di

Massimo Mazzucco

 

 

 

 

 

 

 

Entro questa sera, molto probabilmente, uno dei "top generals" del Pentagono, Stanley McCrystal, sarà stato licenziato direttamente dal presidente degli Stati Uniti. Non succede proprio tutti i giorni.
McCrystal, come è noto, è l’attuale comandante della missione militare americana in Afghanistan, e già in passato si era mostrato in disaccordo con le scelte dell’amministrazione sulla guerra in corso. Ma negli ultimi giorni McCrystal ha decisamente passato il segno, rilasciando a Rolling Stone una intervista in cui lui e i suoi subalterni lanciano frecciate poco eleganti contro Obama e la sua squadra della Casa Bianca, prendendo in giro apertamente lo stesso vice-presidente Biden.
Di Obama McCrystal ha detto: “Quando ci siamo conosciuti alla Casa Bianca, era chiaro che non sapesse niente di me. Questo sarebbe l’uomo che deve mandare avanti questa cazzo di guerra – ho pensato – e non sembra che sia minimamente interessato”. McCrystal ha aggiunto che durante quell’incontro il presidente gli sembrò spaesato e intimidito, di fronte ai pezzi grossi del Pentagono, e che in generale “non è riuscito a sintonizzarsi con l’ elite militare”.
Vi sono pochi modi più eleganti, nella cultura anglosassone, per dire che il presidente di guerra non capisce niente.
Addirittura offensive poi le battute di McCrystal contro il vice-presidente, …
… come ad esempio “e chi sarebbe questo Biden?”, alla quale un suo subalterno avrebbe risposto: “hai detto morsicato?” [Biden suona come “to bite”, che significa morsicare].
Ieri sera Obama ha avuto in anteprima una copia dell’intervista di Rolling Stone, che dovrebbe uscire venerdì, ed ha immediatamente convocato McCrystal alla Casa Bianca, per chiedergli spiegazioni. Prima di lasciare l’Afghanistan McCrystal si è scusato pubblicamente, dicendo che le sue parole sono state frutto di una “errata valutazione”, ma ormai è evidente che sarà costretto a rassegnare le dimissioni, se non vorrà subire l’umiliazione di essere licenziato in tronco dal “Commander in Chief”.
In tutto questo non è chiara la posizione del Ministro della Difesa Gates, che finora è sembrato in grado di mediare fra i falchi con la divisa, che vorrebbero semplicemente radere al suolo l’Aghanistan, e le colombe in abito da civile, più attente ai risvolti politici e diplomatici della complessa situazione in Asia Centrale.
Ma il problema non si sbloccherà comunque, nè con uno scontro al vertice fra Casa Bianca e Pentagono, ne con una improbabile rappacificazione di facciata fra Obama e McCrystal: l’America rimane un paese imperialista, schiavo dei propri bisogni materiali, e Obama rimane comunque schiavo di un meccanismo talmente perverso che lo ha costretto addirittura a mandare trentamila soldati al fronte nel momento stesso in cui ritirava il Nobel per la Pace.
E questa situazione di stallo, ereditata da circa un secolo di cultura dell’abbondanza – ottenuta naturalmente a discapito altrui – potrà cessare solo quando sarà cresciuta una intera generazione di americani che la pensi in modo completamente di diverso da quella attuale.
Se mai faranno in tempo a crescere, a questo punto.

 

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