1. Caccia agli untori di Heathrow: Quel passeggero trema, fermatelo”, La Repubblica.it. Oggi “Repubblica” (ma anche “il Corriere della Sera” e eccetera) puntano non tutto, ma molto sulle ultime notizie dalla serie febbre suina e dintorni. La palma dell’allarmismo (a buon mercato) – però – va decisamente a “Repubblica”. Che lancia addirittura un sondaggio in rete per sapere dai lettori se secondo loro – vista l’emergenza influenza – è giusto o meno ritardare l’apertura delle scuole. Unico neo: i giornali italioti non hanno ancora trovato uno straccio di medico italiano disposto a sottoscrivere l’allarme. Mauro Moroni, direttore del Dipartimento malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano ha spiegato proprio a “Repubblica” (ma nell’edizione cartacea di oggi) che sì “c’era stata una iniziale preoccupazione per la elevata mortalità del primo focolaio, nell’epidemia messicana”; ma “oggi, dopo centinaia di migliaia di casi, si può dire che questo non è più cattivo di alcuni virus stagionali influenzali che ci hanno colpito negli ultimi 30 anni”. E ancora. Moroni ne ha anche per medicine (il mitico Tamiflu) e vaccini: è “un’influenza severa che” dura 3-4 giorni e “poi guarisce, anche senza farmaci”; e il vaccino “è in preparazione”, ma “va riservato” a medici, paramedici e persone a rischio, cioè “anziani, cardiopatici, diabetici”. Non bastasse: anche Fabrizio Pregliasco – esperto di virus influenzali dell’università di Milano – liquida tutto così sulle colonne del “Corriere”: “La nuova influenza non lascia intendere caratteristiche peggiori di quella cui siamo abituati”. E quindi: ma i giornali(sti) – visto che lo sanno – perchè ci stanno riempiendo pagine e pagine?
  2. “Obama Aide Declines Visit to Bank Board”, New York Times. A proposito di cattive influenze (e personaggi influenti). Oggi a Washington si riunirà il consiglio di amministrazione di uno dei colossi del credito a stelle e strisce, la banca JPMorgan. Dirà qualcuno di voi: embé? Embè alla riunione doveva partecipare – eccezionalmente – anche il capo di gabinetto di Obama, Rahm Emanuel. Che però all’ultimo ha preferito declinare l’invito. Tutta colpa del New York Times. Che ieri , in un lungo articolo, aveva svelato la partecipazione “straordinaria” di Emanuel al meeting. E spiegato – per filo e per segno – il rapporto di stima e amicizia tra il capo di gabinetto di Obama e – per coincidenza – il numero uno di JPMorgan, Jamie Dimon. I due, secondo il New York Times, si erano conosciuti e piaciuti negli anni Novanta. Quando Emanuel stava sempre alla Casa Bianca, ma come consigliere di Clinton. E quando Dimon, nel 1998, gli aveva anche offerto un lavoro nella banca in cui era in forza all’ora, cioè Citigroup. Nulla di male s’intende. Se non fosse che JPMorgan – causa crisi dei mutui subprime e come tutti i principali istituti di credito Usa – aveva ricevuto (e poi restituito) 25 miliardi di dollari di aiuti di Stato; e ancora gode di tutti gli altri interventi messi in campo per aiutare il settore del credito. E se non fosse che poi ci sono economisti – come Simon Johnson – che scrivono che il governo americano è ostaggio dei banchieri e di Wall Street. Una evidente esagerazione: non sono ostaggi, al più – come insegna il caso della riunione dei vertici di JPMorgan, graditi ospiti.
  3. “Recession forces a million to work part-time”, Telegraph. Non solo disoccupazione. Scrivevamo – qualche post fa – che negli Usa il problema non è solo quello di avere un impiego, ma di averlo a tempo e stipendio pieno. Un copione che, a quanto pare, si sta ripetendo anche in Gran Bretagna. Nel Paese europeo più preoccupato per la febbre suina, infatti, i lavoratori costretti a fare part-time – cioè a lavorare meno di 30 ore – sono stati, tra marzo e maggio di quest’anno, poco meno di un milione (per la precisione: 927mila). Ovvero: il 38% in più di un anno fa.

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