di

Felice Capretta

Mentre i giornali di oggi ci ricordano lo sguardo di Olindo Romano a processo per la strage di erba, evocando con dovizia di dettagli il numero di gole tagliate quel giorno anzichè porsi alcune domande sulle ragioni di certi eventi, poco spazio è stato concesso a quest’altra notizia apparsa su Reuters di recente riguardo al South Stream, che evoca segni di dissezione geopolitica globale.
Eni e Gazprom: avanti con Parigi sul South Stream
Eni e Gazprom confermano il loro impegno a sviluppare il progetto South Stream, il gasdotto destinato a trasportare il gas russo in Europa, passando sotto il Mar Nero, bypassando l’Ucraina.
In un comunicato congiunto il presidente di Gazprom, Alexey Miller e l’AD dell’Eni, Paolo Scaroni – che si sono incontrati a Mosca – sottolineano la volontà di completare lo studio di fattibilità relativo alla sezione off shore del gasdotto.
Le parti concordano inoltre un’accelerazione delle attività della joint venture South Stream AG.

Le due compagnie confermano inoltre il loro supporto all’ingresso nel progetto di EdF e si impegnano ad avviare la fase negoziale con la società francese

si legge nella nota che risponde alle voci di contrasti fra i due colossi per la realizzazione del progetto, emerse venerdì scorso.
Il comunicato non dettaglia, tuttavia, sulla quota da destinare al colosso dell’energia francese che potrebbe oscillare fra il 10 e il 20%. Ancora non è certo se, per consentire ai francesi di entrare nel progetto, ci sarà una diluizione pro quota fra Eni e Gazprom o solo del gruppo italiano. […]
Venerdì scorso, inoltre, un dirigente di Gazprom aveva accusato Eni di bloccare lo sviluppo di South Stream, secondo quanto riporta la stampa. Contrasti che sarebbero poi stati smentiti.
Tornando all’incontro odierno fra i due numeri uno di Gazprom ed Eni, è stato raggiunto, inoltre, un accordo sull’entrata dei russi nel progetto Elephant Libia.

L’accordo dettagliato sarà finalizzato nei prossimi giorni e quindi sottoposto per approvazione alle autorità libiche.

L’avvio della produzione del giacimento Samburskoye è confermato per il 2011. Il plateau di produzione di 150.000 barili di petrolio equivalente al giorno è atteso dopo circa due anni dall’avvio della produzione.
Continua dunque a montare e si estende a Parigi il disallineamento italo-turco-russo alla strategia energetica del blocco anglo-israelo-americano, che vede il South Stream come il fumo negli occhi in quanto concorrente di Nabucco.
Segnali di dissezione geopolitica globale?
Sintomi di incrinatura sull’asse occidentale-israeliano?
Netanyahu evita il confronto sul nucleare
Fatto sta che Netanyahu, dopo essere andato via da Washington alquanto perplesso, non ha partecipato al più grande summit nucleare dal 1945 tenutosi a Washington, dopo che Turchia ed Egitto hanno sollevato il problema dell’arsenale nucleare israeliano.
Ha partecipato il suo vice.
Da Repubblica:
La decisione è stata presa – spiegano i funzionari citati da ‘Haaretz’ – nel timore che un gruppo di paesi guidati da Egitto e Turchia chieda che Israele aderisca al Trattato di Non Proliferazione Nucleare.
Aderire dunque al Trattato di Non Proliferazione Nucleare?
Giammai.
Anche perchè questo costringerebbe Gerusalemme a dover aprire il reattore nucleare di Dimona (e gli altri reattori, se ce ne sono altri) agli ispettori dell’AIEA, o a subire sanzioni qualora non lo facessero, come per esempio accade oggi a Teheran che invece al TNP ha aderito ed aderisce.
A tutt’oggi, tra l’altro, Israele nega di avere un arsenale nucleare (stimato tra 100 e 300 testate già belle e pronte all’uso, quasi quanto la Gran Bretagna) e non consente le ispezioni dell’AIEA.
Ma invoca sanzioni contro Teheran.
Già.

 

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