DI MICHAEL HUDSON
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Indovinello: Che differenza c’è tra i rivoltosi greci e il movimento Tea Party in America?
Risposta: Entrambi ripudiano il governo che è stato assorbito da un’oligarchia finanziaria per spostare il peso fiscale sul lavoro.
La differenza è che i membri del movimento Tea Party hanno perso fiducia nel governo ed è, naturalmente, quello che vuole l’oligarchia finanziaria. Abbandonando la speranza di ottenere il controllo elettorale per perseguire un equo programma fiscale, i membri del movimento Tea Party hanno rinunciato alla lotta secolare per le riforme per dare al governo maggiori poteri per controllare la finanzia rapace e la ricchezza. Scivolando verso destra nell’arco politico e agendo principalmente per frustrazione, essi hanno ceduto al desiderio utopico di schiacciare semplicemente il governo che essi vedono comportarsi in modo contrapposto ai loro interessi.

I lobbisti finanziari stanno utilizzando la crisi greca come dimostrazione pratica per avvisare della necessità di tagliare la spesa pubblica per la Previdenza Sociale e per Medicare. Questo è il contrario di ciò che i dimostranti greci stanno chiedendo: invertire lo spostamento globale del peso fiscale dalla proprietà e dalla finanza sul lavoro, e dare priorità alle richieste finanziarie del lavoro per i fondi pensione rispetto alle richieste delle banche che vogliono essere interamente pagate per centinaia di miliardi di dollari di prestiti con risultati negativi che sono stati erogati in modo sconsiderato e che recentemente sono stati declassati a livello di spazzatura.
Il salvataggio greco dovrebbe essere inteso come un TARP per i banchieri tedeschi, gli altri banchieri europei e gli speculatori monetari globali. Quasi 1.000 miliardi di dollari sono stati forniti dai governi (soprattutto la Germania, a costo della propria spesa interna) per una specie di fondo di garanzia che il governo greco utilizzerà per ripagare gli obbligazionisti stranieri che nelle ultime settimane hanno acquistato questi titoli a prezzi molto bassi. Davvero un bel colpo, così come per gli acquirenti di centinaia di miliardi di dollari di credit default swaps sulle obbligazioni del governo greco, per gli speculatori in euro-swaps e per gli altri giocatori d’azzardo del casinò capitalista (e chi era nella parte perdente di questi swaps ora dovrà essere salvato, e così via ad infinitum). Questa manna dovrà essere pagata dai contribuenti, fondamentalmente da quelli greci (per la verità dai lavoratori, perché i ricchi sono stati detassati) per rimborsare i governi europei, il FMI e addirittura il Tesoro degli Stati Uniti per la sua dedizione alla finanza rapace. La sacralità del debito che sacrifica l’economia per pagare gli obbligazionisti verrà utilizzata come giustificazione per ridurre drasticamente i servizi pubblici greci, le pensioni e le altre spese governative. Ma che cosa sono, dopotutto, la sacralità e la religione senza un sacrificio? La domanda è: chi deve essere consacrato, e verso quale dio? In questo caso sembra essere il Dio Denaro, e non Gesù. L’autoimmolazione diventerà un modello per gli altri paesi per imporre un’austerità di questo tipo mentre i governi accumulano disavanzi di bilancio di fronte alla contrazione dell’economia e ai prelievi fiscali in calo.
Nel frattempo, il settore finanziario si arricchisce grazie alla conversione dell’economia spazzatura in politica internazionale. La vita nel breve periodo è l’arco temporale del settore finanziario mentre si distrae l’attenzione delle popolazioni indebitate dai calcoli che Wall Street sa fare molto bene: i debiti, alla fine, non possono essere estinti.
Ma possono venire estinti nel breve periodo, con la promessa un giorno o l’altro di pagare, come se una qualsiasi economia potesse essere in grado di crescere imponendo l’austerità! E’ ovviamente tutta una questione di economia spazzatura. Ma fa guadagnare tempo ai banchieri per pagarsi altri bonus quest’anno. Prima che il sistema finanziario crolli, i banchieri avranno investito i loro soldi in hard assets [beni materiali come oro, diamanti, terreni, immobili, petrolio, gas naturale, NdT].
I lobbisti bancari sanno che il gioco finanziario è finito e stanno giocando nel breve periodo. L’obiettivo del settore finanziario è quello di ottenere più denaro possibile dal salvataggio e poi scappare, con bonus annuali sufficientemente elevati per poi spadroneggiare sul resto della società quando finalmente arriverà lo Stato di Pulizia. Una minore spesa pubblica per i programmi sociali lascerà più risorse per i salvataggi delle banche che hanno visto crescere in modo esponenziale i loro debiti negativi che, alla fine, non possono venire ripagati. E’ inevitabile che i prestiti e le obbligazioni saranno insolventi nella tipica frenesia del fallimento.
I lavoratori greci non sono ancora così pessimisti da abbandonare la battaglia. Quello di cui si sono accorti, a differenza della loro controparte americana, è che qualcuno controllerà il governo. Se i lavoratori – il demos – perdono il proprio spirito, il potere verrà ceduto ai creditori stranieri che detteranno d’ufficio la politica pubblica. E se verrà servito l’interesse dei banchieri, l’economia sarà ben peggiore e ben più gravata di debiti. Il loro profitto viene comprato al prezzo dell’austerità interna. I pagamenti programmati attraverso i fondi pensione greci e i programmi governativi di spesa sociale servono a ricostituire il capitale delle banche tedesche e di altre banche europee.
Questa visione del mondo è già stata trasmessa alla periferia più settentrionale d’Europa, dove ha suscitato un masochismo fiscale che le banche sperano di vedere anche in Grecia. Essendosi rovinati con le proprie mani, i governi baltici sarebbero gelosi, addirittura risentiti, di vedere che la Grecia riesce a salvare la propria economia mentre loro non sono riusciti a rigettare le arroganti richieste dei creditori. “Dall’anello più orientale dell’Unione Europea il piano di austerità che si profila nella Grecia colpita dalla crisi sembra una storia già vista”, scrive Nina Kolyako [1]. “Per quasi due anni gli stati baltici di Lituania, Lettonia ed Estonia hanno introdotto ripetutamente misure drastiche, tagliando la spesa pubblica e aumentando a dismisura le tasse per cercare di uscire dal tunnel”. “Abbiamo imparato molto bene la lezione, dolorosamente ed è necessario occuparsi della situazione fiscale con molta attenzione,” ha dichiarato in una recente intervista all’AFP il primo ministro lituano Andrius Kubilius. “Abbiamo capito molto chiaramente che il consolidamento fiscale è stato per noi l’unico modo per sopravvivere”. Cedendo in una classica sindrome di Stoccolma (in questo caso, letteralmente alle banche svedesi), il governo della Lituania ha ossequiosamente dato un giro di vite facendo precipitare il PIL di oltre il 17 per cento. Una cosa simile è avvenuta in Lettonia. I paesi baltici hanno tagliato l’occupazione e gli stipendi del settore pubblico, imponendo la povertà invece dei livelli di benessere dell’Europa occidentale (e una tassazione progressiva per favorire il ceto medio) che erano stati promessi dopo che questi paesi avevano ottenuto l’indipendenza dalla Russia nel 1991.
Dopo che il parlamento lettone ha imposto l’austerità nel dicembre 2008, la protesta popolare di gennaio ha fatto cadere il governo (come è avvenuto anche in Islanda). Ma il risultato è stato solamente un altro “regime di occupazione” neoliberista per conto degli interessi dei banchieri stranieri. Quindi quella che si sta sviluppando è una Guerra Sociale su scala globale – non la guerra di classe prevista nel diciannovesimo secolo ma una guerra della finanza contro intere economie, contro l’industria, il settore immobiliare e i governi, e anche contro i lavoratori. Sta avvenendo con il tipico andamento al rallentatore con il quale avvengono le grandi transizioni storiche. Ma, come nei conflitti militari, ogni battaglia appare convulsa e provoca forti oscillazioni nei mercati azionari mondiali, negli scambi obbligazionari e nei mercati valutari.
Tutte ottime notizie per gli operatori computerizzati. Oggi l’impegno medio di capitali dura solamente pochi secondi mentre i mercati finanziari sono sferzati da grandi ondate di credito sospinte da tempeste che stanno facendo piazza pulita di un pianeta che finanziariamente si sta surriscaldando.
La prossima distopia economica
La crisi greca mostra quanto si sia allontanata “l’idea di Europa” dalla costituzione, nel 1957, della Comunità Economica Europea (CEE) con sei paesi membri. Su incitamento degli Stati Uniti, Gran Bretagna e Scandinavia crearono la rivale Associazione Europea di Libero Scambio (EFTA), con sette paesi membri. Ad ogni modo, la promessa di Eurolandia – prima almeno di Maastricht e di Lisbona – era quella di esaltare il lavoro per il benessere del ceto medio, non di imporre programmi di austerità in stile FMI che avevano devastato i paesi del Terzo Mondo. Il messaggio alle economie indebitate è lapidario: “Crepate”. E queste si stanno ubbidientemente suicidando (emulando il Giappone negli Accordi del Plaza del 1985) per appoggiare il Washington Consensus – la guerra di classe della finanza contro il lavoro e l’industria.
Il potere politico, sociale, fiscale ed economico si sta trasferendo verso la burocrazia dell’UE e verso i suoi controllori finanziari della Banca Centrale Europea (BCE) e del FMI, i cui piani di austerità e i relativi programmi contro il lavoro ordinano ai governi di svendere le proprietà pubbliche, le ricchezze della terra e del sottosuolo e le aziende pubbliche e ad impegnare le future entrate fiscali per ripagare le nazioni creditrici. Questa politica è già stata imposta alla “Nuova Europa” (le economie post-sovietiche e l’Islanda) a partire dall’autunno 2008 e ora sarà imposta ai PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna). Non c’è da meravigliarsi che avvengano delle rivolte!
Per gli osservatori che l’anno scorso non si erano accorti di Islanda e Lettonia, la Grecia è il campo di battaglia più recente, e fino ad ora, quello più grande. Almeno l’Islanda e i paesi baltici hanno avuto l’alternativa di riesprimere i prestiti nella loro valuta locale, svalutando a piacere il debito estero e tassando la proprietà in modo che il governo potesse recuperare gli introiti che erano stati promessi ai banchieri stranieri. Ma la Grecia è intrappolata in un’unione monetaria europea, gestita da dirigenti finanziari non eletti che hanno invertito il significato storico di democrazia. Invece di assoggettare il settore più importante dell’economia – la finanza – alle politiche dell’elettorato, le banche centrali (i lobbisti designati per i banchieri commerciali e i banchieri d’investimento) sono state rese indipendenti dai controlli e dagli equilibri politici.
In un modo davvero orwelliano, i rappresentanti delle destre in Europa e negli Stati Uniti (come il presidente della Fed Ben Bernanke) chiamano tutto questo il “marchio della democrazia”. Si tratta in realtà del marchio dell’oligarchia, che strappa il controllo della distribuzione del credito dell’economia – e quindi, una pianificazione a lungo termine – mentre dà all’alta finanza un controllo ancora maggiore sui programmi di spesa pubblica.
L’Islanda, la Lettonia e ora la Grecia sono soltanto l’aperitivo della campagna globale per ripristinare il grande programma democratico di riforme del diciannovesimo secolo e dell’epoca progressista: la tassazione della terra e delle plusvalenze sui prezzi dell’immobiliare, delle obbligazioni e delle azioni, e la subordinazione del settore finanziario alle necessità della crescita economica sotto una direzione democratica. Questa dottrina è stata seguita, dopo il 1945, dall’epoca di tassazione progressiva che ha visto il più forte incremento del tenore di vita e della crescita economica del ventesimo secolo. Ma la maggior parte dei paesi hanno invertenza questa tendenza fiscale a partire dal 1980. Le agenzie delle entrate hanno “liberalizzato” gli introiti provenienti dagli impegni di spesa pubblici solamente per vederli promessi alle banche per avere maggiori prestiti per far aumentare i prezzi delle proprietà.
Case, palazzi di uffici e intere aziende valgono quello che le banche sono disposte a prestare. Di conseguenza, le popolazioni (e i finanzieri d’assalto) hanno risposto allo spostamento del peso fiscale a favore della finanza prendendo a prestito denaro per acquistare case (e aziende) prima che i prezzi tornino di nuovo fuori portata. Le tasse sul lavoro sono ora pronte per essere gonfiate per ripagare i debiti pubblici risultanti dall’inflazione sul prezzo dei beni e dal disastro finanziario che i tagli alle imposte sulla proprietà hanno contribuito a causare. Questa è la causa dei debiti nazionali. I governi si sono indebitati come risultato di una detassazione della ricchezza in generale, non solamente del patrimonio immobiliare.
Imitando nel corso degli ultimi decenni i governi occidentali nello spostamento del peso fiscale dalla proprietà e dalla finanza verso il lavoro, il governo della Grecia non è politicamente in grado (o non è disposto) a tassare i ricchi, o magari i professionisti benestanti. Ma i neoliberisti danno la colpa al governo, e agli altri governi debitori, per non aver svenduto abbastanza terreni pubblici e aziende pubbliche per sanare il disavanzo. Gli oneri di interesse fiscalmente deducibili rendono esentasse le privatizzazioni sui crediti, quindi i governi perderanno le contribuzioni degli utenti che in precedenza ricevevano – mentre la gente pagherà “pedaggi” più alti per servizi fino ad ora pubblici.
v Esattamente come ha fatto il governo degli Stati Uniti, il governo greco ha emesso obbligazioni per finanziare il disavanzo che è derivato da questi tagli fiscali. Gli acquirenti di queste obbligazioni (principalmente banche tedesche) stanno chiedendo che i lavoratori greci (e adesso anche i contribuenti tedeschi) debbano sostenere il peso del disavanzo fiscale. Le banche tedesche e quelle di altri paesi europei e gli obbligazionisti saranno ripagati al costo sociale di drastici tagli nelle pensioni e nella spesa sociale – semmai, tramite ulteriori svendite di privatizzazioni a prezzi d’occasione.
Le rivolte in Grecia sono scoppiate perché i lavoratori si rendono conto di quello che buona parte delle notizie d’agenzia ha paura di affrontare. La crescita dei salari reali è rallentata (e si è completamente arrestata negli Stati Uniti a partire dal 1979). La proprietà della casa è stata raggiunta al costo di un mutuo per una vita. E le economie post-sovietiche hanno ottenuto la loro libertà politica dalla Russia solamente per ritrovarsi oggi insolventi, dipendenti dalle direttive del FMI e dell’UE per ottenere prestiti per pagare i banchieri stranieri che hanno gravato di debiti le abitazioni, le aziende pubbliche, le industrie e le famiglie.
Gli obbligazionisti e gli speculatori finanziari si sono messi assieme per chiedere aiuto all’UE, al FMI e agli Stati Uniti per riuscire ad avere i loro guadagni prima che crolli del tutto il gioco finanziario. Il saccheggio può essere compiuto più rapidamente contraendo le economie con piani di austerità in stile FMI. La disoccupazione aumenta spingendo le economie ancor di più nel debito – non solamente debito pubblico perché i mercati in contrazione portano alla riduzione delle entrate fiscali ma anche debito estero perché aumenta la dipendenza dalle importazioni.
I creditori saranno pagati consentendo loro di appropriarsi del surplus economico, sotto forma di servizi di debito a spese di nuovi investimenti di capitali, spese infrastrutturali, spese sociali e aumento del tenore di vita. Economicamente, la ribellione greca è una sommossa contro la politica di sacrificare il benessere per pagare, in questo modo, i creditori stranieri.
A livello politico, la battaglia è quella di impedire che la Grecia venga trasformata in un anti-stato. La classica definizione di “stato” o di governo è la possibilità di riscuotere tasse e battere moneta. Ma la Grecia ha ceduto la propria autorità fiscale all’UE e al FMI, che le stanno dicendo di violare quello che i teorici politici elencano come Prima Direttiva di qualsiasi governo: agire nel lungo periodo in nome dell’interesse nazionale. Al governo greco viene ordinato di agire nell’interesse dei capitali bancari e, sicuramente, nell’interesse di quei paesi stranieri per dedicarsi alla spoliazione dei beni, e non per favorire una crescita nel lungo periodo.
Il punto in discussione è se le nazioni siano gestite dai creditori o dalle aspirazioni della popolazione per raccogliere i vantaggi della crescita economica. Una spinta oligarchica per avere prestiti da FMI-EU per salvare le banche straniere e gli speculatori obbligazionisti a spese dei lavoratori greci (i futuri contribuenti) punta ad accollare le perdite derivanti da una detassazione della ricchezza da parte del governo sul lavoro invece che sul capitale della finanza. L’obiettivo è quello di consentire alle banche straniere di evitare di dover pagare il prezzo del prosciugamento del mercato interno. La politica del governo è quella di sottrarsi dal voto degli elettori ed essere subordinato al FMI e all’UE per agire come strumento della finanza internazionale.
Questo crea uno stato di cose nel quale né la Grecia né la Comunità Europea sono “stati” o “governi” nel senso politico tradizionale. Le burocrazie dell’UE e del FMI non sono elette e nel momento in cui il piano finanziario ordinato dall’estero avrà successo, il capitale dell’economia sarà sradicato e la democrazia sociale crollerà.
Domenica 9 maggio gli elettori tedeschi hanno espresso la loro rabbia verso il ruolo assunto dal governo nel salvataggio dei banchieri tedeschi (ribattezzato eufemisticamente come salvataggio “alla Grecia”) a spese dei contribuenti tedeschi stessi. La banca centrale europea (BCE) non sta stampando euro a titolo gratuito ma sta mandando la fattura ai governi nazionali. I socialdemocratici sono subentrati ai cristiano-democratici della Cancelliera Angela Merkel nella regione della Renania Settentrionale-Vestfalia. Ottenendo poco più di un terzo dei voti – leggermente meno dei socialdemocratici (ma con un calo di dieci punti percentuali rispetto alle ultime elezioni, di cui quattro punti persi solamente nell’ultima settimana quando il pacchetto di salvataggio veniva promosso dalla Merkel) – la CDU ha perso la maggioranza alla Camera Alta tedesca.
Molti elettori tedeschi potrebbero essersi chiesti se tassare il povero per pagare il ricco dedicandosi all’usura fosse veramente un comportamento così “cristiano” come il partito dice di incarnare. O forse erano preoccupati del fatto che l’agenzia tedesca delle entrate dovesse pagare quasi 30 miliardi di dollari come propria quota nel salvataggio dei banchieri – che non sono tutti amati in Germania, anche quando sono tedeschi. E alcuni indubbiamente vedono il gioco come un inganno finanziario da parte dei politici sottomessi al settore bancario.
L’inganno
I lobbisti finanziari europei hanno utilizzato la crisi come un’opportunità per favorire una vasta serie di salvataggi. Per le banche svedesi e austriache l’UE ha approvato un ampliamento dell’agevolazione della bilancia dei pagamenti da 60 miliardi di euro già approntato per aiutare Ungheria, Romania e Lettonia a mantenersi aggiornate sui loro debiti rispettivamente verso le banche austriache e svedesi. Per aggirare il principio del divieto di salvataggio dell’Eurozona, questa legge speciale si basa sull’Articolo 122.2 del Trattato Europeo che permette prestiti ai governi solo in “circostanze eccezionali”. [2]
Se diamo credito alla Merkel di intendersi di economia nel suo lavoro, allora dobbiamo accusarla di aver mentito spudoratamente. Il problema del debito dei paesi baltici è cronico e strutturale, ma non “eccezionale”. La Merkel deve anche sapere che è stata disonesta nel far finta di aiutare la Lettonia estendendo prestiti che l’UE limita esplicitamente per favorire il tasso di cambio del lat e non per lo sviluppo interno. Il tasso di cambio serve per coprire il costo che i lettoni devono sostenere pagando mutui in euro alle banche svedesi, e il costo che devono sostenere i consumatori lettoni che comprano generi alimentari e prodotti industiali che i governi dell’UE sovvenzionano mentre lasciano i paesi baltici in uno stato di dipendenza economica e finanziaria.
La Lettonia è stata sacrificata, non aiutata. L’obiettivo è quello di concedere alle banche svedesi un altro po’ di tempo per continuare a riscuotere i pagamenti sui prestiti che, con l’andare del tempo, avranno risultati negativi. Il tasso di cambio impiegato per agevolare il servizio di debito privato verso le banche straniere diventa un debito nazionale, che viene pagato dai contribuenti lettoni. Questo prestito UE, quindi, è un esercizio di puro e semplice neo-colonialismo.
Il tardivo spostamento dell’elettorato tedesco verso la coalizione socialdemocratica rosso-verde con i Verdi e Die Linke servirà ad arginare le cose? Probabilmente no. Il presidente greco Papandreu si è arreso senza protestare nonostante sia a capo dell’Internazionale Socialista. Quindi, la domanda è se la Grecia sia davvero spacciata, destinata a vedere la propria spesa pubblica, le pensioni, l’assistenza sanitaria, l’istruzione e il tenore dei vita ridotti come nell’esperienza dei paesi baltici. I paesi baltici sono stati appunto un esperimento di programmazione centrale neoliberista. E se sono un esempio di quello che ci porterà il futuro, il mondo vedrà presto un’ondata di emigrazione dalla Grecia, come è avvenuto nei paesi baltici.
E’ evidentemente ciò che i mercati azionari di tutto il mondo avevano anticipato quando erano aumentati vertiginosamente lunedì mattina alla notizia del salvataggio europeo da mille miliardi di dollari. Quello che, in realtà, veniva salvato era il principio secondo il quale le economie dovrebbero essere depredate in modo che il capitale della finanza possa dominare. Sicuramente la battaglia non si è ancora conclusa. Si intensificherà nel corso di questo decennio perché non è nient’altro che un tentativo di ritornare alla lotta del diciannovesimo e del ventesimo secolo per sostituire il potere delle proprietà acquisite e degli interessi finanziari con i principi della tassazione progressiva e dell’impresa pubblica.
E’ questo dove si pensa che ci porterà la civiltà occidentale? Di fronte a parlamenti controllati dalle aristocrazie, i riformatori del diciannovesimo secolo hanno tentato di impossessarsene nell’interesse della democrazia. L’economia politica classica era un programma di riforme per tassare il “pasto gratis” delle rendite terriere, dei monopoli terrieri e degli interessi finanziari che se ne ricavavano. John Maynard Keynes esaltò questo programma con la garbata espressione di “eutanasia del redditiere”.
Ma gli interessi acquisiti hanno contrattaccato, definendo la democrazia sociale e la regolamentazione pubblica la “strada verso la schiavitù”. Stanno tentando di mettere le economie europee sulla strada della schiavitù dal debito. Eludendo i governi nazionali eletti per imporre il Washington Consensus, gli istituti del FMI e dell’UE hanno ottenuto il controllo economico e fiscale sui governi e sulle loro politiche tributarie per tagliare le imposte sul patrimonio – e per prendere a prestito del denaro per finanziare i disavanzi fiscali che ne derivano. I membri del movimento Tea Party americano e i rivoltosi antitasse hanno rinunciato alla lotta per riformare i governi. Schiacciati dal debito dal quale non vedono alcuna via d’uscita, essi chiedono tasse più basse – e sono disposti a vedere le fasce più elevate di reddito diventare le principali beneficiarie di uno spostamento del peso fiscale ancor più regressivo. Di fronte alla corruzione del Congresso da parte di lobbisti che operano in nome di interessi acquisiti, essi ripudiano il governo in sé e cercano sicurezza in zone residenziali private e vedono il Congresso e i parlamenti di tutto il mondo perdere autonomia nei confronti dell’IMF, dell’UE e di altre organizzazioni del Washington Consensus che stanno tentando di imporre l’austerità e di spostare il peso fiscale sul lavoro e sull’industria, sgravando la proprietà e la finanza rapace.
L’unico modo per impedire uno spostamento regressivo del peso fiscale e e di essere schiacciati dal debito è quello di prendere il controllo dei governi in nome dello spirito delle riforme dell’economia classica e dell’epoca progressista. Perlomeno, questo è ciò per cui stanno insorgendo i lavoratori greci. Qualcuno deve controllare il governo, e se le forze democratiche si ritirano dalla lotta, il settore finanziario aumenterà ancor di più la propria morsa.
La scorsa settimana è stata solamente l’inizio dello sviluppo di questo dramma. La risposta delle economie post-sovietiche, che hanno mantenuto le loro valute nazionali, arriverà in estate e in autunno.

Fonte: www.globalresearch.ca/
Link: www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=19107

Traduzione a cura di JJULES per www.comedonchisciotte.org
Note
[1] “Austerity drives are old news for Baltic States,” Baltic Course, 10 maggio, 2010. http://www.baltic-course.com/eng/analytics/?doc=26683
[2] Ben Hall, “Governments to control loan guarantee scheme,” Financial Times, 10 maggio, 2010, http://www.ft.com/cms/s/0/dd695f76-5c19-11df-95f9-00144feab49a.html .