DI

VALERIO LO MONACO
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Molti analisti e commentatori, ma la cosa è facilmente intuibile, danno ormai per scontato che la Spagna chiederà ufficialmente gli aiuti al Fondo Salva Stati nel corso del prossimo fine settimana, a mercati chiusi, come è logico fare. È il motivo per il quale durante questa settimana, salvo l’uscita di altre notizie, le Borse dovrebbero veleggiare sui valori attuali in attesa della prossima, in cui invece, ad aiuti richiesti, le cose cambieranno sensibilmente.
Il motivo è molto semplice, e nasconde un aspetto ulteriore che a nostro avviso non è stato ancora messo a fuoco con la dovuta attenzione dai più.
Sui dati di Madrid è inutile insistere, così come sul fatto che è in pratica da inizio settembre, momento in cui Rajoy aveva dichiarato che non avrebbe fatto ricorso agli aiuti, che tale possibilità, si sapeva, sarebbe diventata presto una certezza.
La manovra enorme varata giorni addietro tra la rabbia della piazza è peraltro poca roba in confronto a quanto ai cittadini verrà richiesto dalla troika una volta che gli aiuti saranno stati richiesti. Accedere al Fondo, per Madrid, significherà accettare i diktat a livello economico, cosa sino a ora almeno in parte scongiurata, e il governo dichiarerà al popolo, in tutte le circostanze in cui verranno rese note le misure successive, che ciò dipende dalle "richieste dell’Europa". In modo insindacabile, a meno di una uscita della Spagna dall’Euro, i cittadini dovranno dunque piegarsi. Ma la Spagna potrà, per prima, andare anche a vedere – e fungerà da rivelatore per tutti – quale sarà l’effettivo ammontare e la vera efficacia dell’intervento della BCE sui titoli a breve e medio termine, mediante quello che è stato definito "acquisto illimitato", che Francoforte andrà a operare in seconda battuta, dopo la richiesta di aiuti al Fondo. Si vedrà insomma che portata reale avrà quella che sino a ora è stata solo una dichiarazione, da parte di Draghi.
Il percorso di Madrid è comunque chiaro, e simile, tranne che per alcuni particolari (ad esempio quest’ultimo della BCE) a quello degli altri Paesi Piigs che sino a ora hanno richiesto aiuti e si sono visti imporre le manovre di Fmi-Ue-Bce: l’operazione non ha funzionato in nessun caso e non si vede il motivo per il quale dovrebbe funzionare per la Spagna. Certo, non dimentichiamolo, a qualcuno l’operazione è servita e sta fruttando: gli speculatori brindano a ogni richiesta di aiuti, come sappiamo. Il popolo invece finisce in ginocchio.
Ciò non toglie che malgrado la parabola certa di un iter del genere si continui, Paese dopo Paese, a riproporre la medesima procedura.
Basta mettersi nei panni di chi opera in Borsa per capire quale sarà il suo andamento nei prossimi giorni: siccome tutti sanno che quando un Paese entra nella spirale del debito all’infinito la sua storia è ormai segnata – e gli spread salgono – per chi vuole speculare a più non posso basta aspettare il momento in cui tale operazione avrà inizio. Per intenderci, Lunedì prossimo.
Ma l’altro aspetto da mettere in luce è il fatto che a quel punto, a Spagna spacciata come è stato in precedenza per Irlanda, Portogallo e Grecia, del club dei piigs rimarremo fuori solo noi. Per poco. L’Italia è l’unico Paese, di quelli "attenzionati" dalla speculazione, a essere rimasto fuori dalla bufera più profonda nelle ultime settimane. I cannoni dei banksters si sono rivolti, durante tutto agosto e soprattutto settembre, proprio su Madrid, ma non appena la Spagna sarà saltata saremo noi a essere messi sul serio nel mirino.
Come, esattamente, non è dato sapere. Sarebbe ipocrita e scorretto – come invece purtroppo fanno alcuni – dire già oggi esattamente cosa accadrà. Ma una cosa è certa: al centro dell’operazione fraudolenta ci saremo noi.
Ora, la situazione, già a questo punto ma ancora di più da Lunedì prossimo e poi quando toccherà a noi subire le attenzioni dei mercati, è ovviamente profondamente cambiata rispetto a quando nell’occhio del ciclone si sono trovati Portogallo e Grecia. Ed è, per la precisione, peggiorata proprio a livello europeo. Ciò significa che se da una parte è fin troppo facile ipotizzare che per l’Italia tenteranno di riprodurre le condizioni che hanno portato gli altri Piigs a capitolare sotto la scure della troika, dall’altro lato ci sono delle incognite ulteriori (e superiori) che entrano a far parte della partita. Tra queste quella più determinante è la Germania. Cioè l’Euro.
La Grecia ha già fatto default. E se l’Irlanda a livello economico conta poco, Spagna e Portogallo invece sono sulla strada ormai segnata. Ma a quel punto, quando cioè saremo anche noi sotto attacco veramente serio – in rapporto, quello dei tempi di Berlusconi e quello dei primi mesi del governo Monti saranno stati solo un grosso mal di testa che ci ha tolto il welfare, il lavoro e il futuro – in pratica la palla passerà nelle sole mani della Merkel (la Francia conta veramente poco, al momento, ed è peraltro sorniona in attesa di vedere come si metteranno le cose, ma i conti non sono affatto a posto neanche da quelle parti).
Insomma il vero attacco all’Euro e all’Europa nel suo complesso, a livello finanziario, inizierà proprio con noi al centro del radar. Delle due l’una: o faremo la fine degli altri piigs, come è nell’ordine delle cose (e dei libri contabili) oppure veramente saremo al redde rationem a livello europeo (e dell’euro). Momento nel quale si potrebbero verificare delle situazioni che sino a ora sono state solo ventilate (uscita della Germania? Due Euro per l’Europa, uno forte e uno debole?). Del resto, anche il Wall Street Journal, che si può tacciare di tutto ma non di incompetenza, scrive che Italia e Germania hanno due visioni opposte su come risolvere la situazione. Ovviamente. Vedremo. Di certo, per l’Italia è ormai questione di giorni.

Valerio Lo Monaco
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