IL RISPETTO DELLA NATURA IMPRESCINDIBILE PER LA SOPRAVVIVENZA DEL ...

 

Il professor Michele Carducci delinea uno scenario inquietante e spiega la portata della questione 5g: “Ci stiamo giocando le nostre libertà fondamentali di cittadini, il futuro stesso della democrazia”.

Intervista al professor Michele Carducci, docente, professore ordinario di diritto costituzionale comparato e diritto climatico presso l’Università del Salento, che cura da anni e tiene all’avanguardia delle battaglie ambientaliste.

Vittorio Colao, 58 anni, di Brescia, dirigente d’azienda, amministratore delegato di Vodafone dal 2008 al 2018, dall’ aprile 2020 è stato designato dal governo italiano per guidare la task force della cosiddetta ‘Fase 2’ per la ricostruzione economica del Paese dopo la pandemia.

Oggi Maurizio Martucci sul blog Oasi Serena scopre che Vittorio Colao è pure Consigliere d’Amministrazione di Verizon, con compiti di Corporate Governance and Policy, Finance.

Verizon è il principale attore mondiale del wireless di quinta generazione.

Nessuno ne sapeva niente, nessuno ne aveva mai fatto menzione. Sul sito della multinazionale americana però c’è tutto, e la nomina in corso d’opera è datata dall’anno scorso.

– Professor Carducci, mi sembra che sia una notizia bomba, quella che lei ha appena divulgato. Ci spiega perché?

Sì, Colao è in conflitto di interessi proprio sul “5G”. Il conflitto di interessi, anche in un paese come l’Italia che non lo ha mai seriamente disciplinato, resta comunque un vulnus della democrazia, perché rende comunque meno credibili proposte e informazioni offerte ai cittadini. Chi è in conflitto di interessi viola il principio generale della correttezza.

– Adesso capiamo meglio l’accelerazione, chiamiamola così, del nostro governo e dei suo “esperti” proprio sul 5G. Lei studia la legislazione internazionale, a che punto è il dibattito  in materia?

L’errore più frequente che si commette sul tema del “5G” è quello di invocare genericamente il principio di precauzione e invocare altrettanto genericamente la scienza. Come ha spiegato uno dei più autorevoli costituzionalisti statunitensi – cito Cass R. Sunstein, “Il governo della paura. Oltre il principio di precauzione” – il principio di precauzione è un vuoto semantico.

Numerose norme lo prevedono o lo enunciano; ma solo alcune lo declinano in una specifica deontologia, per esempio l’art. 3 n. 3 dell’UNFCCC; la maggior parte lo richiama in modo volutamente generico e fungibile, per esempio, e non a caso, l’art. 191 del TFUE e il TU italiano sull’ambiente.

In tema di tecnologie, poi, esso scade addirittura a misura di “cautela”. Ecco allora che non si capisce bene come funzioni e a che cosa serva il principio di precauzione. Inoltre, si trascura sempre la circostanza che “principio di precauzione” non è sinonimo né di tutela dei diritti dei cittadini e delle loro libertà né, soprattutto, è sinonimo di democrazia, quindi di consenso dei cittadini sulle scelte che incidono sulla loro salute. Non a caso, il principio di precauzione è ben gradito e trova applicazione nei sistemi autoritari e illiberali, che purtroppo sono la maggioranza nel mondo, a partire dalla “tecnologica” e “scientifica” Cina.

– E dunque?

Dunque, associare il tema del “5G” al solo principio di precauzione e alla sola scienza non è sufficiente. Non coglie la vera posta in gioco di questa nuova tecnologia: che è il consenso democratico a un trattamento sanitario, ossia che incide comunque sulla salute umana, di massa. Si provi a tracciare questa banale analogia e riflettere sul paradosso che ne emerge: qualsiasi cittadino può rifiutarsi di sottoporsi a una radiografia, nonostante tutte le cautele offerte dalla tecnica e dalla scienza, e nessuno gli può impedire di rifiutarsi. Quel cittadino non può nulla sul “5G”, magari in nome della … precauzione e della scienza.

– Lei sta delineando uno scenario ancora più grave di quello che qualcuno temeva…

–  Confermo: invocare la tecnologia, la precauzione e la scienza, senza declinarle con la democrazia, significa abdicare alla propria libertà di consenso sui trattamenti di massa. Significa tramutarsi in cittadino-cavia. La vera e profonda differenza che intercorre tra uno Stato democratico e la Cina non è nella precauzione, nella tecnologia e nella scienza: è nel consenso libero, informato e sovrano a qualsiasi trattamento di massa. Se non cogliamo questo distinguo, non capiamo nulla di democrazia.

– Mi faccia capire meglio…

La posta in gioco del “5G” è la democrazia e la sovranità popolare, non semplicemente la precauzione. Discutere di “5G”, pertanto, significa discutere da che parte stare nella opzione tra “iper-connessioni” di massa, magari in precauzione e scienza, da un lato, e sovranità e libertà di autodeterminazione sui trattamenti che incidono sulla salute, dall’altro. Non vivendo in Cina, dove precauzione e tecnologie sono garantite, ma non certo la libertà e la democrazia, tutti noi possiamo scegliere. E dovremmo saper scegliere per la libertà e la democrazia, se non vogliamo autocertificarci sudditi, ancorché “iper-connessi”.

– Insomma, sul 5G la posta in gioco non è solamente l’avvento di una nuova tecnologia, a detta di tanti e autorevoli pareri pericolosa per la salute, ma addirittura la sostanza stessa della democrazia, ho capito bene?

E’ la democrazia che fa la differenza su precauzione e innovazione tecnologica, non l’inverso. La democrazia non ostacola la tecnologia, la legittima imponendo il rispetto della volontà dei cittadini, la trasparenza delle informazioni, la deliberazione motivata, il consenso informato, il confronto con le diverse posizioni: tutte condizioni importantissime non meno delle “iper-connessioni”; tutte condizioni che, su una vicenda così importante come il “5G”, non sono prese in considerazione. Addirittura nel “piano Colao” esse sono considerate un ostacolo da superare.

– Il megadirettore galattico voluto dal nostro governo…

– Il che è grave e inaccettabile, oltre che incostituzionale. Colao dovrebbe leggersi la Costituzione, prima di “proporre” scorciatoie alla cinese. Se trascuriamo questi dettagli, commettiamo un errore molto grave, in un mondo notoriamente in declino democratico.

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