Bonaventura Provenza e il capo dell’ufficio politico della questura di Milano Antonino Allegra. Due anni più tardi, nei loro confronti viene dichiarato il non luogo a procedere.
Appena compiuta la strage le forze dell’ordine indagano sulla pista anarchica. Perché?
Perché le prime informative inviate alle forze di polizia dall’Ufficio affari riservati del Ministero dell’Interno indicano come possibili autori degli attentati i gruppi anarchici e l’estrema sinistra. 30 anni dopo il giudice Salvini (giudice istruttore della strage di piazza fontana conclusasi nel 2004 ancora una volta senza nessuna condanna) afferma in una intervista: “…interrogando centinaia di imputati, sentendo testimoni, esaminando migliaia di documenti, non è stato trovato un solo documento, né acquisita una sola testimonianza che portasse o riportasse le indagini nella direzione della pista anarchica che era la prima che era stata seguita, per volontà del ministero degli Interni.….la polizia sapeva che gli anarchici non c’entravano e aveva manovrato infiltrati all’interno di essi, per colpirli e quei documenti sono rimasti sepolti fino a pochi anni fa..".
Ma ancora non basta. Si scopre infatti che negli anni che sarebbero state numerosissime le informative, estremamente dettagliate, che il SID (servizio segreto) avrebbe raccolto prima e dopo la strage di Piazza Fontana mai inviate ai magistrati che svolgevano le indagini. Una di queste è addirittura del maggio del 1969 ove si legge che stava per aprirsi una fase di attentati che si sarebbero attuati in luoghi chiusi come le banche.

Ricordando anche quanto scritto in articoli precedenti dove abbiamo visto essere costanti le gravi omissioni da parte delle forze dell’ordine, la domanda che sorge spontanea è: ma tutte queste persone delle forze dell’ordine che hanno “omesso” di riferire od inoltrare alla magistratura testimonianze, prove, informative, ecc.. sono stati puniti? Assolutamente no! Ma la cosa peggiore è che potranno continuare a farlo senza timore di incorrere in alcuna punizione. Sembra assurdo ma è così. Infatti per quanto concerne l’ufficiale che omette di riferire quanto ha saputo in ordine a delitti procedibili d’ufficio (ovvero i reati più gravi) se si prende il nostro codice penale si legge, all’art. 361, che il pubblico ufficiale che omette di denunciare all’autorità giudiziaria un reato di cui ha avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni è punito con una multa da euro 30 a euro 516. Capito ora? Non denunciare un reato, anche grave, è punito con 30 euro di multa, ma si può arrivare fino a 516 euro, il costo di un televisore. Da far tremare le vene nei polsi!!!
Se poi il colpevole è un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria la pena può essere fino ad un anno di reclusione. Con i tempi della giustizia italiana vuol dire prescrizione, ovvero estinzione del reato, sicura. In soldoni: non rischia nulla.
Se, invece, l’ufficiale “rifiuta o omette” di inoltrare rapporti, testimonianze, prove, ecc.. è, per l’art. 328 del codice penale, punito con la reclusione da sei mesi a due anni. Anche in questo caso la prescrizione è cosa praticamente certa. Anche in questo caso non si rischia nulla.
E noi andiamo avanti, convinti di vivere in un paese civile (in paesi del c.d. 5° mondo hanno pene più severe ed efficaci) e agli anniversari di queste vergogne (e ce ne sono tante, troppe) ci sorbiamo la solita ipocrisia delle istituzioni e la loro finta partecipazione.

 

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