di

Felice Capretta

La crisi è finita, parola di Semper Fidelis Mario Draghi, che, appollaiato su uno scranno al meeting di Comunione e Liberazione, si lascia andare alle più classiche pompose dichiarazioni.
Alcuni stralci del discorso di seguito. Conoscete la nostra predilezione per le fonti vere ed integrali – questa volta potete godervi il trascritto del Verbo completo qui .
La parola a Semper Fidelis Mario Draghi.

Stiamo uscendo dalla crisi…

La crisi economica e finanziaria che ha colpito l’economia mondiale negli scorsi due anni sta gradualmente rientrando. Gli interventi di politica economica attuati nei maggiori paesi del mondo sono stati straordinari per tempestività, ampiezza e intensità. La caduta dell’attività si è ovunque attutita o arrestata. Eurocoin, l’indicatore elaborato dalla Banca d’Italia che riassume la crescita di fondo nell’area dell’euro, mostra ormai da cinque mesi una progressiva attenuazione della recessione. Il prodotto in Germania e in Francia ha segnato nel secondo trimestre una variazione congiunturale di segno positivo.

I rischi di implosione del sistema finanziario mondiale sono stati scongiurati.

Ah, quindi il rischio c’era. Non era proprio "tutto normale" in quei giorni in cui siamo stati ad un passo dall’apocalisse finanziaria, come molti pomposi dichiaratori cercavano di farci credere.

Cosa scopriremo tra sei mesi o un anno?

Se la sensazione prevalente a livello internazionale è che il peggio sia passato, sulla tenuta dei segnali congiunturali pesano tuttavia ancora forti incertezze. Le causa il timore che in alcune economie le ripercussioni sul mercato del lavoro siano maggiori e più persistenti dell’atteso; che la domanda per consumi e investimenti possa nuovamente indebolirsi non appena si inizi a ritirare il sostegno dei bilanci pubblici.

Ovvero: il gatto è morto e le reazioni del corpo alle scosse elettriche del defibrillatore non sono segni di vita.

Anche sulla nostra economia l’impatto più duro della crisi si sta attenuando. Il momento peggiore lo abbiamo vissuto fra lo scorcio del 2008 e il trimestre iniziale di quest’anno; tutte le componenti della domanda e dell’offerta diminuivano, in una misura mai osservata dopo l’ultima guerra; i consumi delle famiglie si contraevano per due trimestri consecutivi, fatto mai accaduto prima nella storia repubblicana. In primavera il prodotto ha rallentato molto la sua discesa. In estate, la produzione industriale dovrebbe aver cessato di cadere; il clima di fiducia delle imprese e dei consumatori ha dato segni di risveglio, la domanda di autoveicoli si è ravvivata.

Secondo stime largamente condivise, nella media del 2009 la caduta del PIL rispetto all’anno precedente risulterà in Italia intorno al 5 per cento; nel prossimo anno, il graduale recupero della domanda mondiale previsto dalle maggiori organizzazioni internazionali potrebbe consentire all’economia italiana di tornare a crescere, sia pure di poco.

Champagne per tutti.

A frenare la recessione in Italia hanno contribuito, oltre che l’intonazione fortemente espansiva della politica monetaria

e adesso chi la ritira quella liquidità senza finire in trappola?

e le altre misure attuate dalla BCE, gli interventi del Governo in favore delle imprese e dei lavoratori. Sono state sbloccate e meglio allocate risorse per circa 25 miliardi nel 2009-2011.

Quanto rapidamente la crisi possa essere superata continua a dipendere, da noi come nel resto del mondo, dal ripristino della piena funzionalità del mercato creditizio. Le nostre banche disponevano di solidi argini contro le conseguenze più distruttive della crisi: nella loro buona situazione patrimoniale, nella centralità del rapporto con i depositanti.

Buona come quella di Lehman Brothers, Citigroup, AIG?

…ma il lascito è pesante

Dalla crisi conseguiranno lezioni importanti sia per l’economia mondiale sia per quella italiana. In molte sedi sono in corso accese discussioni sul futuro del sistema finanziario e sulle conseguenze della crisi per il ruolo delle autorità pubbliche e le capacità di autocorrezione dei mercati. Molte iniziative sono state avviate in ambito internazionale con l’obiettivo di rivedere radicalmente le regole di funzionamento dei mercati finanziari e le modalità di supervisione degli operatori.

Occhio.

Qualunque sia l’esito del dibattito, non sarà possibile tornare, una volta passata la tempesta, alla “normalità” di prima perché la crisi ha svelato traumaticamente i limiti del modello di governo delle economie che ha accompagnato la crescita mondiale negli ultimi anni.

Nello scenario mondiale che prevarrà, le sorti dell’economia italiana dipenderanno più che mai dalla soluzione dei suoi vecchi problemi: i nodi strutturali che serrano dalla metà degli anni novanta la crescita del prodotto e della produttività, ampliando i divari nei confronti degli altri paesi industriali. La crisi non ne ha reso più facile la soluzione, anzi.
La drastica contrazione degli investimenti ha ridotto la capacità produttiva potenziale. Non poche imprese (soprattutto quelle più esposte verso gli intermediari finanziari) che avevano avviato prima della crisi una promettente ristrutturazione, colte a metà del guado dal crollo della domanda, potrebbero veder frustrato il loro sforzo di adeguamento organizzativo, tecnologico, di mercato; rischiano la stessa sopravvivenza. Si aggraverebbe così la perdita di capacità, potenziale e attuale, del sistema. Un deterioramento prolungato del mercato del lavoro potrebbe compromettere la ripresa dei consumi e depauperare il capitale umano. L’espansione del debito pubblico – indispensabile per fronteggiare la crisi nel breve periodo – richiederà in futuro significative politiche correttive.

Dolorose politiche correttive, prego.
Goldman Sachs parla, Draghi muove la bocca.
Intanto, come molti affezionati lettori ci hanno segnalato, Obama ha confermato Bernanke a capo della Fed.
Dracula confermato presidente dell’Avis.
Abbiamo il vago sospetto che Obama di economia non ci capisce proprio un beato…

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